Nessun riflesso dalla sentenza della Consulta sul riordino delle Province siciliane

Massimo Greco 04/07/13
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La Corte costituzionale nella camera di consiglio del 3 luglio ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni di legge contenute nel cosiddetto decreto salva-Italia che accorpa le Province. Chiediamo a Dott. Massimo Greco, componente del gruppo di studio regionale sul riordino dell’ente intermedio, le ricadute sull’ordinamento siciliano.

Che effetti si avranno in Sicilia da questa sentenza della Consulta?

Se la sentenza, i cui contenuti si conosceranno nei prossimi giorni, si limita a dichiarare l’incostituzionalità delle disposizioni del decreto salva-Italia per violazione dell’art. 77 Cost., in relazione agli artt. 117, 2° comma lett. p) e 133, 1° comma Cost., in quanto il decreto-legge, atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza, è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio, non vi sarà alcun effetto sulla programmata riforma siciliana. Se, invece, dalla sentenza dovessero emergere altri profili di costituzionalità potrebbero esserci delle interferenze sul cammino di riforma regionale intrapreso.

Quindi nel resto d’Italia assisteremo al ritorno delle Province attualmente commissariate?

In teoria sì, perché i commissariamenti sono stati operati sulla base di una legge annullata dalla Corte Costituzionale. In attesa di una riforma organica del sistema delle autonomie locali, veicolata attraverso gli strumenti normativi adeguati, gli organi di governo delle Province dovranno essere restituiti ai rispettivi corpi elettorali, pena la violazione di fondamentali principi di autonomia politica e di rappresentatività democratica degli enti territoriali di governo.

Ma perché in Sicilia non si potrà usufruire del medesimo trattamento?

Per il semplice motivo che ad essere annullata dalla Consulta non è la legge regionale ma la legge statale. Peraltro, bisogna aggiungere che l’ordinamento siciliano non prevede come nel resto d’Italia le Province ma i Liberi consorzi di comuni. Inoltre, come già affermato dall’Alta Corte per la Regione Siciliana nel 1955, gli articoli 114, 118, 128, 129 e 133 della Costituzione non sono applicabili per la Sicilia date le speciali disposizioni degli articoli 15 e 16 dello Statuto, che facendo parte delle legge costituzionali della Repubblica ai sensi e per gli effetti dell’art. 116 della Costituzione prevalgono, per un principio generale, sulle disposizioni diverse della stessa Costituzione.

E quindi?

Quindi si continuerà nello studio per arrivare ad una riforma del sistema regionale delle autonomie locali che passi, auspicabilmente, attraverso l’adeguamento dello Statuto. In assenza di una modifica dello Statuto qualunque ipotesi di riforma dell’ente intermedio oltre a rischiare di rappresentare un corpo estraneo all’ordinamento degli enti locali, rischia di inciampare sull’incostituzionalità. Nel gruppo di lavoro di cui faccio parte sto cercando di convincere i colleghi di rinviare la scadenza del 31 dicembre 2013 pur di arrivare con una riforma completa e inattaccabile sia sul piano della coerenza ordinamentale che su quello della conformità costituzionale/statutaria.

Pensa di riuscirci?

Il gruppo di lavoro si limiterà a consegnare entro l’estate una proposta al Governo regionale, ma la decisione finale spetterà ai 90 inquilini dell’ARS che, in disparte le pregiudiziali mediatiche, potranno razionalmente rivedere la posizione fin qui assunta a maggioranza.

Massimo Greco

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