Two Pack, il Parlamento europeo approva. Criticità e prospettive

Redazione 18/03/13
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Martedì 12 marzo il Parlamento europeo di Strasburgo ha approvato a larga maggioranza il cosiddetto “Two Pack”, il regolamento rafforzativo della governance economica dei 17 Paesi europei aderenti alla moneta unica che fa registrare un’accelerazione sul cammino avviato dal Semestre europeo, proseguito col “Six Pack” e da ultimo con il Fiscal Compact. L’Europarlamento, riunito in sessione plenaria, ha dato il via libera ad entrambe le relazioni componenti il “pacchetto”, quella del deputato francese Jean-Paul Gauzès, del Partito Popolare Europeo, e della portoghese Elisa Ferreira, della Allenza Progressista dei Socialisti e dei Democratici.

Se l’accordo raggiunto al Parlamento europeo sarà – come appare del tutto probabile – ratificato anche dal Consiglio, composto dai Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri, dal Presidente della Commissione europea Barroso e presieduto da Van Rompuy, il Two Pack entrerà in vigore direttamente dal 1° gennaio 2014, non essendoci in tal caso bisogno (al contrario delle Direttive Ue) del recepimento da parte dei singoli Stati nazionali.

Il testo originario proposto dalla Commissione europea, come ampiamente preannunciato, ha subito alcuni importanti emendamenti da parte dei parlamentari europei, che ne hanno mitigato l’impostazione iniziale fortemente liberista e “rigorista”: accanto ad un nuovo capitolo sul coordinamento delle politiche economiche nazionali, infatti, sono stati inseriti progetti per una parziale condivisione dei debiti pubblici dell’Eurozona e la tutela giuridica dei Paesi più esposti al rischio di bancarotta.

Ma il “punto forte” che fa del Two Pack un passo in avanti fondamentale nell’integrazione sempre più stretta dei 17 Paesi dell’area euro rimane confermato: la Commissione europea, a partire dal 2014, avrà il potere di veto sui bilanci nazionali dei 17 Paesi della moneta unica, laddove fino ad oggi poteva esprimere semplici “raccomandazioni”.

Il regolamento approvato a Strasburgo prevede che ogni anno, entro la fine di ottobre, i Governi dell’Eurozona sottopongano alla supervisione di Bruxelles i propri bilanci per l’anno seguente (quelle che in Italia sono note come “leggi di stabilità”). A quel punto ed alla luce dei conti presentati, la Commissione potrà decidere volta per volta di cassare interi punti delle manovre finanziarie chiedendo mutamenti anche radicali, in modo da “armonizzare” la politica economica dell’intera zona euro. A rafforzamento di quanto stabilito, è prevista la possibilità di emanare sanzioni verso quegli Stati che non dovessero adeguarsi alle prescrizioni ricevute. Un potere di veto del tutto inedito nell’Unione europea, dove per la prima volta non sono i singoli Stati a poter fermare decisioni comunitarie ma è proprio un organismo sovranazionale a poter interferire – pesantemente – nella vita economica dei Paesi membri.

L’unione economica e monetaria diventa così molto più vicina e, in futuro, sarà molto difficile il ripetersi di casi di quasi-default come quelli della Grecia, del Portogallo e dell’Irlanda (con le fibrillazioni create in economie europee ben più grandi delle loro, come Spagna, Italia e, in misura minore, nella stessa Francia).

Con il Two Pack siamo arrivato ad uno snodo fondamentale dell’Unione europea. Esso, ben poco pubblicizzato dalle autorità ai vertici dell’Unione, dai singoli Governi e dalla stessa stampa e per questo passato quasi inosservato all’opinione pubblica europea, rappresenta il prezzo politico più alto pagato dagli Stati membri in termini di perdita della propria sovranità nazionale. Un prezzo tale che, in assenza della gravissima crisi economica in corso che ha rischiato, tra il 2011 ed il 2012, di far implodere l’intera architettura dell’Unione europea faticosamente costruita in oltre 60 anni di storia, i singoli Stati nazionali europei sarebbero stati disposti a pagare solo molto più avanti nel tempo.

È più che reale, inoltre, la sensazione che in tutto questo ci sia un quantomeno parziale deficit democratico, un’enorme delega di poteri nelle mani della “bancocrazia” di Francoforte, sede della Bce, e dell’“euroburocrazia” di Bruxelles, sede di quella stessa Commissione Ue che è, a tutti gli effetti, un organismo sovranazionale “tecnico” e non politico (nonostante i suoi Commissari siano nominati dai Governi nazionali e, di seguito, approvati dal Parlamento europeo).

