Il tappeto di scarpe rosse. Diciamo basta alla violenza sulle donne

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Il 24 maggio, a Forlì, le cittadine sono state invitate a portare in piazza un paio di scarpe rosse per un singolare allestimento, voluto dall’artista messicana Elina Chauvet per ricordare tutte le donne stuprate ed uccise a Ciudad Juarez, città del Messico del nord. Il flash mob “silenzioso” ricorderà così tutte le donne vittime di violenze e fimminicidio, che nel nostro Paese e nel mondo sono state private della vita.
Dal 2005, nel nostro paese, 896 donne sono state uccise da partner o ex, proprio perché donne; nel 2012 ne sono state assassinate 124, e nella prima settimana di maggio 5 donne hanno perso la vita brutalmente per mano di uomini che dicevano di amarle o che ritenevano di poterle “usare” come oggetti per il proprio piacere.
Per combattere la violenza sulle donne occorre riconoscere che in Italia, ancora oggi, esiste una discriminazione, dove il sesso femminile è comunque considerato inferiore a quello maschile; la cosiddetta parità si è raggiunta solo a parole. Basta pensare ai luoghi di lavoro, dove le donne a volte subiscono pesanti avances da parte dei colleghi maschi o dove il loro stipendio è inferiore a quello percepito dagli stessi, agli slogan pubblicitari e ai giornali che usano il corpo della donna come fosse merce da esibire e nulla più. Il riconoscere che una donna, in un rapporto affettivo, possa decidere liberamente di porvi fine vuol dire avere totale rispetto per le scelte che vuole fare e riconoscere il suo diritto alla libertà. Nessuna deve sentirsi schiava di un amore che ormai non c’è più, nessuna deve sentirsi prigioniera di un rapporto malato dove possesso e prepotenza vengono “usati” al posto delle parole e del dialogo.
Sono i mariti, ex mariti, conviventi o ex conviventi che, per la maggior parte, perpetrano maltrattamenti fisici e psicologici. Il 1522 è il numero verde nazionale che risponde ai bisogni di donne maltrattate e violate o vittime di stalking; sono 63 i centri italiani contro la violenza che aiutano in media 1500 donne l’anno che si rivolgono loro; secondo il Consiglio d’Europa sono troppo pochi i posti letto messi a disposizione (dovrebbero essere 5.000 ed in Italia ve ne sono solo 500, per lo più al centro nord).
Ultimamente il nuovo ministro delle Pari opportunità Josefa Idem e la presidente della Camera Boldrini hanno assicurato il loro impegno affinché si faccia di più per aiutare e prevenire, proponendo una task force ed un osservatorio nazionale per monitorare il territorio predisponendo anche uno stanziamento di fondi.
Bisogna insistere di più per far conoscere ai bambini il rispetto e l’uguaglianza sin dalle scuole materne (indispensabile il ruolo della famiglia e della scuola), agendo così sulle coscienze; lo Stato dovrebbe inoltre essere più tempestivo, riorganizzare il sistema giudiziario per avere processi più veloci e far partire subito le indagini dopo una denuncia per maltrattamenti.
Non aspettiamo altre morti …non aspettiamo che donne che denunciano uomini violenti debbano poi far ritorno in quelle stesse case teatro di violenze fisiche e psicologiche! Diamo loro, a tutte loro, la possibilità di rifugiarsi in luoghi dove possono trovare aiuto e personale specializzato che possa comprenderle, ascoltarle, sostenerle, riconoscerle come esseri umani con pari diritti e dignità. Nessuna donna si deve vergognare e soffocare il suo dolore privato tra le mura domestiche, e nessuna donna deve avere soprattutto paura di denunciare.
Sosteniamo i centri antiviolenza, che hanno aiutato ed aiutano donne maltrattate, (che il più delle volte rischiano la vita), anche ospitandole presso indirizzi segreti. Aiutiamo queste nostre “sorelle” meno fortunate, spesso nascoste con i propri figli, a vivere una vita senza paura, finalmente “libere” di essere DONNE.

Maria Grazia Galbiati

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