Dalle aree metropolitane alle città metropolitane in Sicilia

Massimo Greco 27/06/13
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Tralasciando solo per poco tempo la questione, molto più complessa e stimolante, della programmata istituzione dei Liberi consorzi di Comuni in luogo delle attuali Province regionali ad opera della legge regionale 27 marzo 2013 n. 7[1], in considerazione che il più volte annunciato riordino dell’ente intermedio delle Regioni a statuto ordinario sembra essersi arenato sugli scogli della scorsa legislatura [2], per essere verosimilmente (?) ripreso dai nuovi inquilini del Parlamento, e della imminente decisione della Corte Costituzionale attesa per il prossimo 2 luglio 2013 per il giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 17 e 18 del Decreto spending review, una specifica riflessione merita il 2° comma della novella normativa, attraverso il quale il legislatore regionale si impegna a disciplinare l’istituzione nel territorio della Regione Siciliana delle Città metropolitane entro il 31 dicembre 2013.

La norma programmatica fa seguito all’art. 18 del d.l. n. 95/2012, come convertito nella legge 7 agosto 2012 n. 135, che al comma 1 così recita: “A garanzia dell’efficace ed efficiente svolgimento delle funzioni amministrative, in attuazione degli articoli 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, le Province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria sono soppresse, con contestuale istituzione delle relative città metropolitane….”. Per le Regioni a statuto speciale il legislatore statale si preoccupa altresì di statuire che “Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nel rispetto degli statuti speciali, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono principi dell’ordinamento della Repubblica”.

Se i richiamati principi contenuti nella normativa statale possono considerarsi, al di là dei noti limiti sottesi all’autoqualificazione ivi presente, norme fondamentali dell’ordinamento, come tali operanti immediatamente nell’ordinamento siciliano, meno chiara è la modalità di adeguamento in rapporto alla richiamata esigenza di rispettarne lo statuto speciale. Peraltro, il semestre di tempo concesso alle Regioni a statuto speciale per adeguare i rispettivi ordinamenti, ancorchè palesemente ordinatorio, mal si concilia con l’implicita esigenza, avvertita per il caso che ci occupa, di modificare lo statuto che, com’è noto, non contempla le Città metropolitane. Invero, l’art. 15 dello Statuto siciliano – approvato con D.L. 15/05/1946 n. 455, convertito in legge costituzionale 26/02/1948 n. 2 – così recita: “Le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell’ambito della Regione siciliana. L’ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria. Nel quadro di tali principi spetta alla Regione la legislazione esclusiva e la esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali”.

A meno di dover sostenere che l’ordinamento siciliano prevede già le aree metropolitane in quanto previste dalla legislazione ordinaria agli articoli 19, 20 e 21 della l.r. n. 9/86, l’adeguamento dello statuto speciale ai principi dettati dalle citate disposizioni statali richiede un percorso molto più lungo di quello auspicato, dovendosi modificare norme di rango costituzionale.

  1. Le aree metropolitane della l.r. n. 9/86

Al di là del nomen iuris di volta in volta utilizzato dai legislatori statali e regionali e delle questioni connesse al dimensionamento degli spazi territorialmente configurati (rectius, “le stanze del territorio” – Clementi, 1966), il punctum pruriens della presente riflessione mira ad evidenziare la sostanziale differenza tra il modello di area metropolitana prevalentemente funzionale previsto dalla l.r. n. 9/86 e il modello di area, ovvero di Città metropolitana, previsto dall’art. 114 della Costituzione.

Secondo quando previsto dall’art. 19 della l.r. n. 9/86, rubricato “Caratteri delle aree metropolitane, “Possono essere dichiarate aree metropolitane le zone del territorio regionale che presentino le seguenti caratteristiche: a) siano ricomprese nell’ambito dello stesso territorio provinciale;b) abbiano, in base ai dati ISTAT relativi al 31 dicembre dell’anno precedente la dichiarazione, una popolazione residente non inferiore a 250 mila abitanti; c) siano caratterizzate dall’aggregazione, intorno ad un comune di almeno 200 mila abitanti, di più centri urbani aventi fra loro una sostanziale continuità di insediamenti; d) presentino un elevato grado di integrazione in ordine ai servizi essenziali, al sistema dei trasporti e allo sviluppo economico e sociale”.