I parlamentari di Strasburgo, dal canto loro, hanno cercato di fare il possibile per mitigare questo aspetto più “tecnocratico” del Two Pack, approvando una serie di piccoli provvedimenti volti ad aumentare la trasparenza e la pubblicità della supervisione della Commissione Ue sui bilanci e “addolcendo” l’intervento di Bruxelles sui capitoli di spesa nazionale più “sensibili” (sanità, istruzione, interventi per incentivare crescita ed occupazione), a maggior ragione nell’attuale fase di recessione economica.

Ma l’impressione generale è che da questo gap democratico tra istituzioni europee e cittadini elettori si possa uscire solo con “più Europa”, cioè con un rafforzamento del controllo politico del Parlamento europeo (che è, ad oggi, l’unica istituzione dell’Unione eletta direttamente dai cittadini dei Paesi membri) sull’operato degli organismi “tecnici”. Dunque, accanto all’integrazione economica e monetaria occorre accelerare la costruzione di un’unione politica sempre più forte e democratica.

E, dopo il boccone più amaro, veniamo a quegli aspetti del Two Pack che rappresentano le “pillole” per rendere più digeribile ai Paesi membri quanto appena approvato.

  • Più controllo del Parlamento europeo sulle azioni della “Troika”

In merito ci sono tante buone intenzioni ed ancora pochi dettagli, ma il Parlamento di Strasburgo è intenzionato a rivendicare una maggiore trasparenza nell’operato della Troika (composta da Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale), dopo i precedenti negativi di Irlanda, Portogallo e soprattutto Grecia, dove la popolazione è stata ridotta allo stremo dai piani di rientro dal debito e forse – anche se pochi uomini politici europei osano affermarlo pubblicamente – è stata compromessa la capacità di ripresa economica in maniera permanente per molti anni a venire.

D’ora in avanti, dunque, l’arma del “commissariamento” dovrebbe essere usata con molta maggior attenzione e sotto un più stretto controllo del Parlamento europeo, con un maggiore coinvolgimento di “armi anti-speculazione” europee (come il Mes, Meccanismo europeo di stabilità) e non estere.

  • Il Fondo europeo di redenzione del debito

Si tratta di un “fondo di riscatto” (Erf, European redemption fund) di cui possono beneficiare i Paesi membri non direttamente assistiti da forme di salvataggio più “forti” (Troika o Mes), conferendovi tutta la parte del proprio debito pubblico eccedente il 60% del rapporto sul Pil (come stabilito dal Fiscal Compact) per rimborsarla in un arco di tempo stabilito a 25 anni ad un tasso di interesse medio più basso. Questo Fondo, la cui creazione è espressamente prevista nel Two Pack, consentirebbe di rompere la “spirale negativa” (aumento del tasso d’interesse → aumento del debito pubblico → minor crescita) a quei Paesi maggiormente in difficoltà che devono affrontare in situazioni estreme anche il cammino delle necessarie riforme strutturali (mercato del lavoro, pensioni, liberalizzazioni, competitività, anticorruzione, ecc.).

  • Piano per la crescita da 100 miliardi l’anno

Alla fine votato anche dai parlamentari del Partito Popolare Europeo, l’istituzione di un Fondo comune europeo per la crescita dovrebbe essere in grado di mobilitare almeno 100 miliardi di euro l’anno (circa l’1% del Pil dell’Ue a 27) per un periodo di 10 anni, tramite project bond emessi dalla Bei (la Banca europea degli investimenti), appositamente rivolti alla costruzione di infrastrutture (materiali ed immateriali) su scala europea.

  •  Eurobills ed eurobond

Anche comunemente raggruppati sotto l’etichetta di “stability bonds”. L’istituzione dei primi è ufficialmente prevista nel Two Pack, con l’obiettivo di perseguire una sostituzione parziale delle emissioni nazionali del debito attraverso l’emissione comune sotto forma di un fondo di riscatto ed eurotitoli. E qui ci si avvicina agli eurobond tanto invisi al Cancelliere Merkel e a buona parte dei cittadini tedeschi e che, tuttavia, rappresenterebbero verosimilmente la fine di ogni possibilità speculativa aggressiva nei confronti dell’Eurozona. Il cammino è sicuramente ancora molto lungo, quello che intanto il Two Pack ha previsto è solo l’istituzione di un “comitato di saggi” che emetterà un parere – non vincolante – sulla fattibilità futura di un sistema di eurobond in Europa.

  •  Tutela giuridica per evitare il rischio fallimento

Nel rapporto Gauzès è stato previsto il regime di “assoggettamento di uno Stato membro a tutela giuridica” in caso di fallimento – sull’esempio di quanto previsto dal Capitolo 11 della Costituzione degli Stati Uniti d’America. A partire dal 2017, uno Stato dell’Eurozona non potrà più essere dichiarato fallito, i creditori dovrebbero palesarsi entro due mesi alla Commissione europea (pena l’estinzione automatica del loro debito), gli interessi sui prestiti verrebbero congelati ed il Governo così soccorso sarebbe, di fatto, anche commissariato.

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