Le mafie in Europa: tra cooperazione tra istituzioni e frammentazione legislativa

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A vent’anni dall’assassinio per mano mafiosa del giornalista siciliano Beppe Alfano, alcuni comitati e associazioni antimafia assieme ai familiari, tra cui la figlia l’On. Sonia Alfano (presidente della commissione europea antimafia), hanno voluto ricordare la figura di Beppe organizzando una due giorni, 7 e 8 gennaio, all’insegna dell’antimafia a Barcellona Pozzo di Gotto (luogo di nascita e morte del giornalista).

La prima giornata è stata dedicata al problema mafie in Europa. Intenso il dibattito fra operatori del settore repressione, magistrati e forze dell’ordine, nel quale è emerso ancora una volta il carattere globale della criminalità organizzata, sempre più dinamica in ambito internazionale e pronta ad adeguarsi ai repentini cambiamenti socio-economico mondiali, tanto da riuscire a superare il profitto delle multinazionali microsoft e apple, come ha dichiarato Michel Quillè, direttore aggiunto di Europol.  Quillè ha anche constatato la difficoltà a contrastare adeguatamente le mafie, poiché alla loro cooperazione, anche a livello internazionale, si contrappongono gli ostacoli e le difficoltà che magistrati e forze di pubblica sicurezza dei vari paesi europei devono affrontare nell’indagare, specie al di fuori del proprio territorio, per via della frammentazione legislativa (tanto per fare un esempio il reato di associazione mafiosa è previsto solo in Italia,come se le mafie operassero solo nel belpaese).

Il problema della cooperazione è stato affrontato anche da Jorg Ziercke, presidente della polizia federale tedesca, che ha sottolineato la migliore sinergia tra autorità italiane e tedesche dopo la strage di Duisburg ma ha anche ammesso che ciò non basta e che bisogna riconoscere le limitazioni dei rispettivi ordinamenti giudiziari e introdurre anche in Germania il reato previsto dall’art.416 bis (Associazione di tipo mafioso anche straniere). Sul punto è intervenuto tra gli altri anche il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri da sempre impegnato nel contrasto al narcotraffico internazionale e che si è dimostrato pessimista vista la situazione legislativa nel vecchio continente che non consente di combattere per bene la mafia. Occorre, secondo il magistrato calabrese, effettuare l’attività di intercettazione anche in Germania e prevedere una legislazione uniforme per alcuni reati gravi come il traffico di droga.

Anche da questo convegno emerge quindi un’Europa che in tema di lotta al mondo mafioso parla diverse lingue. Nonostante il lavoro eccellente svolto da magistrati e forze dell’ordine, la politica europea fin’ora non è riuscita ad incidere su questo importante tema (mancanza di volontà o incapacità a comprendere il fenomeno mafioso?) nonostante le linee guida dell’Unione Europea vogliano un territorio realmente democratico, dove libertà e uguaglianza primeggino, ed esigano un mercato interno davvero concorrenziale che produca autentico benessere.

Tuttavia con la presenza ingombrante delle famiglie mafiose e del loro potere economico, politico e sociale, le aspirazioni europee sembrano obiettivi più difficili da raggiungere. Come tristemente noto, la cultura mafiosa non combacia con lo stato di diritto vigente nei paesi europei, e le consorterie mafiose contribuiscono a mettere in pericolo la democrazia e i principi fondamentali della persona: basti pensare alla limitazione al diritto di voto e alle ingerenze nelle amministrazioni pubbliche perpetrate in maniera impressionante specie negli ultimi anni anche nel nord Italia ad opera della ‘Ndrangheta calabrese. Anche il riciclaggio di capitali illeciti pone non pochi problemi: secondo la commissione parlamentare antimafia (XV legislatura): “il riciclaggio e l’impiego delle risorse finanziarie illegali costituiscono momenti strategici nelle catene criminose per consolidare la crescita economica delle organizzazioni criminali: non basta accumulare risorse illecite, infatti, ma è necessario ripulire i proventi ed impiegarli in scelte di consumo e di investimento”. “L’infiltrazione dei capitali di origine illecita nel sistema economico legale – continua la commissione antimafia –  consente alle organizzazioni criminali di collocarsi sul mercato in posizioni di assoluto favore, agendo contemporaneamente nel mercato criminale ed in quello legale e costituendo, nello stesso tempo, una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico, oltre che per il sistema economico. Questa situazione sfavorisce gli operatori legali, ma soprattutto determina la creazione di un circuito perverso in ragione del quale la disponibilità di capitali criminali investiti in imprese legittime indebolisce le imprese legali rendendole facile preda dell’imprenditore criminale e predisponendo tutti gli elementi per un monopolio criminale in alcune aree”.

 

Alessandro Santaguida

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