Nell’attesa del regolamento definitivo sulla privacy, la Corte di Giustizia destabilizza le forme di responsabilità in tema di diritto all’oblio

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Corte di Giustizia 13 maggio 2014 (causa C 131/12)

«Dati personali – Tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento di tali dati – Direttiva 95/46/CE – Articoli 2, 4, 12 e 14 – Ambito di applicazione materiale e territoriale – Motori di ricerca su Internet – Trattamento dei dati contenuti in siti web – Ricerca, indicizzazione e memorizzazione di tali dati – Responsabilità del gestore del motore di ricerca – Stabilimento nel territorio di uno Stato membro – Portata degli obblighi di tale gestore e dei diritti della persona interessata – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 7 e 8»

Nella causa C 131/12,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Audiencia Nacional (Spagna), con decisione del 27 febbraio 2012, pervenuta in cancelleria il 9 marzo 2012, nel procedimento

Google Spain SL,

Google Inc.

contro

**************** de Protección de Datos (AEPD),

**********************,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da V. Skouris, presidente, K. Lenaerts, vicepresidente, M. Ileši? (relatore), *************, T. von Danwitz, *********, presidenti di sezione, J. Malenovský, E. Levits, A. Ó Caoimh, *************, *********, ********** e *********?nas, giudici,

avvocato generale:************n

cancelliere: ***********, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 febbraio 2013,

considerate le osservazioni presentate:

– per Google Spain SL e Google Inc., da F. González Díaz, J. Baño Fos e *********, abogados;

– per M. Costeja González, da ******************, abogado;

– per il governo spagnolo, da *****************, in qualità di agente;

– per il governo ellenico, da ************* e ************, in qualità di agenti;

– per il governo italiano, da ***********, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato;

– per il governo austriaco, da ********** e **************, in qualità di agenti;

– per il governo polacco, da B. Majczyna e **********, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, da I. Martínez del ***** e *************, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 giugno 2013,

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 2, lettere b) e d), 4, paragrafo 1, lettere a) e c), 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281, pag. 31), nonché dell’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia che oppone le società Google Spain SL (in prosieguo: «Google Spain») e Google Inc. all’Agencia Española de Protección de Datos (AEPD) (Agenzia di protezione dei dati; in prosieguo: l’«AEPD») e al sig. Costeja González, in merito ad una decisione di detta Agenzia che ha accolto la denuncia depositata dal sig. Costeja González contro le due società suddette e ha ordinato a Google Inc. di adottare le misure necessarie per rimuovere dai propri indici alcuni dati personali riguardanti detto interessato e di impedire in futuro l’accesso a tali dati.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3 La direttiva 95/46 – che, ai sensi del suo articolo 1, ha per oggetto la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche, e segnatamente del diritto alla vita privata, con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché l’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione di tali dati – enuncia, ai considerando 2, 10, da 18 a 20, e 25, quanto segue:

«(2) considerando che i sistemi di trattamento dei dati sono al servizio dell’uomo; che essi, indipendentemente dalla nazionalità o dalla residenza delle persone fisiche, debbono rispettare le libertà e i diritti fondamentali delle stesse, in particolare la vita privata, e debbono contribuire al (…) benessere degli individui;

(…)

(10) considerando che le legislazioni nazionali relative al trattamento dei dati personali hanno lo scopo di garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, in particolare del diritto alla vita privata, riconosciuto anche dall’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali[, firmata a Roma il 4 novembre 1950,] e dai principi generali del diritto comunitario; che pertanto il ravvicinamento di dette legislazioni non deve avere per effetto un indebolimento della tutela da esse assicurata ma deve anzi mirare a garantire un elevato grado di tutela nella Comunità;

(…)

(18) considerando che, onde evitare che una persona venga privata della tutela cui ha diritto in forza della presente direttiva, è necessario che qualsiasi trattamento di dati personali effettuato nella Comunità rispetti la legislazione di uno degli Stati membri; che, a questo proposito, è opportuno assoggettare i trattamenti effettuati da una persona che opera sotto l’autorità del responsabile del trattamento stabilito in uno Stato membro alla legge di tale Stato;

(19) considerando che lo stabilimento nel territorio di uno Stato membro implica l’esercizio effettivo e reale dell’attività mediante un’organizzazione stabile; che la forma giuridica di siffatto stabilimento, si tratti di una semplice succursale o di una filiale dotata di personalità giuridica, non è il fattore determinante a questo riguardo; che quando un unico responsabile del trattamento è stabilito nel territorio di diversi Stati membri, in particolare per mezzo di filiali, esso deve assicurare, segnatamente per evitare che le disposizioni vengano eluse, che ognuno degli stabilimenti adempia gli obblighi previsti dalla legge nazionale applicabile alle attività di ciascuno di essi;

(20) considerando che la tutela delle persone prevista dalla presente direttiva non deve essere impedita dal fatto che il responsabile del trattamento sia stabilito in un paese terzo; che, in tal caso, è opportuno che i trattamenti effettuati siano disciplinati dalla legge dello Stato membro nel quale sono ubicati i mezzi utilizzati per il trattamento in oggetto e che siano prese le garanzie necessarie per consentire l’effettivo rispetto dei diritti e degli obblighi previsti dalla presente direttiva;

(…)

(25) considerando che i principi di tutela si esprimono, da un lato, nei vari obblighi a carico delle persone (…) [che trattano dati], obblighi relativi in particolare alla qualità dei dati, alla sicurezza tecnica, alla notificazione all’autorità di controllo, alle circostanze in cui il trattamento può essere effettuato, e, dall’altro, nel diritto delle persone, i cui dati sono oggetto di trattamento, di esserne informate, di poter accedere ai dati, e chiederne la rettifica, o di opporsi al trattamento in talune circostanze».

4 L’articolo 2 della direttiva 95/46 prevede che «[a]i fini [di tale] direttiva si intende per:

a) “dati personali”: qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile (“persona interessata”); si considera identificabile la persona che può essere identificata, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento ad un numero di identificazione o ad uno o più elementi specifici caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, psichica, economica, culturale o sociale;

b) “trattamento di dati personali” (“trattamento”): qualsiasi operazione o insieme di operazioni compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, l’elaborazione o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’impiego, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, nonché il congelamento, la cancellazione o la distruzione;

(…)

d) “responsabile del trattamento”: la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o qualsiasi altro organismo che, da solo o insieme ad altri, determina le finalità e gli strumenti del trattamento di dati personali. Quando le finalità e i mezzi del trattamento sono determinati da disposizioni legislative o regolamentari nazionali o comunitarie, il responsabile del trattamento o i criteri specifici per la sua designazione possono essere fissati dal diritto nazionale o comunitario;

(…)».

5 L’articolo 3 della citata direttiva, intitolato «Campo d’applicazione», enuncia, al paragrafo 1, quanto segue:

«Le disposizioni della presente direttiva si applicano al trattamento di dati personali interamente o parzialmente automatizzato nonché al trattamento non automatizzato di dati personali contenuti o destinati a figurare negli archivi».

6 L’articolo 4 della stessa direttiva, intitolato «Diritto nazionale applicabile», prevede:

«1. Ciascuno Stato membro applica le disposizioni nazionali adottate per l’attuazione della presente direttiva al trattamento di dati personali:

a) effettuato nel contesto delle attività di uno stabilimento del responsabile del trattamento nel territorio dello Stato membro; qualora uno stesso responsabile del trattamento sia stabilito nel territorio di più Stati membri, esso deve adottare le misure necessarie per assicurare l’osservanza, da parte di ciascuno di detti stabilimenti, degli obblighi stabiliti dal diritto nazionale applicabile;

b) il cui responsabile non è stabilito nel territorio dello Stato membro, ma in un luogo in cui si applica la sua legislazione nazionale, a norma del diritto internazionale pubblico;

c) il cui responsabile, non stabilito nel territorio della Comunità, ricorre, ai fini del trattamento di dati personali, a strumenti, automatizzati o non automatizzati, situati nel territorio di detto Stato membro, a meno che questi non siano utilizzati ai soli fini di transito nel territorio della Comunità europea.

2. Nella fattispecie di cui al paragrafo 1, lettera c), il responsabile del trattamento deve designare un rappresentante stabilito nel territorio di detto Stato membro, fatte salve le azioni che potrebbero essere promosse contro lo stesso responsabile del trattamento».

7 Nell’ambito del capo II della direttiva 95/46, segnatamente nella sezione I, intitolata «Principi relativi alla qualità dei dati», l’articolo 6 dispone quanto segue:

«1. Gli Stati membri dispongono che i dati personali devono essere:

a) trattati lealmente e lecitamente;

b) rilevati per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo non incompatibile con tali finalità. Il trattamento successivo dei dati per scopi storici, statistici o scientifici non è ritenuto incompatibile, purché gli Stati membri forniscano garanzie appropriate;

c) adeguati, pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali vengono rilevati e/o per le quali vengono successivamente trattati;

d) esatti e, se necessario, aggiornati; devono essere prese tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare i dati inesatti o incompleti rispetto alle finalità per le quali sono rilevati o sono successivamente trattati, cancellati o rettificati;

e) conservati in modo da consentire l’identificazione delle persone interessate per un arco di tempo non superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità per le quali sono rilevati o sono successivamente trattati. Gli Stati membri prevedono garanzie adeguate per i dati personali conservati oltre il suddetto arco di tempo per motivi storici, statistici o scientifici.

2. Il responsabile del trattamento è tenuto a garantire il rispetto delle disposizioni del paragrafo 1».

8 Nel capo II della direttiva 95/46, all’interno della sezione II, intitolata «Principi relativi alla legittimazione del trattamento dei dati», l’articolo 7 recita così:

«Gli Stati membri dispongono che il trattamento di dati personali può essere effettuato soltanto quando:

(…)

f) è necessario per il perseguimento dell’interesse legittimo del responsabile del trattamento oppure del o dei terzi cui vengono comunicati i dati, a condizione che non prevalgano l’interesse o i diritti e le libertà fondamentali della persona interessata, che richiedono tutela ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1».

