I Diritti Sindacali On Line: le potenzialità della tecnologia digitale applicata agli Istituti di rappresentanza

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1. Premessa

La realizzazione delle libertà costituzionali trova nello sviluppo inesorabile delle tecnologie informatiche, nuove modalità esplicative. L’evoluzione digitale comporta naturalmente l’affacciarsi di effetti espansivi dei diritti fondamentali, ma contemporaneamente patologie e diversioni.

Questo vale in particolar modo nel campo dei diritti dei lavoratori ove l’evoluzione tecnologica si raffronta, da una parte, ad una consistente produzione normativa indirizzata alla flessibilità e modernizzazione dei rapporti di lavoro, dall’altra alla convivenza con normative basiche ultraquarantennali i cui istituti vanno riportati alle condizioni attuali di progresso informatico.

A tutto questo si aggiunge il dato giurisprudenziale che rappresenta la cartina di tornasole del raffronto tra tali Diritti e le Nuove Tecnologie, oltre che il moto primario d’impulso per la realizzazione di nuove previsioni normative, regolamentari e contrattuali. La tematica della tutela della riservatezza e del suo confronto con i poteri di indirizzo e controllo Datoriali costituisce per certo un asse primario cui sottende il contenzioso del lavoro a livello di giurisdizione ordinaria e di attività del Garante.

Da questi elementi, si può giungere ad una prima definizione di “Diritto Sindacale Elettronico”, di un diritto sindacale e dell’esplicitarsi dei suoi principali istituti che si sussuma cioè al realizzarsi in via elettronica delle varie fattispecie: ciò attraverso la revisione degli istituti tradizionali, l’analisi della naturale intrusività e pervasività dello strumento informatico, le possibilità evolutive dal lato della regolamentazione e della contrattazione, la panoramica di buone pratiche già sperimentate a livello normativo ed organizzativo.

Le attuali dinamiche esplicative di una garanzia prevista nello Statuto dei Lavoratori come quella del divieto del controllo a distanza, trova connotati impensabili per il legislatore del ’70, tali da richiedere interpretazioni estensive della norma che tengano conto del livello della tecnologia, della normativa sovrappostasi negli anni e delle tendenze spesso divergenti manifestatesi in autorità giurisdizionali e non.

Ed allora in primo luogo la normativa sulla tutela della riservatezza e la sua evoluzione nel corso della sua vigenza quasi ventennale, dalla L. 675/1996 al DLgs 196/2003, si pone a stretto confronto con le vicende del potere di controllo datoriale sul lavoratore in ordine alle prestazioni ed alla fedeltà.

Dal lato del Diritto Sindacale tali dinamiche si traducono nei limiti apponibili all’attività quanto alle comunicazioni, alle adesioni ed al proselitismo, alla navigazione ai fini informativi e conoscitivi.

Limiti che vengono a cozzare direttamente con l’articolo 14 dello Statuto dei Lavoratori il quale stabilisce che l’attività sindacale può essere svolta anche all’interno dei luoghi di lavoro, che la libertà di fruire del diritto di svolgere attività sindacale è riconosciuta a tutti i lavoratori e che conseguenzialmente il datore di lavoro non può limitare l’esercizio delle libertà sindacali all’interno dell’azienda opponendo il proprio diritto di proprietà o altri diritti relativi alla disponibilità dei beni aziendali.

2.Comunicazioni Sindacali

Per esse si intendono sia le comunicazioni generali della Sigla ai Lavoratori, sono i veri e propri “Comunicati” rivolti a tutti i lavoratori oppure agli iscritti, sia le comunicazioni particolari tra Sigla e Lavoratore o gruppi di lavoratori. Per le prime assume un ruolo centrale la bacheca sindacale on line alla cui argomentazione si rinvia, ma per esse e per le comunicazioni particolari si vuole analizzare il ruolo e l’utilizzo della posta elettronica aziendale, oggetto di numerose controversie giudiziarie.