Il successivo art. 20, rubricato “Individuazione e delimitazione dell’area metropolitana”,  così recita: “L’individuazione dell’area metropolitana e la relativa delimitazione è effettuata, anche su richiesta degli enti locali interessati, con decreto del Presidente della Regione, previa delibera della Giunta regionale, adottata su proposta dell’Assessore regionale per gli enti locali. A tal fine la relativa iniziativa è preventivamente sottoposta – a cura dell’Assessore regionale per gli enti locali – all’esame degli enti locali interessati che non abbiano promosso la richiesta di cui al comma precedente, i quali possono esprimere il proprio parere entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento. Decorso infruttuosamente tale termine, si prescinde dal parere”.

 Infine, l’art. 21, rubricato “Funzioni dell’area metropolitana” dispone che “le province regionali comprendenti aree metropolitane, oltre alle funzioni indicate negli articoli precedenti, svolgono, nell’ambito delle predette aree, le funzioni spettanti ai comuni in materia di a) disciplina del territorio, mediante la formazione di un piano intercomunale…………….; b) formazione del piano intercomunale della rete commerciale; c) distribuzione dell’acqua potabile e del gas; d)trasporti pubblici; e) raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani”.

Appare evidente, ictu oculi, il carattere meramente funzionale dell’individuazione e della delimitazione delle aree metropolitane, confermata dalla determinante circostanza che non è prevista la costituzione di nuovi organi preposti al funzionamento della aree stesse. Siamo infatti in presenza di una Provincia regionale dotata di maggiori compiti in forza del trasferimento in capo alla stessa di più funzioni amministrative rispetto alle restanti Province regionali. Funzioni amministrative che, per la loro rilevanza sovra comunale o di area vasta, vengono sottratte ai Comuni in vista di migliori risultati sul piano dell’efficienza, dell’efficacia e della razionalità. Quindi non una nuova tipologia di ente sub provinciale, ma più semplicemente un diverso assetto delle funzioni ripartite tra i due livelli di governo locale.

Illuminante in questa direzione è quanto affermato dalla Corte Costituzionale secondo cui “nel modello siciliano, il governo dell’area metropolitana assume una fisionomia prevalentemente funzionale, comportando un mero trasferimento di funzioni di c.d. area vasta dai comuni alla provincia regionale (……) senza che ad esso si ricolleghi, così come accede invece per la legge n. 142 del 1990, un riassetto istituzionale interno all’are medesima”[3].

L’individuazione e delimitazione delle aree metropolitane in Sicilia non comporta, quindi, l’istituzione di un ente, non essendo questa la connotazione giuridica che la l.r. n. 9/86 attribuisce loro, ma costituisce soltanto il necessario presupposto per porre in essere le ulteriori attività decisionali in ordine alla forma di gestione che consentirà poi l’effettivo esercizio delle relative funzioni.

2. Le Città metropolitane dell’art. 114 Cost.

Le Città metropolitane, concepite quali enti territoriali di governo al pari dei Comuni e delle Province, trovano origine non tanto nella legge n. 142/90 (artt. 17 e 18) e nemmeno nel TUEL del 2000 che si è limitato ad incorporare le disposizioni della legge del ’90 dedicate alle Città metropolitane, senza innovarne i contenuti in maniera significativa, ma nella nuova veste dell’art. 114 della Costituzione. Con la riforma del Titolo V della Costituzione alle Città metropolitane vengono infatti conferite natura di enti territoriali di governo costitutivi della Repubblica al pari di Stato, Regioni, Province e Comuni. Il secondo comma dell’art. 114 riconosce, poi, alle Città metropolitane, al pari degli altri enti locali, il rango di enti autonomi, dotati di propri statuti, poteri e funzioni.

Siamo quindi in presenza di un ente locale dotato non solo di autonomia amministrativa e finanziaria, ma anche di autonomia politica, cioè  di un ente con competenze potenzialmente rappresentative della generalità[4] degli interessi sociali, economici e culturali delle comunità amministrate [5], cioè legati alla pluralità degli interessi propri della collettività rappresentata.

