Una strana concezione della libertà di opinione

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La frequentazione dei social network fornisce spunti interessanti circa l’evoluzione che sta riguardando la comunicazione che ivi si realizza, evidentemente specchio di un più generale progressivo cambiamento. A chi abbia la costanza di porsi come osservatore attento, munito di quella curiosità che non contempla il pregiudizio, anzi è agli antipodi di tale concetto, si palesano atteggiamenti conformi, tenuti da parte di individui tra loro anche distanti, ma che manifestano analogie di comportamento. Le conclusioni tratte dalla personale esperienza sul campo – quello di Twitter soprattutto – mediante il confronto diretto con una molteplicità di soggetti, fornisce risultati non di poco conto sulle dinamiche che presiedono a certi “scambi”. I luoghi “virtuali” cui si fa riferimento sono comunque molto concreti, per più d’un verso: tant’è che nei contesti “reali”, frequentati da chiunque quotidianamente, le suddette dinamiche non sono poi così diverse e, pertanto, forniscono per lo più conferma di quanto già sul web può rilevarsi.

Una strana concezione della libertà di opinione sembra affermarsi negli ultimi tempi: taluni reputano che, in mancanza di alternative migliori, non sarebbe consentito criticare quelle al momento esistenti. Con specifico riguardo alla politica, sempre protagonista, ciò si traduce nel seguente assunto: se non si è in grado di proporre il nominativo di chi possa governare più efficacemente di Matteo Renzi non resta che tacere, oppure apprezzarne senza riserve l’operato. “Tertium non datur”, le opzioni esistenti sono solo le due così indicate, e tanto basti. Il fatto che non sia individuabile, al momento, un candidato migliore alla carica di Presidente del Consiglio per molti degli interlocutori dei social, nonché di coloro con i quali ci si trova a dibattere giornalmente, determinerebbe la circostanza che debba essere sospesa la possibilità di valutare anche negativamente chi attualmente svolga tale funzione istituzionale. Ugualmente, forse, si pretende resti congelato il ricorso alle personali facoltà raziocinanti, quelle che si attivano inevitabilmente in chiunque non riesca a fare a meno di riflettere su quanto lo circonda e, quindi, di esprimere giudizi.

Il pensiero critico, dunque, non sarebbe ammesso, in tempi in cui si vorrebbe che chiunque facesse “il tifo” per il capo dell’Esecutivo, fornendogli il proprio sostegno incondizionato. Da un lato, l’assenza di alternative sopra rilevata, dall’altro, la crisi in cui versa il Paese, fanno sì che una sorta di inesorabilità costituisca la “cifra” di questo Governo. Il tentativo di smarcarsi dal sentire generale porta, non solo sui social, a un inevitabile isolamento, nel migliore dei casi: negli altri conduce allo svilimento – definirlo insulto, forse, sarebbe più adeguato – di chi riscontri errori o impegni non assolti da parte del Presidente del Consiglio. Secondo i follower, non solo virtuali, del Primo Ministro solo un folle potrebbe ritenere che, al momento, quest’ultimo non debba essere appoggiato: comunque egli agisca, è l’unico che oggi può risollevare le sorti del Paese. Da ciò discenderebbe che non solo è inutile dubitarne, nonché dannoso addirittura anche solo il disapprovarne l’operato, ma carente di qualunque logica la volontà di riflettere su quanto sta accadendo nel panorama politico ed economico nazionale: l’unica scelta reputata saggia è l’accettazione fideistica che tutto andrà per il meglio, purché non si metta in discussione il Presidente del Consiglio, in mancanza di personaggi più soddisfacenti. In conclusione, le risorse intellettive individuali dovrebbero essere sterilizzate, stanti le motivazioni sopra addotte.

Quello così descritto è il clima che fa da sottofondo a molte delle conversazioni che avvengono sui social network ma, come si diceva, nelle conversazioni svolte altrove il clima non sembra, poi, molto diverso. Nelle comunità del web, tuttavia, certe dinamiche risultano amplificate, sì che la rete continua a essere un osservatorio privilegiato per chi sia interessato a capirle. Nei riguardi di coloro i quali pubblicamente non sostengano l’azione del Governo le conseguenze sono note e, tutto sommato, irrilevanti: l’accusa di disfattismo, così come la svalutazione dell’interlocutore di turno, non produce molti danni. E’ la pretesa che si abdichi alla propria capacità di giudizio, senza neanche potersi porre la domanda se il “verso” intrapreso sia quello giusto, ciò che lascia perplessi.  E’ il tentativo di tacitare le menti ragionanti con argomenti che di razionale non hanno niente e, dunque, non possono essere smontati logicamente, ciò che si reputa pericoloso. Quanto rilevato non significa, com’è ovvio, che attualmente vi sia una qualsivoglia forma di censura o una qualche “deriva autoritaria”: tuttavia, come visto, meccanismi ancora più insidiosi perché non riconoscibili con chiarezza, come quelli sopra citati, possono recare conseguenze comunque nocive. La disabitudine all’utilizzo del senso critico va evitata: il libero pensiero rappresenta elemento propulsivo della crescita individuale, fondamento di una società evoluta, condizione ineludibile di una democrazia pienamente intesa. La tendenza sopra esposta, invece, induce il rischio che l’idoneità al discernimento, personale e collettivo, possa arrugginirsi a causa della mancanza di esercizio. Quindi, l’assenza di alternative a Renzi, così come motivazioni pure diverse, non possono costituire cause esimente dall’uso del cervello: chi lo asserisce rende palese che il rischio sopra paventato per qualcuno si è già concretizzato.

Una notazione finale scaturisce da quelle svolte in precedenza, così come la condotta che essa è volta a porre in risalto. Chi, nonostante quanto sopra riscontrato, comunque avanzi osservazioni, mostri dubbi o sollevi perplessità sull’operato del Governo, si premura in genere di evidenziare – con molta foga ed estrema rilevanza – che ciò avviene per fini costruttivi, che si augura che tutto vada per il meglio, che ha fiducia nel Capo dell’Esecutivo e, quindi, che il proprio intervento è finalizzato solo ed esclusivamente a dargli suggerimenti, non invece ad attaccarlo. L’evidenziazione suddetta risulta oltremodo irritante per chi non si limiti a interpretarla letteralmente e la traduca, invece, come modalità “politicamente corretta” di formulare giudizi scomodi nei riguardi di chi stia al potere e raccolga presso la cittadinanza un consenso oltremodo ampio. Chi ritiene necessario avvalersi della corazza del consiglio benevolmente elargito, al fine di non esporsi nell’esercizio di un senso critico che non dovrebbe mai richiedere di essere schermato con frasi di circostanza, non si rende forse conto che la libertà di pensiero non ha bisogno di “caveat” di convenienza. “Il coraggio se uno non ce l’ha non se lo può dare”, del resto: ma chi è sano possessore di capacità intellettive consideri adeguatamente gli effetti che scaturiscono dal volervi rinunciare o dall’avvalersene con riserva e con tutte le cautele cui il clima attuale sembra obbligare.

Il senso critico è anche questo: ossia valutare le conseguenze che quella strana concezione della libertà di opinione, sopra descritta – che la collettività, virtuale e reale, sta consentendo che invalga – può produrre nella coscienza individuale. Alla propria consapevolezza, almeno, si cerchi di non abdicare.

Vitalba Azzollini

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