9 L’articolo 9 della citata direttiva, intitolato «Trattamento di dati personali e libertà d’espressione», ha il seguente tenore:

«Gli Stati membri prevedono, per il trattamento di dati personali effettuato esclusivamente a scopi giornalistici o di espressione artistica o letteraria, le esenzioni o le deroghe alle disposizioni del presente capo e dei capi IV e VI solo qualora si rivelino necessarie per conciliare il diritto alla vita privata con le norme sulla libertà d’espressione».

10 L’articolo 12 della medesima direttiva, intitolato «Diritto di accesso», così dispone:

«Gli Stati membri garantiscono a qualsiasi persona interessata il diritto di ottenere dal responsabile del trattamento:

(…)

b) a seconda dei casi, la rettifica, la cancellazione o il congelamento dei dati il cui trattamento non è conforme alle disposizioni della presente direttiva, in particolare a causa del carattere incompleto o inesatto dei dati;

(…)».

11 L’articolo 14 della direttiva 95/46, intitolato «Diritto di opposizione della persona interessata», ha il seguente tenore:

«Gli Stati membri riconoscono alla persona interessata il diritto:

a) almeno nei casi di cui all’articolo 7, lettere e) e f), di opporsi in qualsiasi momento, per motivi preminenti e legittimi, derivanti dalla sua situazione particolare, al trattamento di dati che la riguardano, salvo disposizione contraria prevista dalla normativa nazionale. In caso di opposizione giustificata il trattamento effettuato dal responsabile non può più riguardare tali dati;

(…)».

12 L’articolo 28 di detta direttiva, intitolato «Autorità di controllo», è così formulato:

«1. Ogni Stato membro dispone che una o più autorità pubbliche siano incaricate di sorvegliare, nel suo territorio, l’applicazione delle disposizioni di attuazione della presente direttiva, adottate dagli Stati membri.

(…)

3. Ogni autorità di controllo dispone in particolare:

– di poteri investigativi, come il diritto di accesso ai dati oggetto di trattamento e di raccolta di qualsiasi informazione necessaria all’esercizio della sua funzione di controllo;

– di poteri effettivi d’intervento, come quello (…) di ordinare il congelamento, la cancellazione o la distruzione dei dati, oppure di vietare a titolo provvisorio o definitivo un trattamento (…);

– (…).

È possibile un ricorso giurisdizionale avverso le decisioni dell’autorità di controllo recanti pregiudizio.

4. Qualsiasi persona, o associazione che la rappresenti, può presentare a un’autorità di controllo una domanda relativa alla tutela dei suoi diritti e libertà con riguardo al trattamento di dati personali. La persona interessata viene informata del seguito dato alla sua domanda.

(…)

6. Ciascuna autorità di controllo, indipendentemente dalla legge nazionale applicabile al trattamento in questione, è competente per esercitare, nel territorio del suo Stato membro, i poteri attribuitile a norma del paragrafo 3. Ciascuna autorità può essere invitata ad esercitare i suoi poteri su domanda dell’autorità di un altro Stato membro.

Le autorità di controllo collaborano tra loro nella misura necessaria allo svolgimento dei propri compiti, in particolare scambiandosi ogni informazione utile.

(…)».

Diritto spagnolo

13 La direttiva 95/46 è stata trasposta nell’ordinamento spagnolo mediante la legge organica n. 15/1999, del 13 dicembre 1999, relativa alla tutela dei dati personali (*** n. 298, del 14 dicembre 1999, pag. 43088).

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14 Il 5 marzo 2010, il sig. Costeja González, cittadino spagnolo con domicilio in Spagna, ha presentato dinanzi all’AEPD un reclamo contro La Vanguardia Ediciones SL, che pubblica un quotidiano di larga diffusione, soprattutto in Catalogna (Spagna) (in prosieguo: «La Vanguardia»), nonché contro Google Spain e Google Inc. Tale reclamo era fondato sul fatto che, allorché un utente di Internet introduceva il nome del sig. Costeja González nel motore di ricerca del gruppo Google (in prosieguo: «Google Search»), otteneva dei link verso due pagine del quotidiano di La Vanguardia rispettivamente del 19 gennaio e del 9 marzo 1998, sulle quali figurava un annuncio, menzionante il nome del sig. Costeja González, per una vendita all’asta di immobili connessa ad un pignoramento effettuato per la riscossione coattiva di crediti previdenziali.

15 Mediante detto reclamo, il sig. Costeja González chiedeva, da un lato, che fosse ordinato a La Vanguardia di sopprimere o modificare le pagine suddette affinché i suoi dati personali non vi comparissero più, oppure di ricorrere a taluni strumenti forniti dai motori di ricerca per proteggere tali dati. Dall’altro lato, egli chiedeva che fosse ordinato a Google Spain o a Google Inc. di eliminare o di occultare i suoi dati personali, in modo che cessassero di comparire tra i risultati di ricerca e non figurassero più nei link di La Vanguardia. Il sig. Costeja González affermava in tale contesto che il pignoramento, che era stato effettuato nei suoi confronti, era stato interamente definito da svariati anni e che la menzione dello stesso era ormai priva di qualsiasi rilevanza.

16 Con decisione del 30 luglio 2010, l’AEPD ha respinto il suddetto reclamo nella parte in cui era diretto contro La Vanguardia, ritenendo che la pubblicazione da parte di quest’ultima delle informazioni in questione fosse legalmente giustificata, dato che aveva avuto luogo su ordine del Ministero del Lavoro e degli Affari sociali e aveva avuto lo scopo di conferire il massimo di pubblicità alla vendita pubblica, al fine di raccogliere il maggior numero di partecipanti all’asta.

17 Detto reclamo è stato invece accolto nella parte in cui era diretto contro Google Spain e Google Inc. L’AEPD ha considerato in proposito che i gestori di motori di ricerca sono assoggettati alla normativa in materia di protezione dei dati, dato che essi effettuano un trattamento di dati per il quale sono responsabili e agiscono quali intermediari della società dell’informazione. L’AEPD ha ritenuto di essere autorizzata ad ordinare la rimozione dei dati nonché il divieto di accesso a taluni dati da parte dei gestori di motori di ricerca, qualora essa ritenga che la localizzazione e la diffusione degli stessi possano ledere il diritto fondamentale alla protezione dei dati e la dignità delle persone in senso ampio, ciò che includerebbe anche la semplice volontà della persona interessata che tali dati non siano conosciuti da terzi. L’AEPD ha affermato che tale obbligo può incombere direttamente ai gestori di motori di ricerca, senza che sia necessario cancellare i dati o le informazioni dal sito web in cui questi compaiono, segnatamente quando il mantenimento di tali informazioni nel sito in questione sia giustificato da una norma di legge.

18 Google Spain e Google Inc. hanno proposto due ricorsi separati contro la decisione di cui sopra dinanzi all’Audiencia Nacional, dei quali quest’ultima ha disposto la riunione.

19 Detto giudice chiarisce nella decisione di rinvio che i ricorsi sopra menzionati portano a chiedersi quali obblighi incombano ai gestori di motori di ricerca per la tutela dei dati personali delle persone interessate, le quali non desiderino che alcune informazioni, pubblicate sui siti web di terzi e contenenti loro dati personali che consentono di collegare ad esse dette informazioni, vengano localizzate, indicizzate e messe a disposizione degli utenti di Internet in modo indefinito. La risposta a tale quesito dipenderebbe dal modo in cui la direttiva 95/46 deve essere interpretata nel contesto di queste tecnologie che sono apparse dopo la sua pubblicazione.

20 Alla luce di tali considerazioni, l’Audiencia Nacional ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Per quanto concerne l’ambito territoriale di applicazione della direttiva [95/46] e, di conseguenza, della normativa spagnola sulla protezione dei dati, si chiede:

a) Se debba ritenersi che esista uno “stabilimento” ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva [95/46], qualora ricorrano una o più delle seguenti circostanze:

– l’impresa che gestisce il motore di ricerca apre in uno Stato membro una succursale o una filiale destinata alla promozione e alla vendita degli spazi pubblicitari proposti dal motore di ricerca e l’attività della quale si dirige agli abitanti di tale Stato;

o

– la società madre designa una filiale situata in tale Stato membro come suo rappresentante e responsabile del trattamento di due file specifici contenenti i dati dei clienti che hanno stipulato contratti con detta società per la fornitura di servizi pubblicitari;

o

– la succursale o la filiale stabilita in uno Stato membro trasmette alla società madre, avente sede al di fuori dell’Unione europea, i reclami e le ingiunzioni che le vengono presentati tanto dalle persone interessate quanto dalle autorità competenti perché sia rispettato il diritto alla protezione dei dati, anche quando tale collaborazione abbia carattere volontario.

b) Se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), della direttiva [95/46] debba essere interpretato nel senso che si configura un “ricorso a strumenti situati nel territorio di detto Stato membro” qualora un motore di ricerca:

– utilizzi dei “web spiders” o dei crawler per localizzare e indicizzare le informazioni contenute in pagine web alloggiate su server situati in tale Stato membro

o

– utilizzi un nome di dominio proprio di uno Stato membro e indirizzi le ricerche e i risultati in funzione della lingua di tale Stato membro.

c) Se possa considerarsi come un ricorso a strumenti, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), della direttiva [95/46], la memorizzazione temporanea delle informazioni indicizzate dai motori di ricerca su Internet. In caso di risposta affermativa a quest’ultimo quesito, se si possa ritenere soddisfatto tale criterio di collegamento quando l’impresa si rifiuti di rivelare il luogo in cui archivia detti indici, adducendo ragioni di concorrenza.

d) A prescindere dalla risposta ai precedenti quesiti, e specialmente nel caso in cui la Corte ritenesse inapplicabili i criteri di collegamento previsti dall’articolo 4 della direttiva [95/46]:

Se, alla luce dell’articolo 8 della [*****], la direttiva [95/46] debba essere applicata nello Stato membro nel quale si trova il centro di gravità del conflitto e nel quale è possibile ottenere una tutela più efficace dei diritti dei cittadini dell’Unione (…).

