Politica da riformare. L’inosservanza delle regole apre le porte all’autoritarismo

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Esistono regole precise che devono guidare la politica, la cui inosservanza comporta l’impossibilità di salvaguardare la democrazia. Coloro che evitano di sottoporsi al test di verifica e si ostinano nel perseguire traiettorie confuse e in controtendenza in omaggio all’idea di essere i migliori, perché in grado di rottamare ciò che piace loro, sono in mala fede e sanno bene utilizzare i proclami e gli spot per determinare una svolta in senso autoritario del sistema politico.

Non si tratta di frasi ingenue buttate lì per caso né di retorica senza senso ma di una semplice occasione per aprire un dibattito su ciò che sta accadendo oggi in Italia e sulle conseguenze di scelte scellerate  in aperto conflitto con il fondamento democratico della Costituzione repubblicana.

Ci sono voluti anni di storia per affermare e consolidare i principi democratici, la libertà di pensiero e la varietà ideologica pur nei margini della normale tollerabilità nei sistemi ordinamentali di ispirazione liberale. Ci sono voluti anni di studio e di confronto per costruire le fondamenta di una Repubblica sui principi di giustizia, di uguaglianza e di solidarietà eppure oggi si assiste alla catastrofe più impensabile proprio sul piano dei valori e dei principi ispiratori della democrazia.

La Repubblica parlamentare cede così il posto ad altro tipo di sistema politico basato sul ruolo predominante del premier e sul potere concentrato nelle mani dell’uomo solo al comando.

Si corre però il rischio di consegnare il potere a qualche bullo dall’aria impacciata simile a chi dalle nuvole scende in terra con la convinzione di non poter avere simili al mondo, e di vedere affermarsi  lo stile becero di un presuntuoso e mortificante animatore di spot pubblicitari che, pur di salvaguardare i suoi personali principi e gli interessi economici  dei poteri forti, supera  il ruolo assegnatogli, per attuare precisi e non valicabili obiettivi in breve termine, e si arroga il compito di modificare tutti i settori della vita pubblica compresa la stessa tipologia di repubblica prescelta dai nostri costituenti.

Non vi è dubbio allora che la politica va riformata per ritornare allo stile genuino e puro delle origini così come emerge dalla lettura dei classici greci che in materia di democrazia sicuramente hanno ancora molto da insegnarci.

La politica non può infatti rappresentare l’affermazione di una persona per il suo successo personale ma deve prima di tutto esprimere valori condivisi e fondarsi sulla giustizia di guisa che nessuno possa dubitare della rettitudine di coloro che governano perseguendo esclusivamente i fini pubblici per i quali sono stati eletti. A tale ultimo proposito non va sottovalutata l’imprescindibile necessità che i governanti siano scelti dal popolo attraverso libere elezioni, secondo il sistema elettorale che la stessa cittadinanza ha individuato, e che sia comunque assicurato il bilanciamento dei tre poteri classici: legislativo, esecutivo, giudiziario.

Non vi potrà inoltre essere giustizia senza il mitigamento espresso dalla morale. La politica deve ritornare ad essere eticamente all’altezza del suo compito e idonea a perseguire le finalità pubbliche che la contraddistinguono. La lotta alla corruzione rischia infatti di impantanarsi e di vanificarsi se ancora si continua far passare l’idea che la corruzione è materia di esclusiva rilevanza burocratica e che dunque la politica non ha un ruolo attivo in tale ambito. Se così fosse, gli episodi corruttivi sarebbero presto svelati perché il controllo sull’andamento della gestione amministrativa rientra tra i compiti della politica, che li esercita tramite sue proprie strutture. Si evitino pertanto le messe in scena volte a dimostrare che i fenomeni corruttivi, come di recente a Roma, sono emarginati attraverso il cambio della dirigenza di vertice. Si eviti pure la continua denigrazione della burocrazia come se questa non venisse creata dal legislatore, che individua il percorso da compiere in relazione ai procedimenti presi in considerazione, perché dietro tanta denigrazione si nasconde il pericolo di far apparire giusto e corretto violare le regole poste a tutela della legittimità dell’azione della pubblica amministrazione.

C’è infatti qualcosa di più da fare: ricominciare daccapo e ingerire una  buona dose di cultura politica direttamente dall’antica Grecia in modo che non sfugga che, se  la politica non è guidata dall’etica, ci sarà sempre il bullo di turno che penserà di poter esercitare, nei centri di potere, le proprie funzioni personali piuttosto che il munus pubblico che gli ha assegnato la cittadinanza.

Non guasta neanche un ritorno al pensiero cristiano e a San Tommaso in particolare, che ci ha insegnato come la politica non possa essere scissa dalla morale e debba invece tendere verso la perfezione  del creatore e svolgersi con equilibrio, rettitudine, senso di solidarietà e rispetto.

Lucia Maniscalco

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