Le dieci istituende Città metropolitane d’Italia, anche in coerenza con le esigenze di contenimento della spesa pubblica, sostituiscono le Province sopprimendole ed assorbendone funzioni e competenze. Anche in tale contesto si evidenza una notevole differenza con l’area metropolitana della l.r. n. 9/86 che, al contrario, non solo non sopprime le Province regionali ricadenti nel territorio dell’area metropolitana, ma ne potenzia le funzioni amministrative sottraendoli ai Comuni.

Corollario di questo ragionamento è che l’adeguamento dell’ordinamento siciliano ai “principi dell’ordinamento della Repubblica” contenuti nelle citate disposizioni statali in materia di città metropolitane richiede non la più comoda e “sbrigativa” attuazione delle già individuate aree metropolitane di Catania, Messina e Palermo [6], ma la più complessa ed impegnativa introduzione di tale tipologia di ente locale all’interno dello statuto speciale, accanto ai Comuni ed ai Liberi consorzi di comuni, ammesso che il legislatore regionale voglia continuare a mantenere un modello di ente intermedio di tipo consortile in luogo di quello territoriale di governo previsto dalla Costituzione.

3. Considerazioni finali

Una seria riforma dell’ente intermedio siciliano può essere fatta solo se contestuale ad un riordino complessivo del sistema delle autonomie locali. Pensare di trasformare le attuali Province regionali in Liberi consorzi di Comuni senza affrontare gli altri pezzi del mosaico istituzionale (accorpamenti dei Comuni e istituzione delle Città metropolitane) e soprattutto senza “mettere mano” agli inevitabili adeguamenti statutari, significa introdurre nell’ordinamento regionale meccanismi istituzionali dal respiro corto che potrebbero presto configurarsi come una cura peggiore del male.

Verità per verità, bisognerà quindi far sapere ai novanta inquilini dell’Assemblea Regionale Siciliana che, a meno di voler istituire “alla carlona” Liberi consorzi di comuni che non precludano sotto il profilo territoriale (!?) la futura istituzione delle Città metropolitane di Catania, Palermo e Messina, è impensabile che si possa rispettare la programmata data del 31 dicembre 2013 per restituire alle comunità locali gli ordinari spazi di democrazia rappresentativa.


[1] A tal proposito si consenta il rinvio a Massimo Greco, “Dalle Province Regionali ai Liberi Consorzi di Comuni. Riflessioni su una scelta di politica emozionale”, su “Amministrazione In cammino”, rivista elettronica di diritto pubblico, pubblicata sul web all’indirizzo www.amministrazioneincammino.luiss.it, 23/04/2012;  “Anche la Sicilia avvia il riordino delle proprie Province Regionali”, su Forum di Quaderni Costituzionali, rivista di diritto pubblico pubblicata su internet all’indirizzo www.forumdiquadernicostituzionali.it, 03/04/2012; “La temuta incostituzionalità della legge istitutiva delle Province Regionali”, su “Diritto dei Servizi Pubblici”, Rivista giuridica elettronica, pubblicata su internet all’indirizzo www.dirittodeiservizipubblici.it, 22/06/2012.

[2] Con parere n. 44 del 13 febbraio 2013, la Corte dei Conti della Lombardia ha sostenuto che l’anelito legislativo statale a un complessivo ridimensionamento dell’istituto provinciale sembra essersi arrestato.

[3] Corte Cost. sent. n. 286/1997.

[4] Secondo una prospettiva più ampia, generale è la competenza non circoscritta perché volta ad assolvere tutti i compiti necessari per il soddisfacimento degli interessi di comunità: Pier luigi Portaluri, “Appunti su alcune premesse costituzionali dell’esperienza di normazione federalista”, Giustizia-amministrativa.it, 16/03/2011.

[5] Sulla natura giuridica di ente territoriale si è espressa positivamente la Corte dei Conti a Sezioni riunite, 22/12/1997, n. 82, riconoscendo tale status alle Province.

[6] Nell’agosto del 1995, dopo un complesso iter procedimentale, sono stati emanati dal Presidente della Regione Siciliana tre Decreti attraverso i quali sono state individuate le aree metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Tuttavia, ancora oggi, l’efficacia giuridica di tali Decreti rimane sospesa per meri motivi di opportunità.

Massimo Greco

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