Polverini, Mauro, Minetti: il trittico di bronzo…

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Oggi è di moda il neologismo. Tra i più famosi e trendy del momento, è il “trittico”.

Nulla a che vedere – sia chiaro – con il polittico formato da tre elementi, dipinti o intagliati in avorio o legno, tenuti insieme dalla cornice o da cerniere” che abbiamo studiato a scuola; meno che mai con il famoso Trittico Stefaneschidi Giotto di Bondone custodito nei Musei Vaticani.

Il trittico attualmente in voga è quello usato ed abusato in tema di riforma – giustizia; v. quello che individua l’ormai noto ricatto politico “anticorruzione-intercettazione-reponsabilità civile magistrati: o nienteanticorruzione”.

Risaputo che il linguista autore dell’illuminato neologismo sia il fine giurista Angelino Alfano.

No, vi prego, non chiedetemi cosa ci azzeccano – una volta tanto Antonio Di Pietro ha ragione – le mere proposte legislative con i disegni di legge in dirittura d’arrivo … non ci azzeccano niente …. ma ne parleremo un’altra volta …

Una cosa è certa: il neologismo alfaniano rimane, oggi, tra i più discussi e citati del chiacchiericcio mediatico.

Il vero problema è che i neologismi sono pericolosissimi. Viaggiano, si diffondono, ti entrano nella pelle, ti imbibiscono il cervello come zecche pelose, ti ammaliano e ti irretiscono senza che te ne possa difendere, ti contagiano peggio della peste bubbonica.

Ed alla fine … sì, è vero, lo confesso, mea culpa mea culpa … il virulento trittico ha preso anche me!

Perché è intrigante, ha una sua logica interna, ma soprattutto ti richiama alla mente – con una perfezione non facilmente fungibile – l’assonanza di tre elementi, vicini nel loro destino da non poterli logicamente scindere, distinti e separati ma con una essenza comune che li lega in modo indissolubile.

Oggi, il trittico a cui non posso non pensare – è più forte di me, è la sirena di Ulisse che mi ha preso il cervello – è quello delle nostre tre salde e coriacee primedonne politiche: Nicole Minetti, Rosi Mauro, Renata Polverini.

Elemento comune della felice triade, la qualità di donne straordinariamente solide e salde.

Culturalmente, professionalmente, politicamente?

Nooooo, … solide, salde e saldissime, fisicamente. Inchiodate alla loro poltrona con una tenacia e resistenza da rischiare la mummificazione ad angolo retto sino al futuro 2033.

Uragani giudiziari, scandali politici, la Consigliera Regionale che viene sgamata vestita da monaca e aggrappata al palo della lap dance dinanzi al pisello più potente del momento, la Vice Presidente del Senato che si destreggia con una abilità da croupier di Montecarlo tra fascinosi bodyguard, bancomat sgancia sesterzi padani e allontanamenti improvvisi dall’Aula “per improrogabili impegni personali” (l’ultimo è fresco di qualche giorno), la Governatrice del Lazio che ha ormai optato definitivamente per il gioco de la bella addormentata nel bosco: i tre elementi del trittico si stagliano nel loro splendore, meraviglioso tutt’uno rappresentativo della nostra infelice realtà politica.

Fiere, orgogliose, unite come gemelli siamesi, l’etere di tutta l’area mediterranea trabocca furente del loro proclama di donne di Stato: “non mi dimetto, non mi dimetto, non mi dimetto”.

Facce di tolla? Facce da schiaffi? Facce di bronzo, senz’altro.

a proposito …. qualcuno sembra averle viste portare a casa la seduta d’ufficio, di sera, la notte quando si ritirano, per custodirla meglio nel chiuso dei loro appartamenti ….

Loro non si dimettano (mica sceme, loro, a buttare alle ortiche il lauto stipendio graziosamente concesso dagli ingenui elettori) e noi – gli allocchi saprebbero difendersi meglio – che non riusciamo davvero a farle dimettere.

Parliamo tanto di “riforma giustizia” e nessuno si accorge che urgerebbe una modifica immediata dell’art. 289 del codice di procedura penale, l’unica norma del sistema che conferisce al Giudice il potere di sospendere temporaneamente, in via cautelare, dall’esercizio di un pubblico servizio o funzione; tra le norme quotidianamente utilizzate per mandare a casa, a titolo precauzionale, funzionari che si macchiano di peccati ben meno gravi di quelli ipotizzati nei confronti delle nostre “giovani fanciulle”.

Ma la misura – ahimè – “non si applica agli uffici elettivi ricoperti per diretta investitura popolare” (art. 289, III, comma, c.p.p.).

E noi continuano a pagarle allegramente …

Purtroppo sono anche donne. Alla faccia di secoli di dura lotta femminista.

E meno male che c’è qualche maschio che tiene alta la bandiera dell’antidimissionismo …

Grazie Roberto Formigoni. Sei tutti noi, for ever !!! 

Franzina Bilardo

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