“Monti Bonds” capitale pubblico per una società privata sì, ma… fino a quando?

Paolo Righini 25/02/13
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Perché un panificatore sforni pane, serve farina.

Perché una banca presti denaro, occorre capitale.

Senza farina, niente pane… chiude il panificio.

Senza capitale, niente denaro da prestare… chiude… MPS, come hanno già fatto Lehman ed altre meno note.

Nessuno di noi vuole o può permettersi che questo accada, per cui, ecco i due rimedi tradizionali che propongono i manuali:

1) Emettere nuove azioni facendo appello ai risparmiatori: si illustra il nuovo progetto industriale e ci si affaccia al mercato del risparmio, invitando chi ha denaro da parte a dare fiducia ad MPS, salire sulla barca e remare assieme a chi già c’è. Insomma, a diventare socio.

2) Emettere obbligazioni: anche qui si spiega al mercato che cosa si intende fare con il denaro che si domanda in prestito, che interessi renderà, quando verrà restituito.

Sennonché, nel caso di MPS, nessuna soluzione “scolastica” sembra prati-cabile, poiché i debiti e le opacità trascorse dell’istituto potrebbero intimorire gli investitori; di conseguenza, l’emissione di azioni o obbligazioni… facilmente ca-drebbe nel vuoto.

Se questo succedesse, si verificherebbe un disastro che l’economia nazionale non potrebbe sopportare.

Ecco, allora, che compare una soluzione originale (nelle forme, ma, come vedremo, non nella sostanza): i cosiddetti “Monti Bonds”, Si tratta di un prodotto finanziario ibrido tra azioni ed obbligazioni, il quale, se da un lato consentirà per certo alla banca di funzionare nell’immediato, dall’altro, entro un paio d’anni non potrà che condurla ad una inevitabile nazionalizzazione, con un’uscita di scena di quella Fondazione che, di fatto, sino ad ora, ha determinato le sorti della banca toscana (all’esito del tutto la fondazione potrebbe detenere lo 0,5 del capitale della banca… un’inezia, rispetto al 35% attuale).

Vediamo perché e come si è giungerà a questo.

In primo luogo, va rammentato che, il “rifornimento di farina” per l’Istituto di credito è stato deciso ben prima dell’ indagine sui derivati: infatti, si tratta di un’o-perazione richiesta dall‘Eba (European Banking Authority, l’autorità che vigila sul settore creditizio europeo) per ricapitalizzare la banca. In pratica, MPS aveva (ed ha) in portafoglio moltissimi titoli di Stato, in particolare Italiani. Quando si è verifi-cata la crisi “ a catena” dei debiti sovrani (Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda ed Italia), la banca si è trovata costretta a svalutare i titoli di sua proprietà: in pratica, gli stessi BOT o CCT, o Buenos, che in precedenza aveva acquistato pagandoli al 100% del loro valore nominale (o anche di più), nel 2011 li ha dovuti iscrivere a bilancio ad un valore inferiore a quello d’acquisto (magari, l’80%), perché sapeva che, se li avesse venduti in quel momento, quello sarebbe stato il presumibile realizzo, non un centesimo di più. Così se ne andava una parte notevole del patrimonio di MPS. Di qui le esigenze di ricapitalizzazione evidenziate dall’EBA, lo ripeto, ben prima della scoperta dello “scandalo derivati”.

E’ a questo punto che, per rafforzare il patrimonio della banca, dunque iniettare il denaro necessario per consentirne l’operatività, si pensa ai cosiddetti “Monti Bonds”, i quali, stringi, stringi, funzionano in questo modo:

• MPS emette “obbligazioni” per 3,9 miliardi di Euro;

• dette obbligazioni vengono tutte acquistate (sottoscritte) dal Governo Ita-liano.

Chi è arrivato a leggere sino a qui, si sarà accorto che in questo modo viene raggiunto l’obiettivo di evitare il cosiddetto “rischio mercati” di cui si paralava so-pra: la banca non ha più paura di non trovare acquirenti di azioni o obbligazioni; ha già pronto lì il proprio finanziatore, lo Stato Italiano.

Però…, c’è una serie di però:

1) a differenza delle obbligazioni “tradizionali” questi titoli sono perpetui (cioè privi di scadenza).

2) ogni anno, i bonds prevedono il pagamento di un tasso d’interesse molto alto, inizialmente del 9% che sale progressivamente al 15% negli anni successivi.

3) gli interessi prodotti da questi titoli, i quali eccedano il risultato di esercizio (ad esempio, utile della banca al 7% ed interessi dei Monti Bonds al 9%, differenza = 2%), possono essere convertiti ogni anno in azioni della banca.