2) Per quanto concerne l’attività dei motori di ricerca quali fornitori di contenuti in relazione alla direttiva [95/46], si chiede:

a) Riguardo all’attività [di Google Search] quale fornitore di contenuti, consistente nel localizzare le informazioni pubblicate o messe in rete da terzi, nell’indicizzarle in maniera automatica, nel memorizzarle temporaneamente e infine nel metterle a disposizione degli utenti di Internet secondo un determinato ordine di preferenza, qualora tali informazioni contengano dati personali di terzi:

Se un’attività come quella descritta debba considerarsi rientrante nella nozione di “trattamento di dati” ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva [95/46].

b) In caso di risposta affermativa al quesito precedente, e sempre con riferimento ad un’attività come quella sopra descritta:

Se l’articolo 2, lettera d), della direttiva [95/46] debba essere interpretato nel senso che la società che gestisce [Google Search] deve essere considerata “responsabile del trattamento” dei dati personali contenuti nelle pagine web da essa indicizzate.

c) In caso di risposta affermativa al quesito precedente:

Se l’[AEPD], al fine di tutelare i diritti enunciati agli articoli 12, lettera b), e 14, [primo comma,] lettera a), della direttiva [95/46], possa ordinare direttamente [a Google Search] di rimuovere dai propri indici un’informazione pubblicata da terzi, senza rivolgersi previamente o simultaneamente al titolare della pagina web in cui è inserita tale informazione.

d) In caso di risposta affermativa al quesito precedente:

Se i motori di ricerca siano sollevati dall’obbligo di rispettare i diritti di cui sopra qualora l’informazione contenente i dati personali sia stata lecitamente pubblicata da terzi e rimanga sulla pagina web di origine.

3) Per quanto concerne la portata del diritto di cancellazione e/o opposizione al trattamento di dati in relazione al diritto all’oblio, si chiede:

Se si debba ritenere che i diritti di cancellazione e congelamento dei dati, disciplinati dall’articolo 12, lettera b), e il diritto di opposizione al loro trattamento, regolato dall’articolo 14, [primo comma,] lettera a), della direttiva [95/46], implichino che l’interessato può rivolgersi ai motori di ricerca per impedire l’indicizzazione delle informazioni riguardanti la sua persona pubblicate su pagine web di terzi, facendo valere la propria volontà che tali informazioni non siano conosciute dagli utenti di Internet, ove egli reputi che la loro divulgazione possa arrecargli pregiudizio o desideri che tali informazioni siano dimenticate, anche quando si tratti di informazioni pubblicate da terzi lecitamente».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla seconda questione, lettere a) e b), concernente l’ambito di applicazione materiale della direttiva 95/46

21 Con la sua seconda questione, lettere a) e b), da esaminarsi per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, lettera b), della direttiva 95/46 debba essere interpretato nel senso che l’attività di un motore di ricerca quale fornitore di contenuti, consistente nel trovare informazioni pubblicate o inserite da terzi su Internet, nell’indicizzarle in modo automatico, nel memorizzarle temporaneamente e, infine, nel metterle a disposizione degli utenti di Internet secondo un determinato ordine di preferenza, deve essere qualificata come «trattamento di dati personali», ai sensi della disposizione suddetta, qualora tali informazioni contengano dati personali. In caso di risposta affermativa, il giudice del rinvio desidera inoltre sapere se il citato articolo 2, lettera d), debba essere interpretato nel senso che il gestore di un motore di ricerca deve essere considerato come il «responsabile» del suddetto trattamento di dati personali, ai sensi di quest’ultima disposizione.

22 Secondo Google Spain e Google Inc., l’attività dei motori di ricerca non può essere considerata quale trattamento dei dati che appaiono sulle pagine web di terzi visualizzate nell’elenco dei risultati della ricerca, dato che detti motori di ricerca trattano le informazioni accessibili su Internet nel loro insieme senza operare una selezione tra i dati personali e le altre informazioni. Inoltre, anche supponendo che tale attività debba essere qualificata come «trattamento di dati», il gestore di un motore di ricerca non può essere considerato come «responsabile» di tale trattamento, dal momento che egli non ha conoscenza dei dati in questione e non esercita alcun controllo su di essi.

23 Per contro, il sig. Costeja González, i governi spagnolo, italiano, austriaco e polacco, nonché la Commissione europea, ritengono che l’attività suddetta implichi all’evidenza un «trattamento di dati» nel senso di cui alla direttiva 95/46, il quale si distingue dal trattamento di dati ad opera degli editori di siti web e persegue obiettivi diversi rispetto a quelli di quest’ultimo. Il gestore di un motore di ricerca sarebbe «responsabile» del trattamento dei dati da questo effettuato, essendo detto gestore a determinare le finalità e gli strumenti di tale trattamento.

24 Secondo il governo ellenico, l’attività in questione costituisce un «trattamento» siffatto, ma poiché i motori di ricerca fungono da semplici intermediari, le imprese che li gestiscono non possono essere considerate «responsabili», ad eccezione del caso in cui esse memorizzino dei dati in una «memoria intermedia» o una «memoria cache» per un periodo di tempo superiore a quanto tecnicamente necessario.

25 A questo proposito occorre rilevare come l’articolo 2, lettera b), della direttiva 95/46 definisca il «trattamento di dati personali» come «qualsiasi operazione o insieme di operazioni compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, l’elaborazione o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’impiego, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, nonché il congelamento, la cancellazione o la distruzione».

26 Per quanto riguarda in particolare Internet, la Corte ha già avuto modo di constatare che l’operazione consistente nel far comparire su una pagina Internet dati personali va considerata come un «trattamento» siffatto ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 95/46 (v. sentenza Lindqvist, C 101/01, EU:C:2003:596, punto 25).

27 Per quanto concerne l’attività in esame nel procedimento principale, non è contestato che tra i dati trovati, indicizzati, memorizzati dai motori di ricerca e messi a disposizione degli utilizzatori di questi ultimi sono presenti anche informazioni riguardanti persone fisiche identificate o identificabili, e dunque «dati personali» ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva citata.

28 Pertanto, occorre constatare che, esplorando Internet in modo automatizzato, costante e sistematico alla ricerca delle informazioni ivi pubblicate, il gestore di un motore di ricerca «raccoglie» dati siffatti, che egli «estrae», «registra» e «organizza» successivamente nell’ambito dei suoi programmi di indicizzazione, «conserva» nei suoi server e, eventualmente, «comunica» e «mette a disposizione» dei propri utenti sotto forma di elenchi dei risultati delle loro ricerche. Poiché tali operazioni sono contemplate in maniera esplicita e incondizionata all’articolo 2, lettera b), della direttiva 95/46, esse devono essere qualificate come «trattamento» ai sensi di tale disposizione, senza che rilevi il fatto che il gestore del motore di ricerca applichi le medesime operazioni anche ad altri tipi di informazioni e non distingua tra queste e i dati personali.

29 La constatazione di cui sopra non viene invalidata neppure dal fatto che tali dati abbiano già costituito l’oggetto di una pubblicazione su Internet e non vengano modificati dal suddetto motore di ricerca.

30 Infatti, la Corte ha già constatato che le operazioni contemplate dall’articolo 2, lettera b), della direttiva 95/46 devono essere considerate come un trattamento siffatto anche nell’ipotesi in cui riguardino esclusivamente informazioni già pubblicate tali e quali nei media. La Corte ha infatti rilevato, a questo proposito, che una deroga generale all’applicazione della direttiva 95/46 in un’ipotesi siffatta priverebbe in larga parte del suo significato tale direttiva (v., in tal senso, sentenza Satakunnan Markkinapörssi e Satamedia, C 73/07, EU:C:2008:727, punti 48 e 49).

31 Inoltre, discende dalla definizione contenuta nell’articolo 2, lettera b), della direttiva 95/46 che, se indubbiamente la modificazione di dati personali costituisce un trattamento ai sensi della direttiva stessa, le altre operazioni menzionate in tale disposizione non esigono affatto, invece, che i dati suddetti vengano modificati.

32 Quanto alla questione se il gestore di un motore di ricerca debba o no essere considerato come il «responsabile del trattamento» dei dati personali effettuato da tale motore nell’ambito di un’attività come quella oggetto del procedimento principale, occorre ricordare che l’articolo 2, lettera d), della direttiva 95/46 definisce detto responsabile come «la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o qualsiasi altro organismo che, da solo o insieme ad altri, determina le finalità e gli strumenti del trattamento di dati personali».

33 Orbene, è il gestore del motore di ricerca a determinare le finalità e gli strumenti di tale attività e dunque del trattamento di dati personali che egli stesso effettua nell’ambito dell’attività medesima, ed è di conseguenza lui a dover essere considerato come il «responsabile» di tale trattamento a norma del citato articolo 2, lettera d).

34 Inoltre, occorre constatare che sarebbe contrario non soltanto al chiaro tenore letterale di tale disposizione, ma anche alla sua finalità – consistente nel garantire, mediante un’ampia definizione della nozione di «responsabile», una tutela efficace e completa delle persone interessate – il fatto di escludere dalla nozione di cui sopra il gestore di un motore di ricerca per il motivo che egli non esercita alcun controllo sui dati personali pubblicati sulle pagine web di terzi.

35 A questo proposito, occorre sottolineare che il trattamento di dati personali effettuato nell’ambito dell’attività di un motore di ricerca si distingue da e si aggiunge a quello effettuato dagli editori di siti web, consistente nel far apparire tali dati su una pagina Internet.

36 Inoltre, è pacifico che tale attività dei motori di ricerca svolge un ruolo decisivo nella diffusione globale dei dati suddetti, in quanto rende accessibili questi ultimi a qualsiasi utente di Internet che effettui una ricerca a partire dal nome della persona interessata, anche a quegli utenti che non avrebbero altrimenti trovato la pagina web su cui questi stessi dati sono pubblicati.

37 Per di più, l’organizzazione e l’aggregazione delle informazioni pubblicate su Internet, realizzate dai motori di ricerca allo scopo di facilitare ai loro utenti l’accesso a dette informazioni, possono avere come effetto che tali utenti, quando la loro ricerca viene effettuata a partire dal nome di una persona fisica, ottengono attraverso l’elenco di risultati una visione complessiva strutturata delle informazioni relative a questa persona reperibili su Internet, che consente loro di stabilire un profilo più o meno dettagliato di quest’ultima.

