Il decreto lavoro sta per diventare legge: ecco tutte le novità

Redazione 11/07/13
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Il cosiddetto “Decreto Lavoro” (decreto legge 28 giugno 2013, n. 76) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Il provvedimento colpisce in maniera trasversale diversi istituti ricompresi nel Diritto del Lavoro. Il Decreto, che reca “Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti”, ha preso piena attivazione a partire dal 28 giugno scorso, ed è ora all’esame del Senato per la conversione in legge, che dovrà avvenire entro il 27 agosto 2013. Tra gli ordinamenti destinati ad accrescere le possibilità d’incentivo all’occupazione e, altresì, ad ottimizzare l’andamento del mercato del lavoro, emerge la predisposizione dell’abolizione del limite anagrafico di 35 anni ai fini della realizzazione delle cosiddette “S.r.l. a 1 euro”. La disposizione prevede inoltre alcuni interventi con portata significativa sul fronte delle imprese innovative startup, con i quali vengono semplificati e allargati i requisiti per l’accesso. Il Decreto Lavoro comprende poi l’operazione di posticipo che fa slittare dal 1° luglio al 1° ottobre 2013 il termine a partire dal quale verrà applicato l’aumento dell’aliquota ordinaria IVA dal 21 al 22%.
Tra le novità del provvedimento spicca anche uno specifico incentivo, ovviamente nei limiti delle risorse indicate nel testo, a favore dei datori di lavoro che assumono, con stipulazioni contrattuali a tempo indeterminato, lavoratori compresi tra i 18 e i 29 anni di età che si trovino in una delle seguenti condizioni:

1)      siano privi da almeno sei mesi di un’occupazione sistematicamente retribuita;

2)      siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale;

3)      vivano soli o con una o più persone a carico.

Le assunzioni che possono beneficiare dell’incentivo, però, saranno solamente quelle effettuate dal 29 giugno 2013 al 30 giugno 2015, dovendo contestualmente implicare una crescita occupazionale. Quest’ultima va valutata al netto dei decrementi occupazionali che si sono verificati in società controllate o direttamente collegate alla società datrice di lavoro o viceversa che fanno capo, anche per interposta persona, al medesimo soggetto. L’incentivo, pari ad 1/3 del compenso mensile lordo imponibile ai fini previdenziali e in ogni caso non superiore a 650 euro, viene corrisposto per un periodo di 18 mesi, attraverso conguaglio contributivo. L’incentivazione si viene a configurare anche qualora subentri la conversione del  contratto a termine in uno a tempo indeterminato. Questa ipotesi, tuttavia, fa sì che l’incentivo venga corrisposto per  un periodo temporale di 12 mesi, a patto che si verifichi un incremento occupazionale netto in cui non siano calcolati i dipendenti per i quali il datore di lavoro ha già potuto beneficiare dell’incentivo. Il datore di lavoro, per avere diritto all’incentivo, è comunque tenuto a procedere all’assunzione di un ulteriore dipendente che può anche non godere dei requisiti sovracitati. Il Decreto prevede un incentivo anche a favore dei datori di lavoro che, senza obblighi in tal senso, decidono di assumere a tempo pieno e indeterminato lavoratori usufruenti dell’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI). In questo caso, lo stesso datore di lavoro ha diritto, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, ad un versamento mensile pari al 50% dell’indennità mensile che sarebbe stata corrisposta al lavoratore.

Il provvedimento sul lavoro stabilisce inoltre alcune specifiche modifiche in merito alla regolamentazione dei contratti a termine. Questi, infatti, possono essere stipulati senza l’esigenza di peculiari ricorrenze tecniche, produttive, organizzative o sostitutive, quando si tratta di primo rapporto a tempo determinato, con durata massima di 12 mesi, o in qualsiasi altra circostanza individuata dai contratti collettivi, anche aziendali, che sono stati sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro e che, comparativamente, risultano le più emblematiche sul piano nazionale. A differenza della passata disciplina, con l’attuale Decreto si stabilisce che anche il contratto a termine acausale possa essere oggetto di proroga. Lo stesso, poi, se di durata inferiore ai 6 mesi, viene trasformato in contratto a tempo indeterminato alla scadenza dei trenta giorni o, se superiore ai 6 mesi, dei cinquanta, qualora il rapporto si protragga oltre il termine originariamente fissato. Un altro elemento innovatore riguarda il periodo di interruzione tra un contratto a termine e quello successivo, il quale torna ad essere di 10 giorni, se il precedente contratto aveva durata inferiore a i 6 mesi, o di 20 giorni, qualora la durata fosse superiore, invece che di 60 o 90 giorni come sancito dal previgente regolamento. Infine, viene previsto che i contratti a termine stipulati con lavoratori in mobilità vengano esclusi dalla disciplina di cui al decreto legislativo n. 368/2001 in materia di contratti a termine.

In base al Decreto, anche il contratto di lavoro intermittente viene revisionato. Esso si trova ad essere ammesso, nei confronti di ciascun lavoratore, per un periodo non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro durante l’arco di tre anni solari, il cui conteggio va eseguito a partire dal 29 giugno 2013. Se si dovesse oltrepassare il periodo sancito, scatta la conversione del correlato rapporto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, fatta eccezione per il caso in cui il datore di lavoro abbia regolarmente versato i contributi (qui, infatti, vige la presunzione che il datore di lavoro non avesse volontà di occultare la prestazione lavorativa). Il provvedimento fa chiarezza anche in merito alla delicata questione dei licenziamenti. In caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto, infatti, il Decreto afferma l’insussistenza di dover procedere al previo tentativo obbligatorio di conciliazione. Se tale tentativo, invece, deve essere fatto, viene stabilito che la mancata comparizione di una o di entrambe le parti sia valutata dal giudice come argomento di prova nell’eventuale fase di giudizio. La recente disposizione ha, poi, ampliato l’obbligo della convalida delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali anche ai lavoratori dotati di contratti di collaborazione coordinata e continuativa (anche a progetto) e contratti di associazione in partecipazione, come compatibile. L’ultimo punto rilevante toccato dal Decreto attiene infine alla responsabilità solidale negli appalti: tra committente e appaltatore la solidarietà viene applicata anche ai compensi, così come agli obblighi di natura contributiva e assicurativa, in favore di lavoratori con contratti di natura autonoma, eccetto le tipologie contrattuali di appalto delle Pubbliche Amministrazioni.

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