4) gli €. 3,9 miliardi, in parte, serviranno per rimborsare allo Stato (che, in questo modo, paga se stesso) i precedenti “Tremonti Bonds”;

5) MPS ha la facoltà di trasformare in qualsiasi momento i bonds sottoscritti dal Governo in capitale della società. Il che, se avvenisse ora, all’attuale valore di borsa delle azioni, rappresenterebbe una nazionalizzazione completa ed im-mediata dell’istituto, dato che gli €. 3,9 miliardi che si riceveranno dallo Stato, supera di gran lunga il valore delle azioni oggi esistenti (si parla di oltre il 90%);

Ora, posto che questo è il funzionamento del prestito noto come Monti Bonds, bisogna anche tenere conto di questi ulteriori fattori:

• l’anno prossimo, su tale prestito, MPS dovrà restituire allo Stato circa €. 400 mi-lioni, cioè il 9% degli €. 3,9 miliardi di “Monti Bonds”;

• questa somma salirà di anno in anno;

• il derivato con Nomura sta prosciugando una parte di utili notevoli prodotti dal-la banca;

• il ciclo economico nazionale ed internazionale è negativo;

In conclusione, vi è chi sostiene che la banca non riuscirà mai a disporre del denaro per liquidare gli interessi generati dai Monti Bonds, né, tantomeno, a resti-tuirne il capitale; per tale ragione, assai verosimilmente, lo Stato Italiano vedrà la conversione del prestito concesso in azioni della banca arrivando all’82% di queste nel giro di un paio d’anni, entro il 2015.

Dunque, cattive notizie per la Fondazione che perde per certo il controllo dell’Istituto nel giro di due anni. Si tenga conto del fatto che, la direzione della Fondazione Monte Paschi è formata da soggetti nominati dalle istituzioni locali: Provincia, ecc., quindi, tra banca e Siena, si verificherà una cesura irreversibile (secondo taluni, sanificatrice).

Cattive notizie anche per l’erario che si sta indebitando con un soggetto MPS, che, a meno di un miracolo, altro non potrà fare che offrirgli di salire sulla propria barca, invece di restituire il prestito ottenuto.

Buone notizie, invece – e questo è quello che conta – per i clienti MPS, che, comunque vadano le cose, vedono allontanarsi in via definitiva, qualsiasi rischio di default.

Non è mancato chi si opponesse a tale soluzione, trovandola dispendiosa e mal congegnata; infatti, un’associazione dei consumatori ha impugnato la delibe-ra di Banca d’Italia che autorizzava l’emissione obbligazionaria, pur senza succes-so, dato che, secondo il TAR del Lazio, investito della vicenda, a prescindere dalla correttezza nel merito dell’operazione, ha ritenuto non sussistono situazioni di “pre-giudizio immediato e diretto” nell’emissione.

La critica mossa dal Codacons, favorevole alla nazionalizzazione immediata dell’istituto, cioè all’emissione di azioni acquistate dal Tesoro tramite quegli €. 3,9 miliardi di cui sopra che, oggi, verrebbero solo prestati, è la seguente: l’emissione di Monti Bonds costringerà la banca a pagare interessi così alti che se ne bloccherà l’operatività per anni, dato che MPS risultando, paradossalmente, più indebitata (verso lo Stato, ma non solo) dei propri clienti, non riuscirà a concedere credito, cioè a fare la banca. Ed, in effetti, come già evidenziato, restituire al Governo Ita-liano interessi passivi dal 9% al 15% su €. 3,9 miliardi, non è certo impresa da poco. Se, poi, si considerano tutti gli altri debiti…

Anche l’Europa ha detto la sua in proposito, chiedendo una correzione al decreto sui Monti Bonds che potrebbe trasformare le Obbligazioni in Azioni in mano al Tesoro già in un anno: praticamente, Bruxelles impone che, solo gli interessi maturati al 31 dicembre 2012 possano venire pagati emettendo altri “Monti Bonds” (cioè altre obbligazioni), mentre dal 2013 in poi, MPS, o pagherà in contanti lo Stato Italiano, oppure, dovrà emettere azioni in suo favore.

Per completezza, dovrei anche aprire una parentesi su una questione mica piccola, di carattere squisitamente tecnico “finanziario / contabile” (mi si perdoni il linguaggio che segue): sostiene Giuseppe Bivona che le cosiddette operazioni di Long term Repo, eseguite su Btp di lunga scadenza le cui cedole sono state swappate, nascondano in realtà un derivato di credito (credit default swap). Se questo fosse vero – e non lo si può escludere – allora la contabilizzazione dei Monti Bonds andrebbe fatta già al loro valore attuale, per cui, la banca sarebbe già dello Stato ora.

Ad ogni buon conto, una cosa è certa: a meno che non si verifichino impre-visti davvero di grandi proporzioni, MPS la si può considerare, certus an, incertus quando, di proprietà del Ministero del Tesoro Italiano, dunque, nazionalizzata.

E, siccome, per ora si tratta di gran debiti che vengono riversati sulla colletti-vità… un augurio si impone: buoni debiti a tutti!

 

Paolo Righini

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