38 Pertanto, nella misura in cui l’attività di un motore di ricerca può incidere, in modo significativo e in aggiunta all’attività degli editori di siti web, sui diritti fondamentali alla vita privata e alla protezione dei dati personali, il gestore di tale motore di ricerca quale soggetto che determina le finalità e gli strumenti di questa attività deve assicurare, nell’ambito delle sue responsabilità, delle sue competenze e delle sue possibilità, che detta attività soddisfi le prescrizioni della direttiva 95/46, affinché le garanzie previste da quest’ultima possano sviluppare pienamente i loro effetti e possa essere effettivamente realizzata una tutela efficace e completa delle persone interessate, in particolare del loro diritto al rispetto della loro vita privata.

39 Infine, la circostanza che gli editori di siti web abbiano la facoltà di indicare ai gestori di motori di ricerca, con l’aiuto segnatamente di protocolli di esclusione come «robot.txt» o di codici come «noindex» o «noarchive», il loro desiderio che una determinata informazione, pubblicata sul loro sito, venga esclusa in tutto o in parte dagli indici automatici di detti motori di ricerca, non significa che la mancanza di un’indicazione siffatta da parte di questi editori liberi il gestore di un motore di ricerca dalla sua responsabilità per il trattamento dei dati personali che egli effettua nell’ambito dell’attività del motore stesso.

40 Infatti, tale circostanza non modifica il fatto che le finalità e gli strumenti del citato trattamento sono determinati da detto gestore. Inoltre, anche supponendo che la summenzionata facoltà degli editori di siti web significhi che costoro determinano insieme con il suddetto gestore gli strumenti di tale trattamento, tale circostanza nulla toglierebbe alla responsabilità di quest’ultimo, dato che l’articolo 2, lettera d), della direttiva 95/46 prevede espressamente che tale determinazione possa essere effettuata «da solo o insieme ad altri».

41 Alla luce di quanto sopra esposto, occorre rispondere alla seconda questione, lettere a) e b), dichiarando che l’articolo 2, lettere b) e d), della direttiva 95/46 deve essere interpretato nel senso che, da un lato, l’attività di un motore di ricerca consistente nel trovare informazioni pubblicate o inserite da terzi su Internet, nell’indicizzarle in modo automatico, nel memorizzarle temporaneamente e, infine, nel metterle a disposizione degli utenti di Internet secondo un determinato ordine di preferenza, deve essere qualificata come «trattamento di dati personali», ai sensi del citato articolo 2, lettera b), qualora tali informazioni contengano dati personali, e che, dall’altro lato, il gestore di detto motore di ricerca deve essere considerato come il «responsabile» del trattamento summenzionato, ai sensi dell’articolo 2, lettera d), di cui sopra.

Sulla prima questione, lettere da a) a d), concernente l’ambito di applicazione territoriale della direttiva 95/46

42 Con la sua prima questione, lettere da a) a d), il giudice del rinvio mira a stabilire se sia possibile applicare la normativa nazionale di recepimento della direttiva 95/46 in circostanze quali quelle in esame nel procedimento principale.

43 In tale contesto, il giudice del rinvio ha accertato i seguenti fatti:

– Google Search viene proposto a livello mondiale tramite il sito web «www.google.com». In numerosi Stati esistono versioni locali adattate alla lingua nazionale. La versione in lingua spagnola di Google Search viene proposta tramite il sito web «www.google.es», registrato dal 16 settembre 2003. Google Search è uno dei motori di ricerca più utilizzati in Spagna.

– Google Search è gestito da Google Inc., che è la società madre del gruppo Google e la cui sede sociale si trova negli Stati Uniti.

– Google Search indicizza i siti web del mondo intero, e tra questi i siti ubicati in Spagna. Le informazioni indicizzate dai suoi «web spiders» o dai suoi crawler, ossia programmi informatici utilizzati per reperire e scandagliare il contenuto delle pagine web in modo metodico e automatizzato, vengono memorizzate temporaneamente in server dei quali si ignora lo Stato di ubicazione, informazione questa che viene mantenuta segreta per ragioni di concorrenza.

– Google Search non si limita a dare accesso ai contenuti ospitati sui siti web indicizzati, ma sfrutta tale attività per includere, dietro pagamento, pubblicità associate ai termini di ricerca introdotti dagli utenti di Internet, a beneficio di imprese che desiderano utilizzare tale mezzo per offrire i loro beni o servizi a tali utenti.

– Il gruppo Google utilizza la propria filiale Google Spain per la promozione delle vendite di spazi pubblicitari generati sul sito web «www.google.com». Google Spain, che è stata costituita il 3 settembre 2003 e che gode di personalità giuridica autonoma, ha la propria sede sociale a Madrid (Spagna). Essa sviluppa le proprie attività essenzialmente a destinazione delle imprese basate in Spagna, operando quale agente commerciale del gruppo suddetto in tale Stato membro. Il suo oggetto sociale consiste nel promuovere, facilitare ed effettuare la vendita di prodotti e di servizi di pubblicità online a terzi, nonché il marketing di questa pubblicità.

– Google Inc. ha designato Google Spain come responsabile del trattamento, in Spagna, di due file registrati da Google Inc. presso l’AEPD, tenendo presente che tali file hanno lo scopo di contenere i dati personali dei clienti che hanno concluso contratti di servizi pubblicitari con Google Inc.

44 In concreto, il giudice del rinvio si interroga, in via principale, in merito alla nozione di «stabilimento», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 95/46, e a quella di «ricorso a strumenti situati nel territorio di detto Stato membro», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), della medesima direttiva.

Sulla prima questione, lettera a)

45 Con la sua prima questione, lettera a), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 95/46 debba essere interpretato nel senso che un trattamento di dati personali viene effettuato nel contesto delle attività di uno stabilimento del responsabile di tale trattamento nel territorio di uno Stato membro, ai sensi della disposizione di cui sopra, qualora una o più delle seguenti tre condizioni siano soddisfatte:

– il gestore di un motore di ricerca apre in uno Stato membro una succursale o una filiale destinata alla promozione e alla vendita degli spazi pubblicitari proposti dal motore di ricerca e l’attività della quale si dirige agli abitanti di tale Stato, oppure

– la società madre designa una filiale situata in tale Stato membro come suo rappresentante e responsabile del trattamento di due file specifici contenenti i dati dei clienti che hanno stipulato contratti con detta società per la fornitura di servizi pubblicitari, oppure

– la succursale o la filiale stabilita in uno Stato membro trasmette alla società madre, avente sede al di fuori dell’Unione, i reclami e le ingiunzioni che le vengono presentati tanto dalle persone interessate quanto dalle autorità competenti perché sia rispettato il diritto alla protezione dei dati personali, anche quando tale collaborazione abbia carattere volontario.

46 Per quanto riguarda la prima di queste tre condizioni, il giudice del rinvio rileva che Google Search è gestito e amministrato da Google Inc., e che non è dimostrato che Google Spain realizzi in Spagna un’attività direttamente connessa all’indicizzazione o alla memorizzazione di informazioni o di dati contenuti nei siti web di terzi. Tuttavia, l’attività di promozione e di vendita degli spazi pubblicitari, di cui si occupa Google Spain per la Spagna, costituirebbe la parte essenziale dell’attività commerciale del gruppo Google e potrebbe essere considerata come strettamente connessa a Google Search.

47 Il sig. Costeja González, i governi spagnolo, italiano, austriaco e polacco, nonché la Commissione, ritengono che, tenuto conto del nesso inscindibile tra l’attività del motore di ricerca gestito da Google Inc. e quella di Google Spain, quest’ultima debba essere considerata come uno stabilimento della prima, nel contesto delle cui attività viene effettuato il trattamento di dati personali. Invece, secondo Google Spain, Google Inc. ed il governo ellenico, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 95/46 non trova applicazione nell’ipotesi corrispondente alla prima delle tre condizioni elencate dal giudice del rinvio.

48 A questo proposito occorre anzitutto rilevare che il considerando 19 della direttiva 95/46 precisa che «lo stabilimento nel territorio di uno Stato membro implica l’esercizio effettivo e reale dell’attività mediante un’organizzazione stabile», e «che la forma giuridica di siffatto stabilimento, si tratti di una semplice succursale o di una filiale dotata di personalità giuridica, non è il fattore determinante a questo riguardo».

49 Orbene, non è contestato che Google Spain si dedica all’esercizio effettivo e reale di un’attività mediante un’organizzazione stabile in Spagna. Essendo inoltre dotata di una personalità giuridica propria, detta società costituisce in tal modo una filiale di Google Inc. nel territorio spagnolo e, di conseguenza, uno «stabilimento» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 95/46.

50 Al fine di soddisfare il criterio fissato da questa disposizione, è altresì necessario che il trattamento di dati personali ad opera del responsabile dello stesso venga «effettuato nel contesto delle attività» di uno stabilimento di questo responsabile nel territorio di uno Stato membro.

51 Google Spain e Google Inc. negano che tale situazione sussista nel caso di specie, dal momento che il trattamento di dati personali in esame nel procedimento principale viene effettuato esclusivamente da Google Inc., che gestisce Google Search senza alcun intervento da parte di Google Spain, la cui attività si limita alla fornitura di un sostegno all’attività pubblicitaria del gruppo Google, che si differenzia dal suo servizio di motore di ricerca.

52 Tuttavia, come sottolineato in particolare dal governo spagnolo e dalla Commissione, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 95/46 non esige che il trattamento di dati personali in questione venga effettuato «dallo» stesso stabilimento interessato, bensì soltanto che venga effettuato «nel contesto delle attività» di quest’ultimo.

53 Inoltre, alla luce dell’obiettivo della direttiva 95/46 di garantire una tutela efficace e completa delle libertà e dei diritti fondamentali delle persone fisiche, segnatamente del diritto alla vita privata, con riguardo al trattamento dei dati personali, l’espressione suddetta non può ricevere un’interpretazione restrittiva (v., per analogia, sentenza L’Oréal e a., C 324/09, EU:C:2011:474, punti 62 e 63).

54 In tali circostanze, occorre rilevare che risulta in particolare dai considerando da 18 a 20 e dall’articolo 4 della direttiva 95/46 che il legislatore dell’Unione ha inteso evitare che una persona venga esclusa dalla protezione garantita da tale direttiva e che tale protezione venga elusa, prevedendo a tal fine un ambito di applicazione territoriale particolarmente esteso.

