Banche, obbligazioni subordinate: chi è senza peccato scagli la prima pietra

Redazione 16/12/15
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dell’Avv. Maria Teresa De Luca

La vicenda che ha interessato in questi giorni Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e CariFerrara, salvate dal governo con un decreto ad hoc,  ha posto sotto i riflettori della cronaca le obbligazioni subordinate e le loro caratteristiche a causa delle ingenti  perdite di capitali subite dai loro possessori.

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Ma cosa è  una obbligazione subordinata?

Si tratta di una speciale categoria di obbligazioni il cui rimborso, nel caso di problemi finanziari per l’emittente, è subordinato a quello prioritario di altri debiti.

Già nel marzo di questo anno l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA – European Securities and Markets Authority), organismo dell’Unione europea che, dal 1° gennaio 2011, ha il compito di sorvegliare il mercato finanziario europeo, ha inviato la raccomandazione 24 Marzo 2015/ESMA/2015/610  in cui ha illustrato chiaramente che il rischio rappresentato dalla detenzione di bond subordinati, a causa della loro complessità, è difficile da valutare  e comprendere per l’investitore medio retail.

Gli azionisti e obbligazionisti subordinati delle quattro banche coinvolte nella vicenda  hanno perso il 100% del capitale investito.

Ma se per gli azionisti, che partecipano al rischio di impresa, è agevole comprendere perché il loro investimento sia andato in fumo, non lo è altrettanto per  per gli obbligazionisti subordinati in virtù del fatto che le obbligazioni dovrebbero essere caratterizzate da un asset meno rischioso rispetto a quello delle azioni.

Bisogna sottolineare che i bond subordinati vengono emessi dalle aziende perché molto spesso rappresentano  un’alternativa più economica rispetto al collocamento di azioni, staccano una cedola periodica e non sempre hanno una scadenza predefinita.

Le obbligazioni subordinate (spesso denominate “junior”, per differenziarle da  quelle non subordinate o “senior”), posseggono un profilo di rischio maggiore rispetto a quello delle obbligazioni senior.

L’alto profilo di rischio è legato al fatto che, in caso di fallimento o di dissesto della banca, chi detiene obbligazioni subordinate viene soddisfatto dopo i dipendenti, i correntisti o i sottoscrittori dei bond ordinari e anzi tali soggetti concorrono a ripianare le perdite subite dalla banche.

Anche se negli ultimi tempi la normativa in tema di trasparenza degli investimenti ha fatto notevoli passi in avanti, non è sempre agevole comprendere le caratteristiche tecniche di questo tipo di titoli, in quanto l’investitore dovrebbe conoscere approfonditamente i criteri di funzionamento degli   intermediari creditizi e delle banche centrali.

In molti casi i bond subordinati non hanno una vera e propria scadenza, ma hanno la possibilità di essere richiamati dall’emittente con la c.d opzione “call” e ciò rende difficoltoso stimare l’effettivo rendimento dell’investimento.

Inoltre, il rischio dei bond subordinati è difficile da diversificare e le caratteristiche tecniche degli stessi vengono illustrate nei prospetti di emissione o in altri documenti, che molto spesso sono redatti  in inglese e con una terminologia tecnica che fa riferimento al diritto civile ed alla normativa bancaria, più adatta quindi ad un investitore qualificato con un alto profilo di rischio.

A dispetto dell’avvertimento dell’ESMA per la Consob le obbligazioni subordinate sono state  classificate come “prodotti semplici” e quindi   le banche italiane hanno collocato grandi quantità di questo tipo di titoli anche presso i piccoli risparmiatori non pienamente consci del rischio da sopportare.

La soluzione prospettata dal problema è quella della creazione di un fondo di solidarietà, finanziato in minima parte con capitali pubblici e per la maggioranza dal resto del sistema bancario.

Le risorse che si renderebbero disponibili applicando questa soluzione pari a 100-120 milioni di euro, sarebbero però sufficienti a coprire solo una piccola parte delle perdite, pari a  350 milioni di euro, subite dai sottoscrittori delle obbligazioni subordinate.

Si sta, quindi, pensando a soluzioni alternative: stabilire un tetto massimo di 50.000 euro per gli eventuali indennizzi ai possessori dei bond subordinati oppure la possibilità per gli investitori truffati, di ricevere, oltre a un indennizzo parziale, anche un credito di imposta sull’Irpef per le perdite subite (non si sa se in misura totale o parziale).

Certamente, in attesa delle decisioni del Governo, che dopo consultazioni con la Commissione Europea sta per insediare una corte arbitrale che stabilirà, caso per caso, l’esistenza di eventuali abusi da parte delle 4 banche nel collocamento delle obbligazioni subordinate,  la strada che percorreranno gli investitori beffati sarà quella più scontata ossia, adire il Tribunale contro i responsabili del crack, come è già accaduto in passato per i fallimenti Cirio e Parmalat e per i bond argentini.

Diverse associazioni di consumatori come l’Adusbef, la Federconsumatori, il Codacons, l’Adoc e il Siti stanno iniziando ad affilare le armi anche se non è ancora ben chiaro a chi saranno indirizzate le azioni risarcitorie.

In particolare l’Adusbef  non esclude iniziative proprio nei confronti di Bankitalia la cui colpa sarebbe quella di non aver attentamente  vigilato sul dissesto finanziario delle quattro banche coinvolte.

Salvatore Rossi, direttore generale di Palazzo Koch sede di Bankitalia,  intervistato da Lucia Annunziata nel corso della trasmissione televisiva In mezz’ora in onda su Rai3, intervenuto per chiarire la posizione dell’autorità di vigilanza rivendicandone l’operato,  ha detto chiaramente che è necessario vietare la vendita di prodotti come le obbligazioni  subordinate  allo sportello e che sia Bankitalia che la Consob hanno fatto tutto ciò che potevano, al meglio delle loro possibilità.

Il Tesoro ha quantificato in 768 milioni di euro il valore delle obbligazioni subordinate collocate presso la clientela retail senza trasparenza.

La situazione è in continua evoluzione e cresce la tensione tra Governo, Bankitalia e Consob.

Non ci resta, ancora una volta, che piangere.

Redazione

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