Anticorruzione, allarme costruttivo Anac con il rapporto 2013

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Fortemente negativo, ma nel segno della speranza, il primo Rapporto informativo dell’Autorità Nazionale Anticorruzione ad un anno dalla Legge 190/2012.

Forse qualcuno credeva che le critiche al nostro livello di protezione anticorruzione potessero arrivare solo dai detrattori “stranieri” …. per chi non lo sapesse, nelle classifiche internazionali l’Italia è piazzata al 69° posto, di certo meglio del 77° posto della Bulgaria, ma orgogliosamente indietro al 67° posto del Montenegro!

O, forse, qualcun altro riteneva che per dimostrare di volere combattere la corruzione e l’illegalità all’interno della Pubblica Amministrazione bastasse sfornare leggi e provvedimenti normativi.

A questi “ingenui” l’Autorità Nazionale Anticorruzione – tra le poche strutture istituzionali che stanno funzionando veramente bene nella riforma anticorruzione avviata dalla Legge 190/2012 – ha dato una sonora bacchettata sulle mani!

Non è la prima. Si ricordi infatti – lo scorso anno – il sonoro ceffone dato al Legislatore, dalla Corte di Cassazione, in occasione della Relazione sulla Legge Severino.  Durissima, allora, la Suprema Corte, soprattutto su quella che era stata presentata come la grande ed importante novità anticorruzione, ossia l’introduzione del reato di “corruzione tra privati” ( https://www.leggioggi.it/2012/11/18/anticorruzione-la-cassazione-boccia-la-legge-il-testo-della-relazione/)

Ma non è neanche la seconda. Basti pensare che il 25 luglio 2013, mentre il Parlamento si apprestata a convertire in legge il cd. Decreto del fare 69/2013 – attraverso cui era stata inspiegabilmente soppressa la funzione consultiva dell’ANAC in materia di inconferibilità e incompatibilità, nonché disposto un immotivato regime transitorio ad hoc per centinaia e centinaia di soggetti incompatibili – l’Autorità Nazionale Anticorruzione comunicava sul proprio sito, senza neanche troppi peli sulla lingua: «la Commissione ha manifestato al Presidente del Consiglio, alla Presidente della Camera dei deputati e ai Presidenti dei gruppi parlamentari la propria profonda preoccupazione per le prospettate modifiche normative che rappresentano un vulnus all’esercizio in autonomia e indipendenza delle funzioni attribuite dalla legge 190/2012, che ha individuato nella Civit l’Autorità nazionale anticorruzione, in attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite in materia di lotta alla corruzione e della Convenzione di Strasburgo, proprio in quanto Autorità indipendente».

 

Oggi viene pubblicato il primo Rapporto Ufficiale dell’ANAC: bilancio inequivocabilmente negativo che mette a nudo la quasi generale inottemperanza alla legislazione anticorruzione.

Stilettate secche, chiare e di straordinario significato socio-giuridico, seppur vestite con l’elegante garbo formale  che si impone ad un organo di Stato.

Ne riportiamo, in integrale, alcune:

–       «Appare particolarmente problematica la constatazione che il livello politico, attore fondamentale nelle politiche di prevenzione e contrasto alla corruzione, non abbia mostrato, ai diversi livelli, particolare determinazione e impegno. Significativo al riguardo è il fatto che, nonostante i reiterati solleciti dell’Autorità, al 28 novembre 2013 non tutti i ministeri abbiano nominato il Responsabile della Prevenzione della Corruzione (RPC) e che ritardi analoghi siano presenti a livello di enti nazionali e territoriali»;

–            «un insieme eterogeneo di soggetti, con interpretazioni ‘mirate’ e poco sistematiche della normativa, invoca presunte specificità per cercare di eludere l’applicazione della legge»;

–            «è stata rilevata la scarsa attenzione delle amministrazioni alle problematiche dell’integrità, ad eccezione di casi isolati di applicazione dell’analisi del rischi»;

–            «nonostante le indicazioni formulate dall’Autorità, poche amministrazioni hanno sviluppato un approccio integrato all’interno dei Piani della performance e previsto obiettivi, indicatori e target di trasparenza e integrità all’interno dei Piani stessi»;

