Spending review nella sanità: il 5 per cento della discordia

Redazione 18/09/12
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Nascosta tra le numerose norme della Spending review, ovvero del decreto legge 6 luglio 2012 n. 95 (“Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”) convertito dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, c’è una disposizione che in queste settimane sta rischiando di rimettere in discussione tutti i contratti d’appalto già stipulati nel settore della sanità, rendendo impossibile in tantissimi casi proseguirne l’esecuzione.

Ci riferiamo all’art. 15, comma 13, lettera a), secondo cui “… gli importi e le connesse prestazioni relativi a contratti in essere di appalto di servizi e fornitura di beni e servizi, con esclusione degli acquisti dei farmaci, stipulate da aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale, sono ridotti del 5 per cento a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per tutta la durata dei contratti medesimi; tale riduzione per la fornitura di dispositivi medici opera fino al 31 dicembre 2012”.

Occorre chiarire da subito che la riduzione imposta dal legislatore non può che intendersi riferita alla “valutazione aggregata” dei costi e delle connesse prestazioni dei contratti posti in essere dalle amministrazioni sanitarie con i singoli fornitori; è il valore complessivo dei contratti il parametro di riferimento per la applicazione della riduzione in parola.

I soggetti destinatari della norma non sono i fornitori privati, ma le pubbliche amministrazioni, alle quali il legislatore impone di adottare prassi di risparmio per contenere la spesa pubblica, attraverso la riduzione del valore di un capitolo di bilancio: quello relativo agli acquisti di beni e servizi, anche riducendo i quantitativi di beni e servizi già ordinati.

È questa la ratio della norma: contenere la spesa delle amministrazioni sanitarie, tagliando del 5% i budget relativi al complesso dei contratti d’appalto di fornitura di beni e servizi.

Non solo.

La norma non può neppure ritenersi automaticamente applicabile, in quanto impone alle amministrazioni committenti un preventivo procedimento di selezione dei contratti suscettibili di riduzione, a cui seguirà, un procedimento di rideterminazione delle prestazioni oggetto del contratto che si è scelto di ridurre, posto in essere in contraddittorio con le imprese interessate, alle quali dovrà essere comunicato l’avvio del procedimento, prima dell’adozione degli atti finali, al fine di consentire di presentare osservazioni e controdeduzioni.

Errano dunque le aziende sanitarie che, all’indomani dell’entrata in vigore del Decreto Legge, con un’interpretazione sbrigativa, pretendono dai propri fornitori uno sconto coatto del 5% sui prezzi pattuiti all’esito dell’aggiudicazione degli appalti.

Data la confusione che sta regnando sul punto, è auspicabile che il Governo intervenga con una circolare interpretativa nella quale spieghi chiaramente, una volta per tutte, che tocca alle amministrazioni risparmiare, senza pretendere sconti ma rinegoziando, nella misura in cui è possibile, i contratti “prescelti”, per il raggiungimento dello scopo finale della norma, ovvero il risparmio di spesa. Per questo ho fatto redigere una segnalazione, qui allegata, che le imprese, o le associazioni di imprese, potranno far pervenire al Ministro dello Sviluppo Economico Passera, affinché intervenga con la massima urgenza.

Redazione

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