“Nuovo welfare per gli autonomi. La riforma Fornero? Rischio boom contenziosi”

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Le ultime stime sono allarmanti: i professionisti si scoprono tutt’altro che immuni dalla spirale della crisi economica. Il calo dell’intero settore viene calcolato al 30% – ma per alcune categorie, anche di più – è l’ultimo dato di una fase economica critica, dove per riscuotere una parcella sono ormai necessari interi trimestri. Scenario nel quale si inserisce, a piedi pari, una riforma del lavoro molto contestata, ormai in procinto di entrare in vigore.

Ne parliamo con Marina Calderone, presidente, dal 2005, del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e, dal 2009, del Comitato Unitario Permanente degli Ordini e Collegi Professionali. Giunta al terzo mandato presso l’Ordine dei Consulenti, Marina Calderone è  scrittrice ed esperta di comunicazione.

Presidente, se la crisi morde nell’economia di imprese e famiglie, gli studi professionali non se la passano meglio. Le ultime stime parlano di una contrazione generale del 30%: effetto della pessima congiuntura economica o c’è qualcosa di più?
La crisi, purtroppo, sta portando alla chiusura di molte piccole e medie imprese nel Paese a cui i Consulenti del Lavoro hanno offerto per anni la propria professionalità. E la stagnazione economica attuale influisce molto anche sui fatturati ed i redditi medi dei liberi professionisti.  Inoltre, i piccoli studi professionali tendono a chiudere perché il mercato è fermo e c’è un ritardo molto significativo del pagamento delle fatture. Le politiche messe in campo dal governo, inoltre, puntano molto al contenimento della spesa ma ancora non sono state attuate misure concrete per lo sviluppo. E senza riforme strutturali e condivise il Paese avrà più difficoltà a tornare economia trainante del continente.

I Consulenti del Lavoro, infatti, non fanno eccezione: le stime parlano di un calo compreso tra il 30 e 40% per la vostra categoria professionale. Un giro d’affari quasi dimezzato rispetto al 2011, aggravato dai 9 mesi mediamente necessari per incassare la parcella. E’ un problema di mercato, di norme o di cos’altro?
Le ultime stime elaborate hanno sottolineato i fattori che hanno condotto alla contrazione del giro d’affari dei professionisti. In sostanza, è diminuito mediamente del 40% il fatturato complessivo del comparto professionale. E non è un fatto di poca considerazione anche in rapporto al mercato economico nazionale, considerando che fino al 2010 le professioni producevano il 15,1% del Pil italiano, con un giro d’affari di 196 miliardi di euro avente un valore aggiunto di 80 miliardi.
Però i lavoratori autonomi, secondo i dati pubblicati dall’Agenzia delle Entrate, continuano ad essere i maggiori contribuenti.
Il fatturato degli studi è in calo anche, e soprattutto, per il ritardo dei pagamenti delle fatture da parte dei clienti e della pubblica amministrazione. E questo ritardo, che arriva anche a toccare i 9 mesi soprattutto se si tratta della stessa pubblica amministrazione, influisce negativamente sul comparto delle professioni, soprattutto per i piccoli studi e per i giovani professionisti.

calderone ott20111Il ricorso agli ammortizzatori sociali è ormai una costante anche nel mondo dei professionisti. Può sopravvivere un’economia dei servizi se anche questi accedono con sempre maggior frequenza alla cassa integrazione o alla mobilità?
Il ricorso agli ammortizzatori sociali è dovuto soprattutto dal calo dei fatturati e dalla crisi generale del Paese. E’ comunque una misura temporanea e di contenimento dei rischi. Ma sono ormai anni che inteloquiamo con le istituzioni e le parti sociali per poter creare una nuova forma di welfare, che tenga conto anche dei lavoratori autonomi che ad oggi sono estromessi dalla maggior parte delle misure. Stiamo già elaborando uno schema di welfare professionale con il contributo delle Casse di Previdenza, per giungere ad una riforma condivisa, che dia tutela soprattutto alle fasce deboli come le donne e i giovani.  Un passaggio fondamentale per poter avere un mercato dei servizi efficiente.

Gli ultimi dati sulla disoccupazione sono altrettanto allarmanti, con il picco del 36% nella popolazione giovanile. Siamo entrati in un circolo vizioso, dove chi può avere le energie per risollevarci viene lasciato in naftalina?
Il nostro grande timore è che la riforma del lavoro, così come pensata ed approvata, non porterà nuova occupazione. Il rischio, invece, è che si verifichino perdite di occupazione e contenzioso a causa dell’aumento del costo del lavoro, dato il ricorso a contratti a termine e Aspi, dell’eccessiva burocratizzazione  – nel caso di impiego intermittente, part-time, o di convalida dimissioni –  dei nuovi vincoli, vedi l’apprendistato, delle nuove presunzioni come partite Iva e associati in partecipazione, delle abrogazioni al pari dei contratto d’inserimento e delle restrizioni (voucher).
L’irrigidimento complessivo nella gestione del rapporto di lavoro con la presunzione di subordinazione, unito all’introduzione della comunicazione obbligatoria della presenza per i lavoratori intermittenti con la precisione di una sanzione sproporzionata, le nuove procedure in materia di dimissioni e gli interventi in materia di flessibilità non faranno certamente bene ad un mercato del lavoro che ha bisogno di fluidità e non di freni e vincoli come quelli che le nuove norme stanno introducendo.

Dal lato della formazione, alcuni istituti segnalano come un laureato su quattro trovi lavoro in ambito differente da quello in cui si è formato. Come possono tornare vicini i due binari di istruzione e lavoro?
Abbiamo bisogno di aprire il mercato del lavoro e avvicinare quei due mondi che a volte si guardano ma non si capiscono: il mondo della formazione e dell’università e il mondo del lavoro. Il proliferare di corsi di laurea, non sempre rispondenti alle reali esigenze del mercato, rende difficoltoso per gli stessi giovani la decisione.
Ma fare esperienza fin da giovani è una carta fondamentale per potersi presentare al mercato del lavoro con un Curriculum Vitae più completo e significativo: per questo sono fondamentali misure come l’apprendistato ed i tirocini formativi anche durante il percorso di studi.

Francesco Maltoni

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