“Come fare per”: la funzione di comunicazione nell’epoca dell’agenda digitale

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L’Agenda per la semplificazione 2015-2017, emanata dal Governo lo scorso autunno, in attuazione dell’art. 24 del d.l. 90/2014 conv. con modifiche dalla legge 114/2014, persegue, fra i propri obiettivi, quello di “assicurare l’erogazione online di un numero crescente di servizi e l’accesso alle comunicazioni di interesse dei singoli cittadini (e imprese) direttamente via internet, con tablet o smartphone”.

Richiamando la centralità dei cittadini nell’azione amministrativa, l’Agenda identifica tale obiettivo all’interno di uno dei settori strategici di intervento delle politiche di semplificazione: la “cittadinanza digitale”, macro-ambito che guarda alla realizzazione dell’interazione informatica e telematica fra cittadini e pubbliche amministrazioni e del principio del digital by default (in base al quale i servizi devono essere progettati ed erogati in primo luogo in formato digitale).

Fra le azioni individuate come necessarie nel documento, vi è la predisposizione da parte delle pubbliche amministrazioni di informazioni su come fare perpresentare domande, dichiarazioni, comunicazioni o istanze o accedere a servizi. Informazioni che dovranno essere rese accessibili direttamente dall’home page dei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, anche sulla base di linee guida adottate al fine di “assicurare massima chiarezza e accessibilità alle informazioni per i cittadini e le imprese”.

Come indicato nel cronoprogramma allegato, a tale adempimento il legislatore riserva un significativo tempo di realizzazione, fissando come data ultima il prossimo dicembre 2015; manifestando, per esso, la consapevolezza del ruolo che un’efficace comunicazione svolge nel processo di semplificazione digitale della p.a. e dei servizi da questa erogati.

Ed infatti, in un sistema i cui paradigmi sono rappresentati dall’egovernment e dall’open government, chiavi della nuova legittimazione della pubblica amministrazione, la comunicazione pubblica opera e deve operare come strumento di trasparenza e semplificazione; base informativa; veicolo di orientamenti culturali.

Niente di più ambizioso, si direbbe. Ed invece, è proprio a questa forma di comunicazione che sembra guardare il nostro legislatore.

Abbandonando la prospettiva organizzativa propria del d.lgs. 29/1993, e in seguito della legge 150/2000, che aveva portato all’istituzionalizzazione delle professioni dell’informazione e della comunicazione (uffici per le relazioni col pubblico, ufficio stampa e portavoce), il legislatore richiede ora alle pubbliche amministrazioni una forma di comunicazione più semplice e diretta, fatta di “istruzioni per l’uso” chiare e complete che i cittadini interessati possano utilizzare per fruire dei servizi in rete, “burocratici” e non.

Mentre conferma il ruolo del sito web come front office dei servizi e contenitore virtuale di quelle informazioni ad essi correlate, che devono considerarsi parte integrante dei servizi stessi, ci pone, di fatto, dinnanzi ad un modello ibrido di “informazione-comunicazione”, in cui, per usare le parole di Gregorio Arena, l’obiettivo del “dare forma e ordine”, proprio della funzione informativa, si affianca a quello di “indurre nuovi comportamenti” nei cittadini, proprio della funzione comunicativa.

Rendere obbligatoria l’istituzione di una sezione all’interno dei siti web destinata a fornire ai cittadini tutte le informazioni utili per presentare un’istanza, inoltrare una comunicazione o accedere ad un servizio, significa, infatti, rendere conoscibili e concretamente fruibili i modi dell’azione e dell’interazione, consentire ai singoli di ricorrervi; e, dunque, dal punto di vista dell’amministrazione, orientare gli stessi cittadini nei loro comportamenti, semplificandoli.

Ed in questo senso, significa potersi avvalere della comunicazione come veicolo di modernizzazione, strumento e metodo a sostegno del cambiamento.

Sappiamo dall’esperienza passata che la mera progettazione e predisposizione di servizi in rete non sia di per sé sufficiente a garantirne la più efficace fruizione secondo modalità informatiche e telematiche. Gli amministratori, e i funzionari in particolare, soggetti attivi nel processo d’innovazione digitale, ben conoscono quel sentimento di smarrimento e insicurezza che i cittadini provano nell’interazione telematica e che, spesso, più che sfiducia nella tecnologia, è espressione dell’esigenza di maggiore affidabilità nella macchina amministrativa.

Se poi si considera come la scarsa chiarezza normativa, la complessità del sistema, talvolta l’uso spinto del “burocratese” e, ancora, le frequenti difficoltà ad individuare chi fa cosa, unitamente ai divides digitali, costituiscono “pesanti” fattori d’ostacolo nel processo di semplificazione digitale delle nostre pubbliche amministrazioni, diventa allora doveroso guardare a questo adempimento come ad un’irrinunciabile occasione.

Mentre, da un lato, tale adempimento richiede di certo un forte impegno delle p.a. in un’attività di semplificazione della conoscenza e del linguaggio, che passi per la traduzione operativa delle regole e la definizione di informazioni chiare, semplici, sintetiche e complete, al fine di assolvere a quell’effettiva funzione orientativa. Dall’altro, si pone come un’occasione per guardare al superamento del digital divide culturale e generazionale, facendo in modo che ciò che per i nativi digitali appare intuitivo non risulti ostico e inaccessibile per chi nativo digitale non è, e per offrire ai cittadini quel minimum di certezza sul “come fare” proprio in un momento in cui la stessa amministrazione vive una fase di incertezza, legata all’esigenza e alla difficoltà di cambiare.

Un’importante occasione dunque. E, inevitabilmente, una sfida: a costruire le premesse di conoscibilità e comprensione che stanno alla base dell’esercizio dei diritti “digitali”; che vivono nel diritto ad esser informati; e che fondano il significato di essere cittadini digitali.

Silvia Biancareddu

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