55 Tenuto conto di tale obiettivo della direttiva 95/46 e del tenore letterale del suo articolo 4, paragrafo 1, lettera a), occorre affermare che il trattamento di dati personali realizzato per le esigenze di servizio di un motore di ricerca come Google Search, il quale venga gestito da un’impresa con sede in uno Stato terzo ma avente uno stabilimento in uno Stato membro, viene effettuato «nel contesto delle attività» di tale stabilimento qualora quest’ultimo sia destinato a garantire, in tale Stato membro, la promozione e la vendita degli spazi pubblicitari proposti dal suddetto motore di ricerca, che servono a rendere redditizio il servizio offerto da quest’ultimo.

56 Infatti, in circostanze del genere, le attività del gestore del motore di ricerca e quelle del suo stabilimento situato nello Stato membro interessato sono inscindibilmente connesse, dal momento che le attività relative agli spazi pubblicitari costituiscono il mezzo per rendere il motore di ricerca in questione economicamente redditizio e che tale motore è, al tempo stesso, lo strumento che consente lo svolgimento di dette attività.

57 A questo proposito occorre ricordare che, come si è precisato ai punti da 26 a 28 della presente sentenza, la visualizzazione stessa di dati personali su una pagina di risultati di una ricerca costituisce un trattamento di dati personali. Orbene, poiché la suddetta visualizzazione di risultati è accompagnata, sulla stessa pagina, da quella di pubblicità correlate ai termini di ricerca, è giocoforza constatare che il trattamento di dati personali in questione viene effettuato nel contesto dell’attività pubblicitaria e commerciale dello stabilimento del responsabile del trattamento nel territorio di uno Stato membro, nella fattispecie il territorio spagnolo.

58 Date tali circostanze, non si può accettare che il trattamento di dati personali effettuato per le esigenze del funzionamento del suddetto motore di ricerca venga sottratto agli obblighi e alle garanzie previsti dalla direttiva 95/46, ciò che pregiudicherebbe l’effetto utile di quest’ultima e la tutela efficace e completa delle libertà e dei diritti fondamentali delle persone fisiche che detta direttiva mira a garantire (v., per analogia, sentenza L’Oréal e a., EU:C:2011:474, punti 62 e 63), segnatamente il diritto al rispetto della loro vita privata, con riguardo al trattamento dei dati personali, al quale detta direttiva riconosce un’importanza particolare, come confermato segnatamente dall’articolo 1, paragrafo 1, e dai considerando 2 e 10 della direttiva medesima (v., in tal senso, sentenze Österreichischer Rundfunk e a., C 465/00, C 138/01 e C 139/01, EU:C:2003:294, punto 70; Rijkeboer, C 553/07, EU:C:2009:293, punto 47, nonché IPI, C 473/12, EU:C:2013:715, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata).

59 Dal momento che la prima delle tre condizioni elencate dal giudice del rinvio è sufficiente di per sé sola per concludere che uno stabilimento come Google Spain soddisfa il criterio previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 95/46, non è necessario esaminare le altre due condizioni.

60 Alla luce delle considerazioni di cui sopra, occorre rispondere alla prima questione, lettera a), dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 95/46 deve essere interpretato nel senso che un trattamento di dati personali viene effettuato nel contesto delle attività di uno stabilimento del responsabile di tale trattamento nel territorio di uno Stato membro, ai sensi della disposizione suddetta, qualora il gestore di un motore di ricerca apra in uno Stato membro una succursale o una filiale destinata alla promozione e alla vendita degli spazi pubblicitari proposti da tale motore di ricerca e l’attività della quale si dirige agli abitanti di detto Stato membro.

Sulla prima questione, lettere da b) a d)

61 Tenuto conto della soluzione data alla prima questione, lettera a), non vi è luogo a rispondere alla prima questione, lettere da b) a d).

Sulla seconda questione, lettere c) e d), concernente l’estensione della responsabilità del gestore di un motore di ricerca ai sensi della direttiva 95/46

62 Con la sua seconda questione, lettere c) e d), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46 debbano essere interpretati nel senso che, per rispettare i diritti previsti da tali disposizioni, il gestore di un motore di ricerca è obbligato a sopprimere, dall’elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, dei link verso pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a questa persona, anche nel caso in cui tale nome o tali informazioni non vengano previamente o simultaneamente cancellati dalle pagine web di cui trattasi, e ciò eventualmente anche quando la loro pubblicazione su tali pagine sia di per sé lecita.

63 Google Spain e Google Inc. ritengono che, in virtù del principio di proporzionalità, qualsiasi domanda diretta alla soppressione di informazioni debba essere indirizzata all’editore del sito web interessato, in quanto quest’ultimo è colui che assume la responsabilità di rendere pubbliche le informazioni, che è in grado di valutare la liceità di tale pubblicazione e che dispone dei mezzi più efficaci e meno restrittivi per rendere inaccessibili le informazioni stesse. Inoltre, imporre al gestore di un motore di ricerca di rimuovere dai propri indici informazioni pubblicate su Internet non terrebbe sufficientemente conto dei diritti fondamentali degli editori di siti web, degli altri utenti di Internet, nonché dello stesso gestore.

64 Secondo il governo austriaco, un’autorità di controllo nazionale può ordinare a tale gestore di cancellare dai propri archivi informazioni pubblicate da terzi unicamente nel caso in cui l’illiceità o l’inesattezza dei dati in questione sia stata previamente constatata o la persona interessata abbia presentato con successo un’opposizione dinanzi all’editore del sito web sul quale tali informazioni sono state pubblicate.

65 Il sig. Costeja González, i governi spagnolo, italiano e polacco, nonché la Commissione, ritengono che l’autorità nazionale possa ordinare direttamente al gestore di un motore di ricerca di rimuovere dai propri indici e dalla propria memoria intermedia informazioni contenenti dati personali pubblicati da terzi, senza doversi rivolgere previamente o simultaneamente all’editore della pagina web nella quale compaiono tali informazioni. Oltre a ciò, ad avviso del sig. Costeja González, dei governi spagnolo e italiano nonché della Commissione, la circostanza che le informazioni suddette siano state pubblicate in modo lecito e ancora compaiano sulla pagina web d’origine non incide sugli obblighi incombenti a detto gestore in forza della direttiva 95/46. Invece, per il governo polacco, tale circostanza è idonea a liberare il gestore del motore di ricerca dai propri obblighi.

66 In via preliminare, occorre ricordare che, come risulta dall’articolo 1 e dal considerando 10 della direttiva 95/46, quest’ultima mira a garantire un livello elevato di protezione delle libertà e dei diritti fondamentali delle persone fisiche, in particolare del diritto alla vita privata, con riguardo al trattamento dei dati personali (v., in tal senso, sentenza IPI, EU:C:2013:715, punto 28).

67 A mente del considerando 25 della direttiva 95/46, i principi di tutela previsti da quest’ultima si esprimono, da un lato, nei vari obblighi a carico dei soggetti che trattano dati – obblighi relativi in particolare alla qualità dei dati, alla sicurezza tecnica, alla notificazione all’autorità di controllo, alle circostanze in cui il trattamento può essere effettuato – e, dall’altro, nel diritto delle persone, i cui dati sono oggetto di trattamento, di esserne informate, di poter accedere ai dati e di poterne chiedere la rettifica, o anche di opporsi al trattamento in talune circostanze.

68 La Corte ha già statuito che le disposizioni della direttiva 95/46, disciplinando il trattamento di dati personali che possono arrecare pregiudizio alle libertà fondamentali e, segnatamente, al diritto alla vita privata, devono necessariamente essere interpretate alla luce dei diritti fondamentali che, secondo una costante giurisprudenza, formano parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce l’osservanza e che sono ormai iscritti nella Carta (v., in particolare, sentenze ********/Commissione, C 274/99 P, EU:C:2001:127, punto 37, nonché Österreichischer Rundfunk e a., EU:C:2003:294, punto 68).

69 In tal senso, l’articolo 7 della Carta garantisce il diritto al rispetto della vita privata, mentre l’articolo 8 della Carta proclama espressamente il diritto alla protezione dei dati personali. I paragrafi 2 e 3 di quest’ultimo articolo precisano che i dati suddetti devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge, che ogni persona ha il diritto di accedere ai dati raccolti che la riguardano e di ottenerne la rettifica, e che il rispetto di tali regole è soggetto al controllo di un’autorità indipendente. Tali prescrizioni ricevono attuazione in particolare mediante gli articoli 6, 7, 12, 14 e 28 della direttiva 95/46.

70 Quanto all’articolo 12, lettera b), della direttiva 95/46, esso dispone che gli Stati membri garantiscono a qualsiasi persona interessata il diritto di ottenere dal responsabile del trattamento, a seconda dei casi, la rettifica, la cancellazione o il congelamento dei dati il cui trattamento non sia conforme alle disposizioni di questa direttiva, in particolare a causa del carattere incompleto o inesatto dei dati. Poiché quest’ultima precisazione relativa all’ipotesi del mancato rispetto di talune prescrizioni dettate dall’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 95/46 risulta avere carattere esemplificativo e non esaustivo, ne consegue che la non conformità del trattamento, atta a conferire alla persona interessata il diritto garantito dall’articolo 12, lettera b), di tale direttiva, può derivare anche dal mancato rispetto delle altre condizioni di liceità imposte da quest’ultima al trattamento di dati personali.

71 A questo proposito occorre ricordare che, fatte salve le deroghe ammesse ai sensi dell’articolo 13 della direttiva 95/46, qualsiasi trattamento di dati personali deve, da un lato, essere conforme ai principi relativi alla qualità dei dati, enunciati all’articolo 6 di detta direttiva, e, dall’altro, rispondere ad uno dei principi relativi alla legittimazione dei trattamenti di dati, elencati all’articolo 7 della direttiva stessa (v. sentenze Österreichischer Rundfunk e a., EU:C:2003:294, punto 65; ASNEF e FECEMD, C 468/10 e C 469/10, EU:C:2011:777, punto 26, nonché ******, C 342/12, EU:C:2013:355, punto 33).

