Finanziamento ai partiti: ok all’abolizione 20 anni dopo il referendum

Redazione 24/05/13
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Improvvisamente, in Consiglio dei ministri appare il blocco ai finanziamenti pubblici ai partiti. Il provvedimento che non t’aspetti è stato messo in ordine del giorno per la seduta di oggi, dopo le numerose pressioni degli ultimi mesi che hanno spinto i partiti a dover ripensare il sistema dei contributi statali alle forze politiche. E alla fine della riunione tra il premier Letta e i suoi ministri, è stato ufficializzato l’ok all’abolizione alle erogazioni verso le forze politiche“A giorni – ha confermato il premier – avremo il testo”

Tema rovente, che ha suscitato l’indignazione di una parte sempre più ampia dell’opinione pubblica, anche a seguito degli scandali sulle spese pazze sospinte dai tesorieri di Lega nord e Margherita, Lusi e Belsito, la riforma del finanziamento pubblico sui partiti è diventata un’assoluta priorità nell’agenda di governo.

Lo aveva già confermato Enrico Letta nel chiedere la fiducia alle Camere nel primo discorso subito dopo il giuramento del governo, e, in seguito, tra gli uffici di Montecitorio e del Senato si erano accumulate diverse proposte di legge per una revisione delle risorse che vengono erogate da parte pubblica in direzione delle segreterie di partito.

Tutto ciò, è bene ricordare, malgrado il referendum del 1993 avesse abrogato a furor di popolo le norme che regolamentavano il finanziamento pubblico ai partiti, il quale, però, è stato successivamente reintrodotto dietro il paravento legislativo dei “rimborsi elettorali”.

Cifre tutt’altro che esigue, commisurate ai voti ricevuti, che ammontano, per i partiti maggiori, a decine di milioni di euro. Basti pensare, in proposito, che il MoVimento 5 Stelle ha annunciato di rinunciare a un rimborso di 42 milioni secondo le ripartizioni previste per legge. Cifre pressoché analoghe son state invece incassate da Pd e Pdl, anche se in generale tutti i partiti presenti in parlamento hanno raccolto il proprio gruzzoletto, per un totale di 160 milioni di euro pompati nelle casseforti dei partiti.

L’idea al vaglio, comunque, non è quella di una politica totalmente autofinanziata. Alcune delle ipotesi propongono di istituire controlli molto più ferrei sulla contabilità dei partiti, affinché i cittadini scelgano consapevolmente a chi affidare il proprio sostegno, totalmente arbitrario. E’ la figura dell’elettore finanziatore, che sta prendendo sempre più piede soprattutto con le campagne per le elezioni primarie, o, ancora, per le amministrative.

Altro punto su cui si sta riflettendo è certamente quello di toglier di mezzo il finanziamento mascherato restato in vigore fino a oggi e, di contro, introdurre meccanismi di rendicontazione molto più precisi, affinché i rimborsi possano essere effettivamente valutati come tali a fronte di spese realmente sostenute.

Dunque, il governo Letta, dopo l’abolizione dei doppi stipendi ai politici cerca di proseguire sulla strada dell’austerity verso la politica. Lo stesso presidente del Consiglio, è stato calcolato, dovrebbe rinunciare per l’anno in corso a 100mila euro lordi, per un risparmio complessivo che tra ministri e sottosegretari supera il milione e mezzo di euro.

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