L’auspicato ritocco al Concordato “in bianco”

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E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.144 del 21-6-2013 – Suppl. Ordinario n. 50 il Decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” (c.d. Decreto Fare) ed entrato in vigore il 22 giugno 2013.

Per quel che a noi qui interessa, il suddetto decreto al Capo VI, art. 82, contiene disposizioni modifiche dell’art. 161, cc. 6 e ss., l. fall. [1], che disciplina il concordato preventivo con riserva[2].

Per esigenze di spazio non possono qui riportasi gli aspetti dell’istituto in questione e conviene dar per scontato che il lettore ne conosca già le peculiarità.

Facendo un passo indietro, si ricorda che da molti era stato auspicato un intervento del legislatore volto a ridurre “la difficoltà per il debitore di predisporre il piano [concordatario, n.d.r.] senza beneficiare nelle more di protezione nei confronti delle azioni esecutive dei creditori, oltre che dei sequestri e delle ipoteche giudiziali, iniziative tutte idonee a compromettere il buon risultato del piano[3].

Ebbene, proprio con l’intenzione di tutelare l’imprenditore e la continuità aziendale, il legislatore ha deciso di introdurre, nell’agosto 2012, il c.d. concordato “in bianco”: in termini estremamente semplificati, la procedura è avviata mediante presentazione di apposita domanda, con differimento del deposito del piano concordatario ma immediata protezione del patrimonio del debitore.

Tuttavia, a detta di molti, sin dalla data della sua entrata in vigore (11 settembre 2012) si è assistito ad un utilizzo degenerato ed abusivo di tale istituto, dovuto principalmente al fatto che con la presentazione della relativa domanda si ha il blocco delle azioni esecutive (art. 168 l.f.)[4], il c.d. automatic stay.

Così Filippo Lamanna, presidente della sezione fallimentare del Tribunale di Milano: “Questa opzione ha aperto la porta agli abusi: cioè, pur di congelare le esecuzioni dei creditori, si avviano procedure del tutto inutili e strumentali con il solo scopo di prendere tempo”. E ancora: “Il boom delle richieste è l’effetto della recessione, ma anche di una riforma nata con buone intenzioni, ma che si è trasformata in abuso diffuso: prima della riforma le istanze di concordato si contavano sulle dita di una mano”.

Sono considerazioni risaltate e confermate anche dall’indagine svolta dal Cerved Group: è emerso, infatti, che tra l’11 settembre 2012 ed il 31 marzo 2013 vi è stato un “vero e proprio boom delle istanze di concordato”: ne sono state presentate circa 2.700, di cui 1.300 nel primo trimestre 2013, quando invece in tutto il 2012 le domande di concordato preventivo “tradizionale” erano state solo 1.102. Insomma, un dato impressionante che ha destato molta preoccupazione.

Alla luce di tutto ciò, il Governo Letta ha deciso di irrigidire la disciplina del concordato c.d. “in bianco” e tale iniziativa può ben leggersi come una risposta alle richieste ed ai suggerimenti provenienti dagli addetti ai lavori volti a risolverne gli aspetti critici.

Cominciando con le modificazioni del comma 6 dell’art. 161 l.f., si evidenzia, anzitutto, un ridimensionamento dell’oggetto della “riserva di successiva produzione”.

Infatti, in base al nuovo testo, l’imprenditore al momento della presentazione della domanda deve depositare, oltre ai bilanci degli ultimi tre esercizi, anche un elenco contenente i nomi dei creditori e rispettivi crediti.

Ovviamente, si tratta di un elenco iniziale, che successivamente dovrà essere “integrato” con gli ulteriori dati di cui al comma 2, lett. b), dell’art. 161 l.f.

Altra novità sta nel fatto che il Tribunale, con lo stesso decreto con cui assegna il termine per il deposito della proposta concordataria[5], può nominare (anticipatamente) un commissario giudiziale[6].

Il commissario giudiziale, così nominato, avrà un rilevante potere di vigilanza sull’attività del debitore, il quale deve oggi tenere i libri sociali a disposizione non solo del Tribunale ma anche del commissario giudiziale stesso.