72 A mente del citato articolo 6, e fatte salve le disposizioni specifiche che gli Stati membri possono prevedere per trattamenti a scopi storici, statistici o scientifici, spetta al responsabile del trattamento garantire che i dati personali siano «trattati lealmente e lecitamente», che vengano «rilevati per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo non incompatibile con tali finalità», che siano «adeguati, pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali vengono rilevati e/o per le quali vengono successivamente trattati», che siano «esatti e, se necessario, aggiornati» e, infine, che siano «conservati in modo da consentire l’identificazione delle persone interessate per un arco di tempo non superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità per le quali sono rilevati o sono successivamente trattati». In tale contesto, detto responsabile deve prendere tutte le misure ragionevoli affinché i dati che non soddisfano le prescrizioni dettate dalla disposizione suddetta vengano cancellati o rettificati.

73 Quanto alla legittimazione, ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 95/46, di un trattamento come quello oggetto del procedimento principale effettuato dal gestore di un motore di ricerca, esso può ricadere sotto il motivo contemplato dal citato articolo 7, alla lettera f).

74 Tale disposizione consente il trattamento di dati personali allorché questo è necessario per il perseguimento dell’interesse legittimo del responsabile del trattamento oppure del terzo o dei terzi cui vengono comunicati i dati, a condizione che non prevalgano l’interesse o i diritti e le libertà fondamentali della persona interessata – segnatamente il suo diritto al rispetto della sua vita privata con riguardo al trattamento dei dati personali –, i quali richiedono una tutela ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di detta direttiva. L’applicazione del citato articolo 7, lettera f), esige dunque una ponderazione dei contrapposti diritti e interessi in gioco, nell’ambito della quale si deve tener conto dell’importanza dei diritti della persona interessata risultanti dagli articoli 7 e 8 della Carta (v. sentenza ASNEF e FECEMD, EU:C:2011:777, punti 38 e 40).

75 Se dunque la conformità del trattamento di dati agli articoli 6 e 7, lettera f), della direttiva 95/46 può essere verificata nell’ambito di una domanda ai sensi dell’articolo 12, lettera b), di quest’ultima, la persona interessata può inoltre avvalersi, a determinate condizioni, del diritto di opposizione previsto dall’articolo 14, primo comma, lettera a), della medesima direttiva.

76 Ai sensi di tale articolo 14, primo comma, lettera a), gli Stati membri riconoscono alla persona interessata il diritto – almeno nei casi di cui all’articolo 7, lettere e) e f), della citata direttiva – di opporsi in qualsiasi momento, per motivi preminenti e legittimi derivanti dalla sua situazione particolare, al trattamento di dati che la riguardano, salvo disposizione contraria prevista dalla normativa nazionale. La ponderazione da effettuarsi nell’ambito di tale articolo 14, primo comma, lettera a), permette così di tener conto in modo più specifico di tutte le circostanze caratterizzanti la situazione concreta della persona interessata. In caso di opposizione giustificata, il trattamento messo in atto dal responsabile di quest’ultimo non può più riguardare tali dati.

77 Le domande ai sensi degli articoli 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46 possono essere direttamente presentate dalla persona interessata al responsabile del trattamento, il quale deve in tal caso procedere al debito esame della loro fondatezza e, eventualmente, porre fine al trattamento dei dati in questione. Qualora il responsabile del trattamento non dia seguito a tali domande, la persona interessata può adire l’autorità di controllo o l’autorità giudiziaria affinché queste effettuino le verifiche necessarie e ordinino al suddetto responsabile l’adozione di misure precise conseguenti.

78 A questo proposito occorre rilevare che dall’articolo 28, paragrafi 3 e 4, della direttiva 95/46 risulta che qualsiasi persona può presentare a un’autorità di controllo una domanda relativa alla tutela dei suoi diritti e delle sue libertà con riguardo al trattamento di dati personali, e che tale autorità dispone di poteri investigativi e di poteri effettivi di intervento che le consentono di ordinare in particolare il congelamento, la cancellazione o la distruzione di dati, oppure di vietare a titolo provvisorio o definitivo un trattamento.

79 È alla luce di tali considerazioni che occorre interpretare e applicare le disposizioni della direttiva 95/46 disciplinanti i diritti della persona interessata allorché quest’ultima presenta all’autorità di controllo o all’autorità giudiziaria una domanda quale quella oggetto del procedimento a quo.

80 A questo proposito occorre anzitutto rilevare che, come si è constatato ai punti da 36 a 38 della presente sentenza, un trattamento di dati personali, quale quello in esame nel procedimento principale, effettuato dal gestore di un motore di ricerca, può incidere significativamente sui diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, nel caso in cui la ricerca con l’aiuto di tale motore venga effettuata a partire dal nome di una persona fisica, dal momento che detto trattamento consente a qualsiasi utente di Internet di ottenere, mediante l’elenco di risultati, una visione complessiva strutturata delle informazioni relative a questa persona reperibili su Internet, che toccano potenzialmente una moltitudine di aspetti della sua vita privata e che, senza il suddetto motore di ricerca, non avrebbero potuto – o solo difficilmente avrebbero potuto – essere connesse tra loro, e consente dunque di stabilire un profilo più o meno dettagliato di tale persona. Inoltre, l’effetto dell’ingerenza nei suddetti diritti della persona interessata risulta moltiplicato in ragione del ruolo importante che svolgono Internet e i motori di ricerca nella società moderna, i quali conferiscono alle informazioni contenute in un siffatto elenco di risultati carattere ubiquitario (v., in tal senso, sentenza eDate Advertising e a., C 509/09 e C 161/10, EU:C:2011:685, punto 45).

81 Vista la gravità potenziale di tale ingerenza, è giocoforza constatare che quest’ultima non può essere giustificata dal semplice interesse economico del gestore di un siffatto motore di ricerca in questo trattamento di dati. Tuttavia, poiché la soppressione di link dall’elenco di risultati potrebbe, a seconda dell’informazione in questione, avere ripercussioni sul legittimo interesse degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso a quest’ultima, occorre ricercare, in situazioni quali quelle oggetto del procedimento principale, un giusto equilibrio segnatamente tra tale interesse e i diritti fondamentali della persona di cui trattasi derivanti dagli articoli 7 e 8 della Carta. Se indubbiamente i diritti della persona interessata tutelati da tali articoli prevalgono, di norma, anche sul citato interesse degli utenti di Internet, tale equilibrio può nondimeno dipendere, in casi particolari, dalla natura dell’informazione di cui trattasi e dal suo carattere sensibile per la vita privata della persona suddetta, nonché dall’interesse del pubblico a disporre di tale informazione, il quale può variare, in particolare, a seconda del ruolo che tale persona riveste nella vita pubblica.

82 L’autorità di controllo o l’autorità giudiziaria, all’esito della valutazione dei presupposti di applicazione degli articoli 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46, da effettuarsi allorché ricevono una domanda quale quella oggetto del procedimento principale, possono ordinare al suddetto gestore di sopprimere, dall’elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, dei link verso pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a tale persona, senza che un’ingiunzione in tal senso presupponga che tale nome e tali informazioni siano, con il pieno consenso dell’editore o su ingiunzione di una delle autorità sopra menzionate, previamente o simultaneamente cancellati dalla pagina web sulla quale sono stati pubblicati.

83 Infatti, come si è constatato ai punti da 35 a 38 della presente sentenza, poiché il trattamento dei dati effettuato nel contesto dell’attività di un motore di ricerca si distingue da e si aggiunge a quello effettuato dagli editori di siti web e incide ulteriormente sui diritti fondamentali della persona interessata, il gestore di tale motore di ricerca quale responsabile del trattamento in questione deve assicurare, nell’ambito delle sue responsabilità, delle sue competenze e delle sue possibilità, che tale trattamento soddisfi le prescrizioni della direttiva 95/46, affinché le garanzie previste da quest’ultima possano sviluppare pienamente i loro effetti.

84 In proposito occorre rilevare che, tenuto conto della facilità con cui informazioni pubblicate su un sito web possono essere riprodotte su altri siti, nonché del fatto che i responsabili della loro pubblicazione non sempre sono assoggettati alla normativa dell’Unione, non sarebbe possibile realizzare una tutela efficace e completa delle persone interessate nel caso in cui queste dovessero preventivamente o in parallelo ottenere dagli editori di siti web la cancellazione delle informazioni che le riguardano.

85 Inoltre, il trattamento da parte dell’editore di una pagina web, consistente nella pubblicazione di informazioni relative a una persona fisica, può, eventualmente, essere effettuato «esclusivamente a scopi giornalistici» e beneficiare così, a norma dell’articolo 9 della direttiva 95/46, di deroghe alle prescrizioni dettate da quest’ultima, mentre non sembra integrare tale ipotesi il trattamento effettuato dal gestore di un motore di ricerca. Non si può dunque escludere che la persona interessata possa, in determinate circostanze, esercitare i diritti contemplati dagli articoli 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46 contro il suddetto gestore del motore di ricerca, ma non contro l’editore della pagina web.

86 Infine, occorre constatare che non soltanto il motivo giustificante, a norma dell’articolo 7 della direttiva 95/46, la pubblicazione di un dato personale su un sito web non coincide necessariamente con il motivo che si applica all’attività dei motori di ricerca, ma che, anche quando tale coincidenza sussista, il risultato del bilanciamento degli interessi in gioco da effettuarsi ai sensi degli articoli 7, lettera f), e 14, primo comma, lettera a), di detta direttiva può divergere a seconda che si tratti del trattamento effettuato dal gestore di un motore di ricerca o di quello effettuato dall’editore di detta pagina web, in quanto, da un lato, i legittimi interessi che giustificano questi trattamenti possono essere differenti e, dall’altro, le conseguenze che tali trattamenti hanno per la persona interessata, e segnatamente per la sua vita privata, non sono necessariamente le stesse.

87 Infatti, l’inclusione nell’elenco di risultati – che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona – di una pagina web e delle informazioni in essa contenute relative a questa persona, poiché facilita notevolmente l’accessibilità di tali informazioni a qualsiasi utente di Internet che effettui una ricerca sulla persona di cui trattasi e può svolgere un ruolo decisivo per la diffusione di dette informazioni, è idonea a costituire un’ingerenza più rilevante nel diritto fondamentale al rispetto della vita privata della persona interessata che non la pubblicazione da parte dell’editore della suddetta pagina web.