–            «questo atteggiamento, endemico nel modo di essere della pubblica amministrazione italiana, rischia di essere accentuato dall’accresciuta gamma di responsabilità dirigenziali previste dalla legge e dai decreti legislativi, con la possibile, quanto pericolosa, conseguenza che i dirigenti reagiscano adottando un approccio meramente formale e che i procedimenti amministrativi diventino ancora più lenti e farraginosi»;

–            «il trasferimento di tali poteri (n.d.s.  quelli materia di inconferibilità e incompatibilità) in capo al Ministro della pubblica amministrazione e semplificazione operato dal d.l. n. 69/2013, contenente Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, convertito con modificazioni dalla legge n. 98/2013, oltre che creare incertezze e disorientamento nelle amministrazioni, non ha consentito di affrontare alcuni problemi emersi con riferimento a numerosi casi concreti, per i quali sarebbe stato opportuno fornire tempestivi chiarimenti e che risultano, allo stato, parzialmente irrisolti …. »;

–         «nonostante il ruolo assegnato dal legislatore alla formazione come strumento di prevenzione della corruzione, essa costituisce ad oggi una tessera mancante del mosaico».

 

E’ solo qualche assaggio, ma quanto basta per rendersi conto che peggio di così non poteva proprio andare ….

Ciononostante, è proprio questo Rapporto, e la fermezza di intenti che traluce dalle sue indicazioni, ad essere un segno di oggettiva speranza che la macchina anticorruzione ha seriamente iniziato ad imboccare la via dell’implementazione.

Ed è soprattutto l’indipendenza intellettuale di questo Rapporto a dimostrare a chiare lettere come l’A.N.AC. non abbia alcuna intenzione di mollare la presa ….

 

 

In termini dichiaratamente costruttivi, il Rapporto offre importanti indicazioni e suggerimenti pratici: «è auspicabile che si sviluppi un sistema di reti istituzionali con un ruolo attivo degli organismi associativi per la diffusione dell’informazione, la circolazione dei documenti e l’individuazione delle modalità d’azione più appropriate in ciascun contesto specifico»; «la disponibilità di flussi informativi sistematici e affidabili è un presupposto essenziale per l’efficace attuazione della legge n. 190/2012 e lo svolgimento dell’attività di vigilanza»; e numerosi  altri ancora in una stringente focalizzazione di punti di criticità, neutralizzabili o comunque migliorabili.

 

Straordinariamente positiva, infine, la parte del Rapporto intitolata “La spinta dal basso”, il cui nocciolo duro è rappresentato dall’affermazione: «la spinta che viene dalla società civile per combattere l’illegalità è una componente essenziale del buon esito delle politiche anticorruzione. I cittadini e le imprese, singoli o associati, possono non solo essere consultati nella predisposizione dei PTPC, dei Programmi triennali per la trasparenza e l’integrità e dei Codici di comportamento delle singole amministrazioni, ma possono anche segnalare, ai soggetti che operano sui diversi livelli del controllo, forme di attuazione carenti o tardive delle norme e delle linee guida in materia di anticorruzione, soprattutto con riferimento al rispetto degli obblighi di trasparenza, che sono maggiormente visibili dall’esterno, ma anche in relazione a situazioni di incompatibilità e di violazione dei codici di comportamento».

Ricordiamo, al riguardo, che l’art. 5 del D.L.gs. 33/2013 sulla “trasparenza” ha introdotto l’importantissimo istituto dell’accesso civico ed espressamente disposto: «1. L’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione. 2. La richiesta di accesso civico non è sottoposta ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente non deve essere motivata, è gratuita e va presentata al responsabile della trasparenza dell’amministrazione obbligata alla pubblicazione di cui al comma 1, che si pronuncia sulla stessa».

In definitiva: l’A.N.AC. ha rivolto alla società civile, alle associazioni dei consumatori, alle imprese, ai dipendenti, a tutti i cittadini, un messaggio forte e preciso che di fatto invita a non rimanere sempre passivi rispetto a ciò che possa essere deciso – o troppo spesso  non deciso – “dall’alto”.  Che significa anche dire: la collettività non continui a stare alla finestra ma impari ad essere protagonista del proprio futuro di legalità ….

Vai al testo completo del Rapporto Anac sulla corruzione 2013

 

Franzina Bilardo

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