A proposito del commissario giudiziale, se nominato, deve ottemperare, oltre che agli obblighi di vigilanza previsti dall’art. 167, c. 1, l.f. sull’attività di amministrazione dei beni svolta dal debitore, anche all’obbligo di vigilanza finalizzato all’accertamento di un’eventuale condotta fraudolenta di quest’ultimo, che, ai sensi dell’art. 173 l.f., può consistere in: occultamento o dissimulazione di parte dell’attivo, dolosa omessa denuncia di uno o più crediti, esposizione di passività insussistenti o commissione di altri atti di frode o di “atti non autorizzati a norma dell’articolo 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato”(ult. co.).

In relazione a quest’ultimo e nuovo obbligo, nel caso in cui il commissario accerti la commissione di uno dei suddetti atti fraudolenti, dovrà informarne il Tribunale, che, ottenuta conferma di quanto accertato, provvede a dichiarare improcedibile la domanda di concordato con riserva, oppure, su richiesta di un creditore o del Pubblico Ministero, il fallimento del debitore, con contestuale sentenza.

Vi sono anche altri i momenti in cui il Tribunale ed il commissario giudiziale (se nominato) possono trovarsi “a contatto”.

Difatti, ai sensi del nuovo comma 7 (art. 161 l.f.), il debitore può compiere atti urgenti di straordinaria amministrazione, previa autorizzazione del Tribunale, che ha la facoltà di assumere “sommarie informazioni” e, da oggi, anche il dovere di acquisire il parere (non vincolante) del commissario giudiziale.

Anche in merito al flusso informativo tra debitore ed autorità giudiziaria (comma 8) vi sono novità.

L’imposizione al debitore di obbligo informativo in fase di pre-concordato è oggi doverosa e non più soggetta alla discrezione del Tribunale e, tra l’altro, deve riguardare non soltanto la gestione finanziaria dell’impresa ma anche l’attività compiuta dall’imprenditore in vista del deposito della proposta e del piano concordatario.

Il debitore dovrà trasmettere tali informazioni con cadenza “almeno mensile” sino al termine stabilito e sotto la vigilanza del commissario giudiziale (se nominato).

Altro obbligo previsto in capo al debitore consiste nel depositare mensilmente la situazione finanziaria dell’imprese, che il cancelliere provvederà prontamente (entro il giorno seguente) a pubblicare nel Registro delle Imprese.

Dunque, in forza della previsione di tale obbligo, il debitore difficilmente potrà alterare la situazione finanziaria dell’impresa ed i creditori  avranno la possibilità oggi di valutare se agire o meno per il fallimento.

La sanzione prevista in caso di inottemperanza dei suddetti obblighi informativi consiste nella dichiarazione di inammissibilità o anche di fallimento (art. 162, c. 2, l.f.).

Nel caso in cui, invece, dalle informazioni acquisite emerga l’inidoneità dell’attività del debitore, il Tribunale, anche d’ufficio e sentito questi (ed anche il commissario giudiziale), provvede ad abbreviare il termine concesso con decreto ex art. 161, c. 6, l.f.

In chiusura, è prevista la facoltà dell’autorità giudiziaria di consultare ed anche convocare i creditori per sentire il loro parere.

 


[1] Comma aggiunto dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 che ha convertito con modificazioni il D.L. 22 giugno 2012, n. 83.

[2] Secondo altre terminologie, “concordato in bianco” o “preconcordato” o “concordato senza piano”.

[3] PANZANI, Il concordato in bianco, in Il Fallimentarista.

[4] Il blocco ha effetto anche retroattivo rispetto alla pubblicazione della domanda nel Registro delle Imprese ed, inoltre, il debitore può sciogliere o sospendere i contratti che sono di ostacolo alla più efficace gestione della crisi d’azienda.

[5] Fra 60 e 120 giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni.

[6] Si tratta della figura di cui all’art. 163, c.2, n. 3 l.f. e, quindi, potrà essere scelto solo tra i soggetti idonei a svolgere la funzione di curatore ex art. 28 l.f.

Giuseppe Caristena

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