Scandalo Tfa: la parola ai sindacati

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Il dado è tratto, ieri 31 luglio, si sono concluse le sessioni riguardanti l’esame preselettivo per l’ammissione al Tfa, tirocinio formativo attivo. Si sono concluse le sessioni ma non le polemiche che continuano a “tenere banco”, visto che parliamo di scuola, e a ragione, perché ciò che è avvenuto è surreale. Quello che doveva essere un provvedimento per rilanciare l’occupazione nella scuola, di più, che doveva consolidarla si è rivelato invece un enorme tritacarne che ha lasciato dietro di sé una lunga scia di candidati frustrati ed abbattuti. E’ notizia ormai di qualche giorno fa del clamoroso risultato della classe di concorso A036, Filosofia, in cui in 8 atenei sono stati registrati zero promossi, per un totale del 3% di promossi in tutta Italia.

Ora i numeri parlano chiaro, quando sono 141 i candidati a superare lo sbarramento a fronte di oltre 4000 aspiranti qualcosa non ha funzionato, e non ha funzionato a maggior ragione se il fenomeno, invece che rimanere un caso isolato, si propaga a macchia d’olio. Dopo quella notizia, infatti, il tappo è saltato e hanno cominciato, giornalmente, ad emergere notizie sempre più sconcertanti, non solo sul tenore delle domande poste agli studenti, ma anche sulle disparità di trattamento tenuto nei diversi atenei italiani, con tanto di relative infrazioni disciplinari.

E’ questo il momento giusto in cui gli studenti devono manifestare il loro dissenso e vogliono cercare di sovvertire questa situazione che ha legalizzato palesi soprusi; per capire da dove i candidati possono partire e quante speranze hanno di vedere invalidata la prova dello scandalo, abbiamo intervistato Anna Fedeli della Flc – Cgil, sindacalista che si occupa proprio di Tfa. 

 

Il 31/07 si sono concluse le sessioni di esame concernenti il Tfa. Sono emerse imprecisioni, errori macroscopici, disparità di trattamenti e regolamenti. Ci sono tutti gli ingredienti per invalidare la prova, secondo lei è una via percorribile e sarebbe giusto perseguirla?

Abbiamo ricevuto molti esposti dai precari che hanno sostenuto le prove e di conseguenza siamo immediatamente intervenuti sul ministero, perché provvedesse ad espungere le domande di dubbia interpretazione o addirittura inesatte. Qualcosa è stato fatto, ma dobbiamo valutare con i nostri esperti la percentuale di errori, soprattutto in alcune classi di concorso, per poter parlare di invalidazione. La FLC CGIL aveva chiesto trasparenza di procedura ai tavoli ministeriali nella fase di costruzione dei percorsi dei TFA, nella consapevolezza della grande attesa che c’era per quelle prove.

 

La Flc Cgil come si pone rispetto a questa situazione? C’è la possibilità di tutelare la popolazione studentesca in qualche modo o la classe dei futuri insegnanti è destinata a disperdersi in una diaspora culturale fino al prossimo test/quiz?

La FLC CGIL ha una risposta chiara a questa domanda: la popolazione studentesca si tutela eliminando il precariato e garantendo quindi la continuità didattica, necessaria per la progettualità dei piani dell’offerta formativa. Gli organici delle scuole hanno bisogno di un piano pluriennale di stabilizzazioni che consenta di coniugare il dato occupazionale con l’obiettivo di una scuola di qualità.

Visti gli errori che sono stati commessi è giusto chiedere la rimozione di chi ha elaborato le domande o, quanto meno, di porre sotto indagine l’operato di chi si è rivelato così approssimativo e superficiale nell’elaborazione di una prova il cui risultato può cambiare la vita delle persone?

La FLC CGIL è pienamente consapevole di quanto affido ci sia stato in queste prove da parte di chi vuole accedere all’insegnamento e quindi necessita dell’abilitazione sia per un futuro concorso, sia per entrare nella seconda fascia delle graduatorie di istituto e quindi in posizione migliore per avere una supplenza dai dirigenti scolastici. Non è pensabile che le aspettative di queste persone non siano state nella mente di chi ha elaborato quelle prove. Vorrebbe dire che la scuola pubblica e il suo mandato costituzionale non sono nell’ottica di chi gestisce l’Istruzione in Italia e che i TFA sono dei distrattori per allontanare il dibattito dai problemi seri come i tagli lineari che continuano a colpire le scuole e i loro organici. Certamente il Ministero deve avviare una seria riflessione sui suoi esperti e sulla capacità che essi hanno di coniugare le conoscenze delle discipline con le finalità educativo didattiche della professione docente.

Sul vostro sito, http://www.flcgil.it/, c’è una petizione on – line dove viene richiesta uniformità di costo nelle varie Università che “ospitano” i Tfa, che sia difeso in modo migliore il sacrosanto diritto allo studio e che vengano licenziati bandi di concorso per tutte le classi. Visto l’esito disastroso del tfa è pensabile di poter riformare quella che, di per sé, doveva già essere una riforma?

Le richieste che la FLC CGIL fa in quella petizione nascono dalla considerazione che l’abilitazione all’insegnamento è necessaria per poter accedere ai concorsi a cattedra, non è un titolo in più. Da qui il costo sia della prova preselettiva, ma soprattutto della frequenza del corso deve essere proporzionato alle normali tasse universitarie e non oggetto di speculazione da parte delle Università. La stessa cosa deve valere per i permesi studio necessari alla frequenza che devono essere privilegiati, proprio perchè la frequenza è obbligatoria. Rispetto alle classi di concorso il cui TFA non è stato licenziato dai bandi universitari, nonostante la Regione ne avesse bisogno a causa delle graduatorie esaurite,è un atto dovuto da una programmazione seria delle forme di reclutamento, altrimenti rientra in campo l’interesse dell’Università come primario rispetto ai bisogni delle scuole e dei docenti precari.

 

Alessandro Camillini

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