Decreto Sanità, novità su imprenditori agricoli e controlli sugli alimenti

Dario Di Maria 26/09/12
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Il “decreto Balduzzi” (D.L. 158 del 13 settembre 2012), all’art. 8 comma 14 reintroduce l’applicazione agli imprenditori agricoli della tariffa per i controlli delle ASL.

Più precisamente, limita l’esclusione dall’applicazione della tariffa a casi specificatamente previsti, con l’effetto di ampliare in misura notevole l’applicazione della tariffa sui controlli ufficiali agli imprenditori agricoli.

Per comprendere la portata e il senso dell’intervento del legislatore, bisogna andare a ritroso di qualche anno.

Il Regolamento CE 882/2004 definiva le regole generali per l’esecuzione dei controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alle normative sulla sicurezza degli alimenti. Inoltre stabiliva che, per quanto riguarda talune attività, gli Stati membri dovessero assicurare la riscossione di una tassa a copertura dei costi dei controlli, e in proposito definiva degli importi minimi.

Lo Stato Italiano, in fase di prima applicazione, con il decreto legislativo 194 del 19 novembre 2008, ha stabilito le tariffe.

Il Regolamento CE comprendeva nei controlli, e quindi nel campo dell’applicazione della “tassa”, anche la produzione primaria, e quindi gli imprenditori agricoli.

In Italia, invece, l’imprenditore agricolo ha sempre goduto di regimi fiscali agevolati, giustificati con l’aleatorietà dell’esercizio dell’attività, in dipendenza dì fattori esterni difficilmente controllabili (siccità, inondazioni, ecc…).

Da subito il Ministero della Salute, con la circolare del 17/04/2009 escluse dal campo di applicazione la produzione primaria, ma con un’affermazione che sembrava apodittica e poco basata su argomentazioni di carattere giuridico.

Per sancire l’esclusione del settore primario dall’applicazione del decreto 194/2008, con la legge comunitaria 2009 (L.96/2010) fu introdotto il comma 3-bis all’articolo 1, che esplicitamente escludeva dal campo di applicazione del decreto gli imprenditori agricoli.

Tale norma, però, invece di risolvere definitivamente la questione, sotto alcuni aspetti la complicò. Difatti si pose il problema dell’efficacia temporale della modifica: visto che l’esclusione è stata introdotta con una legge efficace dal 10 luglio 2010 (15 gg dopo la pubblicazione in GURI del 25/06/2010), giocoforza fino a tale data gli imprenditori agricoli erano soggetti alla “tariffa”.

Dopo un’iniziale incertezza, di fatto le Regioni diedero indicazione che l’esclusione per gli imprenditori agricoli operava dal 10 luglio 2010, senza nessun effetto retroattivo e/o interpretativo della norma introdotta.

Ben presto, però, si pose un altro problema: il comma 3-bis escludeva l’applicazione di tutto il decreto agli imprenditori agricoli, ma molte tariffe ivi previste (sezioni da 1 a 5 dell’allegato A) erano imposte dal Regolamento comunitario, che, notoriamente, è direttamente e immediatamente applicabile in tutta l’Unione Europea, senza possibilità/necessità di recepimento da parte dei singoli Stati.

E così arriviamo ai nostri giorni, quando il governo decide di modificare ancora la legge, limitando l’esenzione solo ad alcune tipologie di attività. Difatti il Regolamento citato stabiliva all’art. 27 co. 1 che gli Stati avessero la possibilità di riscuotere oneri e tasse per talune attività (le sezioni B degli allegati IV e V), mentre per altre attività (elencate nelle sezioni A degli allegati IV e V) era stabilito l’obbligo per gli Stati di riscuotere una tassa. Quindi, il decreto in questione prevede l’esenzione solo per quelle attività comprese nelle sezioni B degli allegati IV e V del Regolamento, e comunque entro certi limiti dimensionali.

Nella Relazione Tecnica di accompagnamento al Decreto Balduzzi, è espressamente detto che la modifica è introdotta al fine di evitare una procedura d’infrazione per violazione dell’art. 27 del Regolamento CE. Ma ciò non sembra sufficiente, poiché se lo Stato ha implicitamente ammesso che l’esenzione degli imprenditori agricoli era illegittima alla luce della normativa europea, dovrebbe recuperare quanto non riscosso tra gli anni 2010-2012, altrimenti la procedura d’infrazione comunque sarà inevitabile.

 

Dario Di Maria

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