In primo luogo ci si chiede se il Rappresentante Sindacale possa utilizzare la casella di posta elettronica aziendale per le comunicazioni ai lavoratori: Il dipendente Rappresentante Sindacale può inviare, utilizzando il suo indirizzo personale di posta elettronica, comunicazioni sindacali a mezzo di e-mail ai dipendenti della società durante il loro orario di lavoro e al loro indirizzo aziendale di posta elettronica: deve ritenersi che l’attività di invio o di ricezione di comunicazioni sindacali attraverso la posta elettronica possa equipararsi all’attività di volantinaggio, che rientra nell’ambito della libertà sindacale concessa a qualunque organizzazione presente in azienda – non vedendosi in cosa consista la differenza tra la materiale consegna ai dipendenti di volantini stampati sul luogo di lavoro e l’invio agli stessi, anche sulla loro posta elettronica aziendale, di una e-mail avente identico contenuto – attività di volantinaggio che, come noto, è di per sé lecita in quanto non arrechi pregiudizio alla normale attività aziendale.

L’e-mail quindi non é altro che la traduzione in formato digitale dell’ormai desueto “volantino”.

Nulla quaestio, poi, in ordine all’utilizzo della posta elettronica tra Rappresentante Sindacale e Datore di lavoro: le comunicazioni tra le parti possono avvenire per posta elettronica e costituisce condotta antisindacale ex art. 28 dello Statuto dei Lavoratori l’inflizione di sanzioni al Lavoratore che rappresenta via e-mail vicende a rilevanza sindacale all’Azienda durante l’orario di lavoro. Ciò è confermato  dalla Corte di Cassazione, sentenza n. 1568 del 27.04.2012

Quanto alla possibilità di comunicazione tra Lavoratori e Rappresentanze Sindacali a livello particolare, come ad esempio segnalazioni, reclami per finalità di sensibilizzazione o di denuncia, messa a conoscenza di atti documenti e comportamenti antisindacali, le fattispecie concrete che si realizzano risultano molto più problematiche per gli interessi che vi si contrappongono: tutela sindacale dei diritti del lavoratore e, contemporaneamente, dal lato datoriale, ottemperanza agli obblighi di fedeltà e lealtà del Lavoratore e tenuta del rapporto fiduciario con l’Azienda. In tal caso l’utilizzo di posta elettronica aziendale stride fortemente con le finalità di denuncia dei contenuti e pone il Lavoratore sicuramente di fronte a maggiori rischi

3. Teleassemblea

Il diritto di assemblea si colloca nel’ambito dello Statuto dei Lavoratori come diritto di convocare l’assemblea e come diritto del lavoratore di parteciparvi con la previsione, modificabile in estensione dai contratti collettivi, di dieci ore annue. Il diritto si sostanzia nella messa a disposizione da parte del Datore di lavoro di idonei locali per le riunioni e nella necessità che tale disponibilità sia richiesta dai soggetti sindacali: nella predetta richiesta devono essere individuati la sede, l’orario, l’ordine del giorno e l’eventuale partecipazione di dirigenti sindacali esterni. Alla congruità della richiesta sotto il profilo temporale e logistico sussegue la necessaria giustificazione di un eventuale rifiuto della Parte Datoriale

L’insistenza degli aspetti digitali per quanto riguarda tale diritto investe da un lato le comunicazioni, dall’altro l’effettuazione dell’assemblea come tale.

Innanzitutto le comunicazioni scritte: l’e-mail può senz’altro sostituire il documento cartaceo. Sorge però il dubbio se il crisma dell’ufficialità debba essere reso, dal lato del richiedente, attraverso una mail certificata con l’applicazione della firma digitale nell’atto sindacale e, altrettanto dal lato del’Azienda o dell’Amministrazione, con il pervenimento ad una casella di posta elettronica certificata: questo ai fini della certezza della provenienza dell’e-mail e del tempo di trasmissione.

Ferma restando la sovrapponibilità perfetta di tale modello alle previsioni normative di cui agli artt. 21 – 24 – 48 del Dlgs n. 82/2005, che sanciscono la validità formale e la piena opponibilità a terzi delle comunicazioni, è necessario riflettere sulla validità del mezzo della posta elettronica ordinaria che vieppiù viene utilizzata in questa fase all’interno del’Ente anche per i molteplici destinatari della comunicazione che rendono problematica una trasmissione in via cartacea (direttore generale, dirigente al personale, dirigenti dei vari settori o servizi, responsabili della logistica e della sicurezza e ovviamente i Lavoratori).