88 Alla luce dell’insieme delle considerazioni sopra esposte, occorre rispondere alla seconda questione, lettere c) e d), dichiarando che gli articoli 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46 devono essere interpretati nel senso che, al fine di rispettare i diritti previsti da tali disposizioni, e sempre che le condizioni da queste fissate siano effettivamente soddisfatte, il gestore di un motore di ricerca è obbligato a sopprimere, dall’elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, dei link verso pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a questa persona, anche nel caso in cui tale nome o tali informazioni non vengano previamente o simultaneamente cancellati dalle pagine web di cui trattasi, e ciò eventualmente anche quando la loro pubblicazione su tali pagine web sia di per sé lecita.

Sulla terza questione, concernente la portata dei diritti della persona interessata garantiti dalla direttiva 95/46

89 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46 debbano essere interpretati nel senso che consentono alla persona interessata di esigere dal gestore di un motore di ricerca che questi sopprima dall’elenco di risultati, che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di questa persona, dei link verso pagine web legittimamente pubblicate da terzi e contenenti informazioni veritiere riguardanti quest’ultima, a motivo del fatto che tali informazioni possono arrecarle pregiudizio o che essa desidera l’«oblio» di queste informazioni dopo un certo tempo.

90 Google Spain, Google Inc., i governi ellenico, austriaco e polacco, nonché la Commissione, ritengono che tale questione esiga una risposta negativa. Google Spain, Google Inc., il governo polacco e la Commissione fanno valere in proposito che gli articoli 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46 conferiscono dei diritti alle persone interessate unicamente a condizione che il trattamento in parola sia incompatibile con la direttiva stessa, oppure in ragione di motivi preminenti e legittimi attinenti alla loro situazione particolare, e non per il semplice fatto che tali persone ritengano che tale trattamento possa arrecare loro pregiudizio o che esse desiderino che i dati costituenti l’oggetto di detto trattamento cadano nell’oblio. I governi ellenico e austriaco reputano che la persona interessata debba rivolgersi all’editore del sito web in questione.

91 Il sig. Costeja González nonché i governi spagnolo e italiano ritengono che la persona interessata possa opporsi all’indicizzazione dei propri dati personali ad opera di un motore di ricerca, qualora la diffusione di tali dati tramite quest’ultimo le arrechi pregiudizio e i diritti fondamentali di questa persona alla protezione dei dati suddetti e al rispetto della vita privata, comprendenti il «diritto all’oblio», prevalgano sui legittimi interessi del gestore del motore di ricerca e sull’interesse generale alla libertà d’informazione.

92 Quanto all’articolo 12, lettera b), della direttiva 95/46, la cui applicazione è subordinata alla condizione che il trattamento di dati personali sia incompatibile con la direttiva stessa, occorre ricordare che, come si è rilevato al punto 72 della presente sentenza, un’incompatibilità siffatta può derivare non soltanto dal fatto che tali dati siano inesatti, ma anche segnatamente dal fatto che essi siano inadeguati, non pertinenti o eccessivi in rapporto alle finalità del trattamento, che non siano aggiornati, oppure che siano conservati per un arco di tempo superiore a quello necessario, a meno che la loro conservazione non si imponga per motivi storici, statistici o scientifici.

93 Da tali prescrizioni, dettate dall’articolo 6, paragrafo 1, lettere da c) a e), della direttiva 95/46, discende che anche un trattamento inizialmente lecito di dati esatti può divenire, con il tempo, incompatibile con la direttiva suddetta qualora tali dati non siano più necessari in rapporto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati. Tale situazione si configura in particolare nel caso in cui i dati risultino inadeguati, non siano o non siano più pertinenti, ovvero siano eccessivi in rapporto alle finalità suddette e al tempo trascorso.

94 Pertanto, nell’ipotesi in cui si constati, in seguito a una domanda della persona interessata ai sensi dell’articolo 12, lettera b), della direttiva 95/46, che l’inclusione nell’elenco di risultati – che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome – dei link verso pagine web, legittimamente pubblicate da terzi e contenenti informazioni veritiere relative alla sua persona, è, allo stato attuale, incompatibile con il citato articolo 6, paragrafo 1, lettere da c) a e), a motivo del fatto che tali informazioni appaiono, alla luce dell’insieme delle circostanze caratterizzanti il caso di specie, inadeguate, non pertinenti o non più pertinenti, ovvero eccessive in rapporto alle finalità del trattamento in questione realizzato dal gestore del motore di ricerca, le informazioni e i link in parola di cui al suddetto elenco di risultati devono essere cancellati.

95 Per quanto riguarda le domande ai sensi del suddetto articolo 12, lettera b), fondate sul presunto mancato rispetto delle condizioni previste dall’articolo 7, lettera f), della direttiva 95/46, nonché le domande a norma dell’articolo 14, primo comma, lettera a), della medesima direttiva, occorre rilevare che ciascun trattamento di dati personali deve essere legittimato in virtù di tale articolo 7 per tutto il tempo in cui viene effettuato.

96 Alla luce di quanto precede, nel valutare domande di questo tipo proposte contro un trattamento di dati quale quello in esame nel procedimento principale, occorre verificare in particolare se l’interessato abbia diritto a che l’informazione riguardante la sua persona non venga più, allo stato attuale, collegata al suo nome da un elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome. In proposito occorre sottolineare che la constatazione di un diritto siffatto non presuppone che l’inclusione dell’informazione in questione nell’elenco di risultati arrechi un pregiudizio all’interessato.

97 Dato che l’interessato può, sulla scorta dei suoi diritti fondamentali derivanti dagli articoli 7 e 8 della Carta, chiedere che l’informazione in questione non venga più messa a disposizione del grande pubblico mediante la sua inclusione in un siffatto elenco di risultati, occorre considerare – come risulta in particolare dal punto 81 della presente sentenza – che i diritti fondamentali di cui sopra prevalgono, in linea di principio, non soltanto sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse di tale pubblico a trovare l’informazione suddetta in occasione di una ricerca concernente il nome di questa persona. Tuttavia, così non sarebbe qualora risultasse, per ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, che l’ingerenza nei suoi diritti fondamentali è giustificata dall’interesse preponderante del pubblico suddetto ad avere accesso, mediante l’inclusione summenzionata, all’informazione di cui trattasi.

98 Relativamente ad una situazione come quella in esame nel procedimento principale, che riguarda la visualizzazione – nell’elenco di risultati che l’utente di Internet ottiene effettuando una ricerca a partire dal nome della persona interessata con l’aiuto di Google Search – di link verso pagine degli archivi online di un quotidiano, contenenti annunci che menzionano il nome di tale persona e si riferiscono ad un’asta immobiliare legata ad un pignoramento effettuato per la riscossione coattiva di crediti previdenziali, occorre affermare che, tenuto conto del carattere sensibile delle informazioni contenute in tali annunci per la vita privata di detta persona, nonché del fatto che la loro pubblicazione iniziale era stata effettuata 16 anni prima, la persona interessata vanta un diritto a che tali informazioni non siano più collegate al suo nome attraverso un elenco siffatto. Pertanto, dal momento che nella fattispecie non sembrano sussistere ragioni particolari giustificanti un interesse preponderante del pubblico ad avere accesso, nel contesto di una ricerca siffatta, a dette informazioni – aspetto questo che spetta però al giudice del rinvio verificare –, la persona interessata può esigere, a norma degli articoli 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46, la soppressione dei link suddetti da tale elenco di risultati.

99 Dalle suesposte considerazioni discende che occorre rispondere alla terza questione dichiarando che gli articoli 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46 devono essere interpretati nel senso che, nel valutare i presupposti di applicazione di tali disposizioni, si deve verificare in particolare se l’interessato abbia diritto a che l’informazione in questione riguardante la sua persona non venga più, allo stato attuale, collegata al suo nome da un elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome, senza per questo che la constatazione di un diritto siffatto presupponga che l’inclusione dell’informazione in questione in tale elenco arrechi un pregiudizio a detto interessato. Dato che l’interessato può, sulla scorta dei suoi diritti fondamentali derivanti dagli articoli 7 e 8 della Carta, chiedere che l’informazione in questione non venga più messa a disposizione del grande pubblico in virtù della sua inclusione in un siffatto elenco di risultati, i diritti fondamentali di cui sopra prevalgono, in linea di principio, non soltanto sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse di tale pubblico ad accedere all’informazione suddetta in occasione di una ricerca concernente il nome di questa persona. Tuttavia, così non sarebbe qualora risultasse, per ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, che l’ingerenza nei suoi diritti fondamentali è giustificata dall’interesse preponderante del pubblico suddetto ad avere accesso, in virtù dell’inclusione summenzionata, all’informazione di cui trattasi.

Sulle spese

100 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1) L’articolo 2, lettere b) e d), della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, deve essere interpretato nel senso che, da un lato, l’attività di un motore di ricerca consistente nel trovare informazioni pubblicate o inserite da terzi su Internet, nell’indicizzarle in modo automatico, nel memorizzarle temporaneamente e, infine, nel metterle a disposizione degli utenti di Internet secondo un determinato ordine di preferenza, deve essere qualificata come «trattamento di dati personali», ai sensi del citato articolo 2, lettera b), qualora tali informazioni contengano dati personali, e che, dall’altro lato, il gestore di detto motore di ricerca deve essere considerato come il «responsabile» del trattamento summenzionato, ai sensi dell’articolo 2, lettera d), di cui sopra.

2) L’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 95/46 deve essere interpretato nel senso che un trattamento di dati personali viene effettuato nel contesto delle attività di uno stabilimento del responsabile di tale trattamento nel territorio di uno Stato membro, ai sensi della disposizione suddetta, qualora il gestore di un motore di ricerca apra in uno Stato membro una succursale o una filiale destinata alla promozione e alla vendita degli spazi pubblicitari proposti da tale motore di ricerca e l’attività della quale si dirige agli abitanti di detto Stato membro.

