Riforma pensioni e flessibilità, Letta in Europa dopo il decreto lavoro

Redazione 27/06/13
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Il premier Enrico Letta arriva stamane al Consiglio europeo con il pieno di proposte sul lavoro dei giovani, ma con le mani quasi vuote sul fronte delle pensioni. Come noto, in Europa esodati e uscite dal lavoro non sono temi particolarmente chiacchierati, anche se coinvolgono milioni di cittadini ogni giorno. Se, qualche settimana fa, si parlava di riforma pensioni, al momento la legge Fornero è stata modificata solo sul fronte lavorativo.

In realtà, all’interno del nuovo pacchetto per il lavoro varato ieri dal Consiglio dei ministri, qualche piccola misura per i più attempati, relativamente vicini all’agognato ritiro dal lavoro, rimane. Non ci sono soltanto gli under 29, infatti, a beneficiare delle novità introdotte dal provvedimento appena nato. Una fetta di risorse viene destinata anche agli over 50.

Si tratta, nello specifico, di un bonus assunzioni affine a quello introdotto per i giovani disoccupati, che però viene rivolto verso coloro che, avendo più di 50 anni, si trovino in stato di disoccupazione da almeno 12 mesi. Una chiara misura contro la crisi, che ha costretto migliaia di aziende a chiudere, molte volte anche di punto in bianco, lasciando per strada lavoratori di ardua ricollocazione sul mercato poiché già in età avanzata e dunque maggiormente esposti al rischio di esodo anticipato senza pensione.

In particolare, il comma 1 dell’articolo 2 del decreto lavoro di Letta spiega: ” Le disposizioni di cui al presente articolo contengono misure di carattere straordinario e temporaneo applicabili fino al 31 dicembre 2015 e, relativamente alle iniziative di cui al comma 2, fino al 30 giugno 2016, volte a fronteggiare la grave situazione occupazionale che coinvolge in particolare i soggetti giovani fino a 29 anni di età e i soggetti con più di cinquant’anni di età, disoccupati da oltre dodici mesi”.

C’è poi un altro capitolo, quello della flessibilità: anch’essa, una delle parole magiche prima pronunciate, poi ritirate dagli stessi fautori del decreto del fare, ossia il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, il titolare del Tesoro Fabrizio Saccomanni e, naturalmente, il presidente del Consiglio Enrico Letta.

Nell’ottica dei pensionati, il concetto di flessibilità doveva riportare indietro le lancette a uscite più soft dal mondo del lavoro, contrariamente ai paletti posti dalla riforma Fornero. Nello specifico, l’ipotesi sul tavolo era quella di consentire di incrociare le braccia a 62 anni, con penalizzazioni del 2% sull’assegno per ogni anno lavorato in meno rispetto ai 65 e bonus analoghi entro i 70 anni.

Una proposta, in seguito seccamente smentita dai ministri, che non è però del tutto tramontata, trovandosi tra le pieghe del famoso piano Damiano – firmato dall’ex ministro del Lavoro – in discussione alla Commissione della Camera.

Dunque, le speranze non sono svanite del tutto per un ritocco alla legge Fornero anche sul fronte pensionistico, ma va ricordato che, al momento, le priorità sul welfare del governo sono i giovani – con il decreto emanato ieri – e gli esodati, leggasi quelli già tratti in salvo dai vari provvedimenti, per larghissima part ancora senza pensione. Se tra queste urgenze troverà spazio anche un ritocco alla normativa sui requisiti pensionistici, lo si scoprirà solo dopo il Consiglio europeo di oggi e domani, dove il governo presenterà il nuovo pacchetto occupazione, sperando di ottenere l’ok dalle istituzioni comunitarie e potersi concentrare, così, anche su altri fronti, magari proprio quello previdenziale.

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