Se la richiesta proviene dall’indirizzo di posta elettronica ordinaria del Dipendente-Rappresentante Sindacale vi è certezza circa la provenienza, nell’ipotesi che questo sia stato attribuito personalmente con indicazione del nominativo e accesso riservato con password, ma non vi è certezza rispetto al tempo di trasmissione ed al pervenimento della mail. In altri termini in caso di mancata risposta, la Parte Datoriale potrebbe opporre sempre il mancato pervenimento della mail medesima poiché non è dimostrabile giuridicamente il contrario. Ancora più incerto appare il caso della trasmissione dall’indirizzo di posta elettronica dell’Organizzazione Sindacale poiché in questo caso anche l’identificazione del mittente non rende certezza analogamente a quanto avviene per il mittente interno a meno che l’Organizzazione Sindacale non disponga di indirizzi PEC. In ogni caso la dimostrata omissione della parte datoriale costituisce condotta antisindacale. Nella pratica la soluzione per parte delle Sigle è quella di affidare, quando si agisce attraverso un Rappresentante interno, il documento in cartaceo direttamente al protocollo informatico affinchè, attraverso la protocollazione medesima e l’acquisizione ottica, si possa avere certezza di ricezione e consequenzialmente di circolazione ufficiale verso i vari destinatari interni in via digitale.

Altra soluzione, sicuramente meno “artigianale” di quella testè analizzata è quella dell’utilizzo della bacheca sindacale elettronica come modalità comunicativa basica tra rappresentanze dei lavoratori e parte datoriale.

Tutto ciò dal lato della certezza giuridica delle comunicazioni in generale, dal verso delle previsioni contrattuali sono necessarie norme che recepiscano l’utilizzo dello strumento informatico-telematico come mezzo primario per le comunicazioni medesime.

Veniamo ora all’effettuazione dell’Assemblea: i sistemi di videoconferenza costituiscono realtà consolidata a livello aziendale da più di venti anni. Lo sviluppo di  Internet e di applicativi per riunioni virtuali ha esteso macroscopicamente l’utilizzo di tali strumenti con notevoli risparmi di costi e di tempi. Oggi sono disponibili oltre che prodotti a pagamento anche applicativi gratuiti che permettono la realizzazione di riunioni on line con molteplicità di partecipanti: sotto questo punto di vista v’è da citare l’esempio di Skype che si presta a riunioni in videoconferenza, Google Hangouts, suite di applicazioni di produttività che consentono di condividere lo schermo, collaborare in Google Documenti e guardare insieme presentazioni e grafici, Open Meetings che permette di creare un proprio profilo utente, e partecipare sia alle stanze pubbliche, sia creare una stanza privata cui invitare esclusivamente i contatti che si desidera (tramite e-mail) oppure farsi invitare a autentiche sale riunioni, il programma si interfaccia con la propria webcam e/o microfono.

I profili di utilità ed i limiti di tali tecnologie si intrecciano con le vicende giuridiche che ne possono inerire. Innanzitutto vanno evidenziati innegabili limiti interattivi derivanti dalla natura e complessità delle relazioni sindacali e delle dinamiche tra rappresentanti e rappresentati, tali da non rendere tali mezzi assolutamente sostitutivi delle assemblee de visu, ma sicuramente ausilio alternativo, finalizzato all’estensione massima della partecipatività, soprattutto in realtà aziendali o amministrative frammentate e territoriali.

Dal lato giuridico vi è da analizzare il profilo autorizzatorio da parte del soggetto datore di lavoro: la messa a disposizione di idonei locali viene sostituita in tali termini nella possibilità di utilizzo di “suite” telematiche.

L’utilizzo di tali programmi di condivisione per Assemblee sindacali in rete dovrebbe essere in ogni caso realizzabile. Ciò, naturalmente entro i termini temporali dell’assemblea stessa: d’altra parte avverrebbe con le stesse modalità con le quali tali strumenti, come si è detto prima perlopiù gratuiti, vengono utilizzati per riunioni di lavoro vere e proprie.

Sull’utilizzo di applicativi di teleconferenza con licenza proprietaria dell’azienda, e quindi poiché tecnologicamente più avanzati sicuramente più fruibili, sorgono maggiori dubbi: perché l’azienda dovrebbe mettere a disposizione delle rappresentanze uno strumento di lavoro sul quale ha investito risorse economiche proprie? Ma allora perché l’azienda dovrebbe mettere a disposizione locali idonei al suo interno per le assemblee, quando i locali sono stati realizzati anch’essi con risorse economiche proprie per finalità lavorative?

Seguendo il filo del ragionamento i locali e le suites telematiche rappresentano sotto forma diversa la stessa cosa ed un utilizzo limitato nel tempo, giustificato dai diritti del lavoratore e non di ostacolo rispetto al primario utilizzo lavorativo (il Sistema non è un bene “consumabile”) risulta plausibile.