3) Gli articoli 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46 devono essere interpretati nel senso che, al fine di rispettare i diritti previsti da tali disposizioni, e sempre che le condizioni da queste fissate siano effettivamente soddisfatte, il gestore di un motore di ricerca è obbligato a sopprimere, dall’elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, dei link verso pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a questa persona, anche nel caso in cui tale nome o tali informazioni non vengano previamente o simultaneamente cancellati dalle pagine web di cui trattasi, e ciò eventualmente anche quando la loro pubblicazione su tali pagine web sia di per sé lecita.

4) Gli articoli 12, lettera b), e 14, primo comma, lettera a), della direttiva 95/46 devono essere interpretati nel senso che, nel valutare i presupposti di applicazione di tali disposizioni, si deve verificare in particolare se l’interessato abbia diritto a che l’informazione in questione riguardante la sua persona non venga più, allo stato attuale, collegata al suo nome da un elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome, senza per questo che la constatazione di un diritto siffatto presupponga che l’inclusione dell’informazione in questione in tale elenco arrechi un pregiudizio a detto interessato. Dato che l’interessato può, sulla scorta dei suoi diritti fondamentali derivanti dagli articoli 7 e 8 della Carta, chiedere che l’informazione in questione non venga più messa a disposizione del grande pubblico in virtù della sua inclusione in un siffatto elenco di risultati, i diritti fondamentali di cui sopra prevalgono, in linea di principio, non soltanto sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse di tale pubblico ad accedere all’informazione suddetta in occasione di una ricerca concernente il nome di questa persona. Tuttavia, così non sarebbe qualora risultasse, per ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, che l’ingerenza nei suoi diritti fondamentali è giustificata dall’interesse preponderante del pubblico suddetto ad avere accesso, in virtù dell’inclusione summenzionata, all’informazione di cui trattasi.

 

***

 

Con il commento di *******************

 

La Corte di Giustizia interviene su una questione delicatissima attinente i diritti della personalità affidando il bilanciamento di interessi parimenti meritevoli al motore di ricerca.

Pur a fronte della autorevolezza della decisione ci si dimentica che esiste la Proposta della Commissione per un regolamento generale sulla protezione dei dati che prevede, all’articolo 17, un diritto all’oblio; regolamento che una volta approvato sarà applicabile e immediatamente efficace per tutti gli stati membri.

La decisione francamente non condivisibile peraltro non va nel senso della proposta che, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, afferma che «[q]uando ha reso pubblici dati personali, il responsabile del trattamento (…) prende tutte le misure ragionevoli (…) in relazione ai dati della cui pubblicazione è responsabile per informare i terzi che stanno trattando tali dati della richiesta dell’interessato di cancellare qualsiasi link, copia o riproduzione dei suoi dati personali».

La  formulazione sembra considerare i fornitori di servizi di motore di ricerca in Internet non come responsabili del trattamento in quanto tali, ma come terzi. La Corte vorrebbe che questi soggetti “terzi”, i motori di ricerca, debbano dipanare la difficile questione del bilanciamento degli interessi, fra il diritto di informare ed essere informati, ed il diritto all’oblio.

E’ opportuno brevemente riassumere il caso.

All’inizio del 1998, un giornale ad ampia diffusione in Spagna ha pubblicato nell’edizione cartacea due annunci riguardanti un’asta immobiliare collegata ad un procedimento esecutivo derivante da debiti contratti con il sistema previdenziale. Una persona era menzionata quale proprietaria degli immobili. Successivamente, l’editore aveva pubblicato la versione elettronica del giornale.

Nel novembre 2009 la persona interessata ha contattato l’editore del giornale facendo valere che, inserendo il suo nome e cognome nel motore di ricerca Google, compariva un riferimento che rinviava alle pagine del giornale contenenti quegli annunci. Affermava che il procedimento si era concluso e risolto da vari anni e che attualmente era irrilevante. L’editore ribatteva che non era appropriato eliminare i dati che riguardavano l’interessato, in quanto la pubblicazione era stata fatta per ordine del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale spagnolo.

Nel febbraio 2010 la persona in questione ha contattato Google Spain e ha chiesto che, in caso di inserimento del suo nome e cognome nel motore di ricerca Google, i risultati della ricerca non mostrassero i link verso il giornale. Google Spain ha inoltrato la richiesta a Google Inc., la cui sede sociale è in California (Stati Uniti), considerando che quest’ultima fosse l’impresa fornitrice del servizio di ricerca Internet.

Successivamente, l’interessato ha presentato reclamo alla Agencia Española de Protección de Datos (Autorità spagnola per la protezione dei dati, «AEPD») contro l’editore e Google. Con decisione del 30 luglio 2010 il direttore della AEPD ha accolto il reclamo contro Google Spain e Google Inc., ingiungendo loro di ritirare i dati dal loro indice e di rendere impossibile in futuro l’accesso agli stessi. Il reclamo contro l’editore è stato invece respinto, in quanto la pubblicazione sulla stampa era legalmente giustificata. Google Inc. e Google Spain hanno allora proposto impugnazione dinanzi alla Audiencia Nacional (Alta Corte nazionale, ******), chiedendo l’annullamento della decisione della AEPD. In tale contesto i giudici spagnoli hanno sottoposto una serie di questioni alla Corte di giustizia

Dalla lettura della sentenza emergono alcuni dubbi.

Un fornitore di servizi di motore di ricerca su Internet, il cui motore di ricerca localizza informazioni pubblicate o immesse in Internet da terzi, le indicizza in modo automatico, le archivia temporaneamente e infine le mette a disposizione degli utenti di Internet secondo un determinato ordine di preferenza, «tratta» dati personali ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 95/46 quando tali informazioni contengono dati personali.

Tuttavia, il fornitore di servizi di motore di ricerca su Internet non può essere considerato «responsabile del trattamento» di tali dati personali ai sensi dell’articolo 2, lettera d), della direttiva 95/46, fatta eccezione per i contenuti dell’indice del suo motore di ricerca, sempre che il fornitore di servizi non indicizzi o archivi dati personali contro le istruzioni o le richieste dell’editore della pagina web.

Dato che l’interessato può, sulla scorta dei suoi diritti fondamentali derivanti dagli articoli 7 e 8 della Carta, chiedere che l’informazione in questione non venga più messa a disposizione del grande pubblico mediante la sua inclusione in un siffatto elenco di risultati, occorre considerare – come risulta in particolare dal punto 81 della presente sentenza – che i diritti fondamentali di cui sopra prevalgono, in linea di principio, non soltanto sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse di tale pubblico a trovare l’informazione suddetta in occasione di una ricerca concernente il nome di questa persona. Tuttavia, così non sarebbe qualora risultasse, per ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, che l’ingerenza nei suoi diritti fondamentali è giustificata dall’interesse preponderante del pubblico suddetto ad avere accesso, mediante l’inclusione summenzionata, all’informazione di cui trattasi. La tesi della Corte sembra provare troppo, in quanto gli obblighi imposti al responsabile del trattamento si basano sull’idea della responsabilità del responsabile del trattamento riguardo ai dati personali trattati, nel senso che il responsabile del trattamento è consapevole dell’esistenza di una categoria definita di informazioni che corrispondono a dati personali e intende trattare, avendone la possibilità, tali informazioni proprio in quanto dati personali.

Il fornitore di servizi di motore di ricerca su Internet non ha alcun rapporto con il contenuto delle pagine web source di terzi su Internet in cui possono comparire dati personali. Inoltre, dato che il motore di ricerca lavora sulla base di copie di pagine web source che il crawler ha estratto e copiato, il fornitore di servizi non ha mezzi per cambiare le informazioni sui server host. Fornire uno strumento di localizzazione di informazioni non implica alcun controllo sul contenuto. Né tale attività mette il fornitore di servizi di motore di ricerca su Internet in condizione di distinguere tra i dati personali ai sensi della direttiva, ossia i dati che si riferiscono ad una persona fisica identificata e identificabile, e gli altri dati. Concludendo sarebbe stato opportuno  ritenere che, in virtù del principio di proporzionalità, qualsiasi domanda diretta alla soppressione di informazioni debba essere indirizzata all’editore del sito web interessato, in quanto quest’ultimo è colui che assume la responsabilità di rendere pubbliche le informazioni, che è in grado di valutare la liceità di tale pubblicazione e che dispone dei mezzi più efficaci e meno restrittivi per rendere inaccessibili le informazioni stesse. Inoltre, imporre al gestore di un motore di ricerca di rimuovere dai propri indici informazioni pubblicate su Internet non terrebbe sufficientemente conto dei diritti fondamentali degli editori di siti web, degli altri utenti di Internet, nonché dello stesso gestore.

Al soggetto che neutralmente assume le informazioni, la Corte chiede di divenire parte, e scegliere quale diritto privilegiare, anzi chiedendo a monte di strizzare l’occhio al diritto all’oblio.

Oltre alla Proposta della Commissione per un regolamento generale sulla protezione dei dati che va verso una altra direzione della analizzata sentenza occorre ricordare che il Gruppo di lavoro Articolo 29 osserva giustamente che «[i]l concetto di responsabile del trattamento è funzionale, finalizzato cioè all’attribuzione di responsabilità laddove intervenga un’influenza effettiva: si basa quindi su un’analisi fattuale piuttosto che formale». Il Gruppo prosegue affermando che «il responsabile del trattamento de[ve] determinare quali dati debbano essere trattati per la finalità o le finalità previste». Le disposizioni sostanziali della direttiva, più in particolare gli articoli 6, 7 e 8, si basano sulla premessa che il responsabile del trattamento sappia quel che fa riguardo ai dati personali considerati, nel senso che è consapevole di quale tipo di dati personali sta trattando e perché. In altri termini, il trattamento dei dati deve apparirgli come un trattamento di dati personali, ossia «informazion[i] concernent[i] una persona fisica identificata o identificabile» in una maniera semanticamente rilevante, e non un semplice codice informatico. È questo il motivo per cui è da considerarsi adeguato l’approccio del Gruppo di lavoro Articolo 29, in quanto esso tenta di tracciare una linea tra le funzioni interamente passive e di intermediazione dei motori di ricerca e le situazioni in cui la loro attività rappresenti un effettivo controllo sui dati personali trattati.

Mariangela Claudia Calciano

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