Sull’acqua pubblica l’ARS confonde l’impresa col volontariato

Massimo Greco 26/08/15
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Ritornando sulla legge approvata dall’ARS sulla gestione del sevizio idrico integrato, mentre emerge chiaramente l’impronta ripubblicistica del legislatore regionale attraverso l’introduzione di meccanismi manifestamente finalizzati a scoraggiare l’esternalizzazione del servizio a soggetti privati e, come tale, ai limiti della costituzionalità, alcune disposizioni tuttavia si presentano contraddittorie ed impropriamente utilizzate. Il legislatore “considera l’acqua bene comune pubblico non assoggettabile a finalità lucrative”. In altra disposizione viene affermato che “la gestione del servizio idrico integrato è realizzata senza finalità lucrative…”. In altra ancora viene però consentita l’opzione dell’affidamento del servizio a soggetti privati scelti attraverso le procedure del mercato concorrenziale, ivi comprese le società miste a partecipazione pubblica. A questo punto sorge spontanea una domanda. Come pensa il legislatore di conciliare l’assenza di finalità lucrative con una gestione privatistica del servizio che, per antonomasia, mira al perseguimento di scopi lucrativi? Al netto dell’ipotesi pubblicistica di gestione del servizio attraverso il modulo consortile di diritto pubblico o dell’azienda speciale che non perseguono finalità di profitto, avendo solo l’obbligo del pareggio di bilancio, le altre ipotesi, rimaste tutte in campo, di gestione privatistica del servizio, contrastano inevitabilmente con lo spirito della novella legge. Nel soggetto privato infatti, la redditività e il profitto sono elementi caratteristici dell’attività imprenditoriale, i quali elementi, invero, diventano il loro criterio di economicità, per cui il servizio svolto, ad esempio da una s.p.a., deve essere remunerativo e proteso alla logica concorrenziale. Lo scopo di lucro soggettivo dell’imprenditore che si aggiudica il servizio idrico integrato, ovvero di quell’imprenditore che si aggiudica una gara a doppio oggetto per partecipare ad una società mista pubblico-privato, è essenziale al contratto di società. Appare fin troppo evidente che lo scopo tipico dei soggetti privati è egoistico e si contrappone nettamente sia a quello ideale delle organizzazioni del terzo settore che a quello collettivo tipico delle altre forme pubblicistiche di gestione del servizio. Il postulato di questa elementare differenza si ripercuote inevitabilmente sulle modalità di gestione del servizio. Le gestioni diverse da quelle pubbliche nell’ambito del contratto di servizio e della carta dei servizi (così come del piano economico-finanziario e della tariffa) collegati agli elementi tecnico-organizzativi ed economici-finanziari, cercano ovviamente di ottenere (anche attraverso acrobazie ed espedienti vari) maggiori profitti rispetto ad una gestione pubblica.

Ci rendiamo perfettamente conto che questa legge è frutto di un compromesso tra coloro che tentavano, a tutti i costi, di escludere l’ipotesi privatistica dalla gestione del futuro servizio idrico integrato e quanto statuito più volte dalla Corte costituzionale in materia, tuttavia ci saremmo aspettati una legge con meno strafalcioni. Siamo infatti convinti che in più disposizioni il legislatore regionale abbia confuso il concetto di finalità lucrativa della gestione del servizio con la natura giuridica economica del medesimo servizio.

 

Massimo Greco

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