L’ultimo aspetto di opposizione dal lato Datoriale è quello dei costi della connessione. Limitati, se si pensa ai costi oggi bassissimi di accesso in rete e non raffrontabili rispetto ai costi di gestione di locali per assemblee.

Molto interessante è poi dal lato della tutela del lavoratore quello della riservatezza e non accessibilità da parte del datore di lavoro di queste “teleassemblee”: si estendono per tale ipotesi le fattispecie di tutela della riservatezza ed il divieto generale dei controlli a distanza previsti quanto alle comunicazioni sindacali ed alle mail aziendali.

Va detto in conclusione che l’Assemblea Sindacale On Line non è una chimera irrealizzabile ma, già attuabile con i mezzi a disposizione, può conoscere un’estensione progressiva con gli sviluppi esponenziali della telematica. Sotto tale punto di vista, come è avvenuto ed avviene in tutti i settori dall’impresa al commercio, dalla società civile alla pubblica amministrazione, dovrà essere il diritto a inseguire, con ormai usuale ritardo, lo sviluppo telematico.

4. Referendum On Line

Il Referendum è l’ulteriore prerogativa di carattere assembleare prevista al’articolo 21 dello Statuto dei Lavoratori per quello che riguarda le libertà sindacali. Esso si finalizza all’emersione delle opinioni dei lavoratori in merito a vicende inerenti i rapporti azienda-sindacato. Di norma lo scrutinio di tali opinioni è segreto.

Esso deve tenersi nel luogo di lavoro, ma fuori dall’orario lavorativo, salvo diversa previsione contrattuale e non è vincolativo. Il Datore di lavoro deve collaborare affinchè questa prerogativa si realizzi materialmente mettendo a disposizione, a pena di azione per condotta antisindacale, idonei locali per il suo svolgimento.

Lo strumento digitale assume primariamente importanza in ordine alla convocazione dello stesso ed alle comunicazioni che ne ineriscono. Qui vale la disciplina analizzata quanto alle comunicazioni sindacali per posta elettronica ed alla bacheca elettronica e quindi la piena legittimazione delle Sigle ad utilizzare gli strumenti elettronici aziendali per tale fine.

Quanto al suo effettivo svolgimento si possono prospettare modalità digitali analoghe a quelle realizzabili per sperimentare modelli di democrazia elettronica, è il cosiddetto “e-vote”, questo soprattutto in realtà aziendali molto grandi con  strutture decentrate.

Recentissime iniziative di carattere consultivo-referendario sono state intraprese in Italia: quella più importante è quella del marzo 2012 del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, per verificare il parere della cittadinanza su un tema di scottante attualità quale quello del valore legale dei titoli di studio. Il sistema del Ministero viene di volta in volta attivato per altre consultazioni.

Nella realizzazione di referendum sindacali on line i problemi sarebbero legati ovviamente alla privacy del Dipendente nell’esercizio del diritto di voto segreto e alla non accessibilità del Sistema da parte del Datore di lavoro.

Per la messa a disposizione del sistema e dei computer valgono le stesse regole relative alle disponibilità del Datore in ordine all’assemblea. Le norme dei contratti ed appositi regolamenti e disciplinari potrebbero stabilire i principi cui sottenderebbero gli aspetti tecnico gestionali delle modalità di espletamento, ivi compresi i costi che inevitabilmente i sistemi sperimentali avrebbero (su tale punto la leale collaborazione tra Sindacati ed Aziende sarebbe fondamentale).

Pleonastica, inoltre, risulterebbe la norma che prevede lo svolgimento dei referendum fuori dall’orario di ufficio, vista l’istantaneità dei sistemi di votazione e di scrutinio.

La velocità di gestione e l’estrema flessibilità e fungibilità dei sistemi garantirebbero quindi la possibilità di un utilizzo più massivo di tale istituto, realizzantesi nelle modalità cartacee, nel passato ed oggi, solo per eventualità eccezionali ed altamente strategiche.

L’obiettivo finale sarà  quello di giungere ad un Sindacato 2.0 nel quale tale istituto partecipativo venga rivalutato ed esteso per contingenze di maggiore ordinarietà e nel quale pertanto le dinamiche Sindacati – Lavoratori – Aziende assumeranno maggiore flessibilità e trasparenza.

