Cedolare secca e decreto Imu 2013: per una nuova fiscalità immobiliare

Scarica PDF Stampa
Ormai ci siamo. Il governo sta per varare il primo, importantissimo provvedimento che dovrebbe aprire la strada all’ampia revisione sulla tassazione degli immobili, come annunciato dal premier Enrico Letta. Sul tavolo, indubbiamente figurerà il rinvio della prima rata dell’Imu di giugno, che riguarderà le abitazioni principali e probabilmente anche i capannoni industriali. Tra le misure a corredo, anche in ottica coperture, si è parlato di un ripensamento – quando non di un’abolizione vera e propria – della cedolare secca sugli affitti, a fronte dei magri risultati prodotti dopo la sua istituzione. Ne parliamo con Antonella Donati, saggista ed esperta del comparto immobiliare.

 

Improvvisamente, la cedolare secca è finita sotto accusa e potrebbe essere rivista – se non addirittura cancellata – nelle prossime misure annunciate dal governo sul comparto immobiliare. Quanto ha inciso negli ultimi due anni questa misura nel carico lamentato dalle famiglie?

La cedolare secca  stata introdotta nell’ambito del federalismo fiscale, vale a dire con lo stesso provvedimento che ha previsto anche l’arrivo dell’Imu. L’intenzione del legislatore era quella di trasferire completamente a livello comunale la fiscalità immobiliare, e quindi riconoscere ai Comuni non solo l’intero gettito del comparto ma anche eventuali ulteriori introiti dovuti dal recupero del sommerso. Ovviamente questo intervento era destinato a provocare un calo degli incassi da parte dello Stato in riferimento al gettito Irpef, ma, come detto, la cedolare rappresentava, almeno nell’impianto originario del provvedimento, uno dei nuovi pilastri della fiscalità locale. Purtroppo, però, c’è stata una mancanza di chiarezza a livello iniziale, con istruzioni dell’Agenzia delle entrate dettate in ritardo e in maniera caotica, quando già gran parte dei commercialisti, nonchè diverse associazioni di categoria,  avevano dato indicazioni errate in riferimento all’effettiva convenienza della cedolare, che sarebbe stata anche accompagnata da un’eccessiva difficoltà nell’esercizio dell’opzione. In realtà, la convenienza della cedolare è più che certa nella gran parte delle situazioni, dato che di fatto con il sistema delle addizionali regionali all’aliquota marginale occorre aggiungere almeno tre punti, più il costo dell’imposta di registro da versare annualmente. Un calcolo, questo, che rendeva la cedolare conveniente per la gran parte dei contratti fin dalla sua introduzione, vale a dire quando ancora l’importo annuale del canone da denunciare ai fini Irpef era pari all’85% e non al 95% come invece accade dal 2013.

Da più parti, la ragione per cui si dovrebbe mettere le mani alla cedolare viene individuata nel suo scarso successo in merito alla fuoriuscita del sommerso. Ma le cose stanno veramente così? Davvero si è trattato di un flop?

Sicuramente l’obbiettivo dichiarato della cedolare era quello di favorire l’emersione degli affitti in nero e altrettanto sicuramente questo obbiettivo non è stato centrato. E non lo è stato per due motivi: da un lato perchè c’è una obbiettiva carenza di controlli, il che fa pensare ai proprietari di poter continuare a farla franca anche in futuro, dall’altra perchè il rapporto tra proprietario e inquilino non sempre è conflittuale. Mi spiego: chi affitta in nero in genere si mette in casa persone conosciute, amici di amici quanto meno, e parla chiaro, ossia propone un affitto a canone più basso di quello di mercato a fronte della “complicità” dell’inquilino e della sua disponibilità a rinunciare alle detrazioni fiscali sul canone. In queste situazioni ipotizzare che l’inquilino denunci il proprio padrone di casa è  assai poco credibile, sia per il rapporto personale, sia perchè non tutti hanno comunque la possibilità di usufruire delle agevolazioni. Inoltre molto spesso chi accetta un affitto in nero si trova in situazioni di obbiettiva difficoltà, magari non ha un lavoro sicuro, e quindi non ha alcuna convenienza a scegliere un canone più alto a fronte di un contratto in regola, con il dubbio di non poter rispettare l’impegno per tutta la durata del contratto stesso, e l’impossibilità ad avere i vantaggi fiscali. In queste situazioni il proprietario sa di poter avere l’alloggio nuovamente a disposizione senza dover ricorrere allo sfratto, in caso di difficoltà del suo inquilino, così si crea un rapporto che di fatto rende impossibile  la denuncia per evasione fiscale del proprietario da parte di chi abita nell’appartamento.

