Toto Quirinale: i favoriti come prossimo Presidente della Repubblica

Redazione 29/03/13
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Assieme a quella, importantissima, del governo, in questi giorni è un’altra la partita che si sta giocando nei corridoi delle istituzioni romane. Un match che è strettamente collegato alla nascita dell’esecutivo e, insieme, potenzialmente in grado di influenzarne l’esito. Naturalmente, si tratta della corsa al Quirinale.

Mancano ormai due settimane al giorno fatidico, lunedì 15 aprile, quando cioè Camera e Senato si riuniranno in seduta comune per aprire le votazioni in cerca del successore di Giorgio Napolitano.

Come nel 2006, dunque, le sorti di palazzo Chigi si incrociano a quelle del Colle: allora, con il governo Prodi appena insediato e sorretto a palazzo Madama soltanto grazie ai senatori a vita, il nome giusto per la carica più alta dello Stato fu quello di Napolitano.

Oggi, però, il quadro sembra ancora più confuso, data l’assenza di una maggioranza precisa in Parlamento, con il centrosinistra sempre in leggero predominio ma non sufficiente per governare da solo.

A guardare la partita del Colle, però, le acque sembrano più tranquille da questo punto di vista: potenzialmente il centrosinistra e il MoVimento 5 Stelle, unitamente ai delegati regionali, riuscirebbero a raggiungere il quorum per eleggere il nuovo Capo dello Stato. Il ruolo di garante della Costituzione, però, è talmente delicato che un atto di forza in questa fase critica potrebbe generare effetti imprevedibili: tanto è vero che, per stessa ammissione dei maggiorenti Pdl, la priorità anche per il centrodestra è diretta alla Presidenza della Repubblica e non già alla formazione del governo.

Anche per questa ragione, negli ultimi giorni, Berlusconi ha assicurato il suo appoggio eventuale all’esecutivo del Pd se avesse ricevuto in cambio la garanzia che al Quirinale, questa volta, sarebbe andato un moderato, magari proprio in orbita del Cavaliere.

Candidato naturale a ricoprire questo compito, sarebbe Gianni Letta, pontiere storico di Berlusconi negli anni di governo e uomo di sicuro affidamento anche per mantenere la pax istituzionale. 

Tra i papabili, però, non manca qualche politico di lungo corso, come l’ex premier Lamberto Dini, che gode la fiducia del Cavaliere, nonostante qualche balletto di troppo in passato tra centrodestra e centrosinistra. In aggiunta, di buon occhio sarebbe vista anche la nomina di Giuliano Amato, ex fedelissimo di Craxi che passò indenne il ciclone di Mani Pulite e già sette anni or sono rientrava nella rosa dei possibili presidenti.

Dalla parte opposta, invece, le figure predilette sono altre. Situazione ormai compromessa per Romano Prodi, che di fronte a una simile incertezza politica non potrebbe ottenere il consenso nè di Pdl nè, tantomeno, del MoVimento 5 Stelle.

Si fanno strada allora, sempre più, le figure cosiddette di garanzia esterne ai partiti, nelle ultime ore in lizza anche per un incarico di governo: Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, Emma Bonino, non rieletta in Parlamento.

Rodotà è il nome che circola da più tempo e per questo potrebbe arrivare col fiato corto al rettilineo finale. Vicepresidente della Camera dal 1992 al 1994, dal 1997 al 2005 ha ricoperto l’incarico di Garante della privacy.

Figura non troppo distante è poi quella di Zagrebelsky, giurista raffinato, ex presidente della Corte costituzionale e uomo di rara franchezza, come dimostrato nella questione delle intercettazioni proprio allo stesso Napolitano, contro il quale non ha esitato  a prendere posizione.

Infine, Emma Bonino, leader dei radicali, ex commissario europeo ed ex vicepresidente della Camera, da qualche tempo lontana dai riflettori, ma dal profilo smaccatamente laico.

Personalità su cui Pd e MoVimento 5 Stelle potrebbero convergere, che però finirebbero giocoforza per incontrare porte sbarrate sul fronte berlusconiano se non si verificasse un’improvvisa distensione. A questo proposito, per ammansire anche il centrodestra e trovare così una figura di riferimento per tutti, il Partito democratico è pronto a giocare la carta di un presidente cattolico.

Così, sfumata l’ipotesi prodi, restano sul tavolo alcuni “grandi vecchi” del cattolicesimo sociale, come Pierluigi Castagnetti – che avrebbe l’appoggio di Matteo Renzi – l’ex presidente del Senato Franco Marini o ancora, il più defilato Sergio Mattarella, firmatario della legge elettorale precedente a quella in vigore. Su di lui, però, c’è un precedente che mina il rapporto con il Cavaliere: le dimissioni, da ministro, in seguito all’approvazione della norma sulle televisioni passata alla storia come legge Mammì.

 

Redazione

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