5. Bacheca sindacale digitale

La bacheca sindacale elettronica rappresenta l’istituto evolutivo delle prerogative sindacali sicuramente più a portata di mano rispetto alla teleassemblea ed al referendum on line. Questo per le caratteristiche di mera pubblicità e conoscenza dello strumento e della sua non interattività con l’utenza-forza lavoro, che ha permesso la sua diffusione nelle intranet aziendali fin dalle prime fasi di diffusione di internet.

Ed è per questo che sin dalla metà degli anni ’90 si è avuto a che fare con esperienze organizzative e giurisprudenziali che hanno reinterpretato tale strumento, previsto all’art. 25 dello Statuto dei Lavoratori, in un senso “elettronico”: ciò in concomitanza anche con le dinamiche evolutive del telelavoro, del lavoro svolto a distanza attraverso la rete.

Così si è consolidato un principio di obbligatorietà da parte del Datore di lavoro di realizzazione per l’utilizzo da parte delle Rappresentanze della bacheca elettronica, la cui violazione configura, come per la bacheca tradizionale, una vera e propria “condotta antisindacale” sanzionabile ex art. 28 dello S.L.

In tal senso si è mossa  la prima giurisprudenza sul’argomento (Pretura di Milano, decreto 7 aprile 1995) che ha ritenuto antisindacale il rifiuto del datore di lavoro di consentire l’accesso alle Rappresentanze Sindacali Aziendali ad uno strumento informatico per comunicazioni ai lavoratori su materie di interesse sindacale. Nella fattispecie, le organizzazioni sindacali chiedevano al datore di lavoro ai sensi dell’art. 25 della legge n. 300/1970 di ottenere una bacheca informatica all’interno del sistema di comunicazione aziendale. Nella sostanza, il magistrato motivava la propria decisione con la necessità di una applicazione evolutiva dell’art. 25 della legge n. 300/1970

Tale Sentenza si è innestata nel contesto di un’azienda evoluta del settore informatico (IBM) la quale, per ciò tale, sperimentava al suo interno forme di lavoro a distanza che per la prima volta ponevano il problema dell’esercizio dei diritti sindacali per i “primigeni” telelavoratori. Lo stesso provvedimento ha sancito tra l’altro quel principio di “reciprocità” tra il Datore di Lavoro ed i Sindacati per quanto riguarda l’utilizzo delle comunicazioni in via telematica, che sta alla base delle evoluzioni successive riguardanti il divieto di controllo a distanza e la tutela della riservatezza.

La vicenda IBM si risolveva poi in maniera esemplare attraverso un accordo successivo tra l’Azienda e i Sindacati che ha stabilito norme circa: la collocazione telematica della bacheca nell’intranet dell’Azienda, i soggetti legittimati ad affiggere digitalmente le comunicazioni, le convocazioni e le attività, i tempi di conservazione on line degli atti, la permanenza delle modalità concordate per adeguare la bacheca a più moderne condizioni tecnologiche.

Non mancano tuttavia giurisprudenzialmente battute d’arresto rispetto alla lungimirante e quasi profetica Sentenza di cui sopra. Si registra in proposito una sentenza di Trib. Catania 2 febbraio 2009 che in assenza di accordo Sindacati-Azienda in ordine all’uso di intranet, ha effettuato una discutibilissima riconduzione dell’invio di comunicazioni sindacali ai dipendenti da parte della Rappresentanza Sindacale Aziendale nell’ambito del cd. “volantinaggio” di cui all’art. 26 dello Statuto dei lavoratori, che legittima i sindacati a «svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all’interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell’attività aziendale».

Con tale assimilazione la Sentenzade qua ha di fatto limitato la comunicazione on line, poiché ha riportato giuridicamente la celerità e fungibilità dello strumento informatico a modalità cartacee ormai sorpassate che come tali richiedono tempi lunghi di gestazione e diffusione, tanto da dover essere compiute fuori dall’orario d’ufficio.

In conclusione la bacheca on line costituisce per le sue caratteristiche digitalmente semplificate il primo step verso una evoluzione del diritto sindacale in senso elettronico: le organizzazioni sindacali attraverso iniziative normative generali, attraverso la leale collaborazione con le parti datoriali e quindi attraverso maggiori sperimentazioni, potrebbero essere protagoniste di tale sviluppo facendosi portavoce di una rappresentanza al passo con i tempi della “New Economy”.

 

L’articolo nella sua interezza, sotto forma di Saggio, sarà pubblicato sulla Rivista elettronica di Diritto, Economia, Management

Giampaolo Teodori

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