Nata per semplificare, cresciuta come una zavorra. L’avvento della cedolare può aver addirittura penalizzato il mercato delle locazioni, paradossalmente?

Non ritengo che questa sia una lettura corretta. Il mercato delle locazioni soffre perché in presenza della crisi del mercato del lavoro; difficilmente un proprietario accetta di dare in locazione, in regola, il proprio appartamento a una famiglia sapendo che in caso di perdita del lavoro degli inquilini non potrà contare sull’incasso del canone e se si tratta, come detto, di contratto in regola, sarà tenuto a ricorrere allo sfratto. Per lo stesso motivo, peraltro, i giovani preferiscono affittare alloggi in condivisione piuttosto che farsi carico di un contratto da soli, con il rischio di non potervi più far fronte in caso di problemi sul lavoro.  Questo ovviamente penalizza il mercato degli affitti per così dire standard, ossia degli interi appartamenti, mentre è in crescita il mercato delle locazioni parziali.

Come si potrebbe intervenire, invece, riguardo le case sfitte da lungo tempo? Si ipotizza a una riduzione dei massimi di aliquota o una rimodulazione del valore catastale: questi interventi potrebbero rinvigorire le tasche delle famiglie o, come spesso accade, finirebbero per essere compensati da altri generi di prelievi?

A parer mio dovrebbe essere inasprita ulteriormente la tassazione sulle case che risultano sfitte, in tutti i casi in cui si tratta di immobili che si trovano nello stesso comune di residenza del proprietario. In questo modo non verrebbero penalizzate le case di vacanza ma, appunto, quelle sfitte o affittate in nero. Parallelamente dovrebbe essere prevista una riduzione dell’aliquota Imu per le case date in locazione. Inoltre dovrebbero essere favorite, anche fiscalmente, le fidejussioni a garanzia dei contratti di affitto, ovvero ipotizzare delle forme di assicurazione obbligatorie come accade per i contratti di mutuo.  In questo modo si potrebbe assicurare al proprietario l’incasso del canone anche a fronte di una momentanea difficoltà dell’inquilino, e garantire all’inquilino la possibilità di sospendere i pagamenti in caso di difficoltà senza rischiare di perdere l’alloggio.

Che idea si sta facendo riguardo il tormentone Imu? Abolizione, riduzione, sgravio: si potrebbe intervenire anche qui sulle aliquote o sul valore catastale? Ci sarebbero riduzioni sensibili sia per le famiglie che per le imprese?

L’Imu nella stesura originaria del provvedimento nasce come imposta sulle secondo case o comunque sugli immobili diversi dall’abitazione principale. Per far cassa, poi, lo scorso anno  stato introdotto l’obbligo di pagamento anche sulla prima casa. Peraltro poiché i Comuni hanno margini di manovra in tal senso, ce ne sono stati molti che hanno esentato comunque dall’obbligo di pagamento tutti gli immobili di categoria media, quindi diciamo la gran parte degli appartamenti. D’altro canto dopo l’abolizione dell’Ici sulla prima casa i Comuni erano stati in grado di trovare risorse aggiuntive, e quindi non c’è dubbio che potranno sopravvivere anche senza Imu sulla prima casa, considerando inoltre che tra Ici e Imu si sono ristrette le maglie, per cui l’esenzione può riguardare solo una casa per proprietario, e non più un numero N di case come accadeva in passato con l’Ici quando i comuni avevano la possibilità di assimilare a prima casa anche gli alloggi dati in uso ai parenti, così che due coniugi con due figli e quattro appartamenti potevano evitare di pagare l’Ici su tutti gli immobili.  Quindi più che sulle aliquote occorrerebbe intervenire a livello catastale come ha fatto e sta facendo il comune di Roma per rivedere il valore degli immobili nelle zone di pregio, ravvicinandoli a quelli di mercato ai fini dell’Imu. 

In generale, come pensa stia procedendo il nuovo governo sulla detassazione immobiliare? Si cercano più gli annunci o davvero cambiare Imu e cedolare potrebbe migliorare la situazione?

Il governo ha preso un impegno sull’Imu, di cedolare non si parla. Vedremo cosa accadrà venerdì.

 

Vai alla pubblicazione sulla cedolare secca 

Francesco Maltoni

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento