Le SU sulla responsabilità del magistrato: i rinvii anche eccessivi non sono scarso rendimento

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Con una recente sentenza (n.1516/2014), le Sezioni Unite della Cassazione hanno confermato l’assoluzione di sei giudici, decisa dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, dall’accusa di scarso rendimento. Vediamo in dettaglio le motivazione della Corte.

L’accusa era stata formulata dal procuratore generale presso la Cassazione per gli innumerevoli episodi in cui i giudici si erano mostrati “apparentemente” poco diligenti ad adempiere i rispettivi doveri professionali. Tali episodi consistevano in rinvii, spesso di diversi anni (in alcuni casi si arrivava a punte di sei o sette anni), della decisione di numerose cause, “benché sarebbe stato possibile la definizione in termini  più brevi in relazione ai carichi di lavoro, all’adeguatezza dei mezzi disponibili e alla materia delle controversie”. La condotta appariva ancor più riprovevole se confrontata con l’attività di altri colleghi che definivano un numero di cause di gran lunga superiore nell’arco dell’anno.

Per la Cassazione si tratta, tuttavia, di contestazioni troppo generiche. L’accusa infatti non aveva contestato il metodo di lavoro dei giudici, suscettibile di portare ad un eccessivo allungamento dei tempi della definizione delle liti. Il criterio che veniva utilizzato era del tutto formale, riferito alla “quantità” piuttosto che alla “qualità” dei processi decisi.

Il Supremo Collegio ha, in questo modo, dichiarato di non poter definire la diligenza e la laboriosità del magistrato sulla base del numero dei processi o su qualsiasi altro parametro quantitativo, non potendo operare un confronto con l’attività di colleghi, data la diversa complessità e la unicità di ogni questione che viene sottoposta la vaglio dell’Autorità giudiziaria.

Ben può un giudice fissare le udienze non esclusivamente in base all’ordine di iscrizione al ruolo ma anche “in base alla loro difficoltà, all’urgenza legata ad alcune vicende specifiche o alle caratteristiche del procedimento”. Di conseguenza, i rinvii anche di diversi anni non rappresentano una violazione del dovere di laboriosità se la dilazione non appaia palesemente incongrua in relazione ai carichi di lavoro e alla difficoltà dei processi.

Ciò non di meno, come ha avuto modo di precisare la Corte motivando la sentenza, “meriterebbe censura qualsiasi atteggiamento volto ad aumentare il da farsi in un più lontano futuro al precipuo scopo di alleggerire l’impegno più vicino nel tempo, come tale più probabilmente destinato ad essere adempiuto dalla stessa persona fisica del magistrato che il rinvio dispone”.

 

Lorenzo Pispero

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