Diaz, quale giustizia?

Angela Bruno 07/07/12
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Arrivano le”scuse dovute” di Manganelli e il rammarico della Cancellieri per le violenze al G8.

Arrivano ora, dopo undici anni e dopo il giudicato penale. La sentenza della Cassazione prevede l’interdizione dai pubblici uffici di Franco Gratteri, capo della direzione centrale anticrimine, Gilberto Caldarozzi, capo dello servizio centrale operativo, Giovanni Luperi, capo del dipartimento analisi dell’Aisi, l’ex Sisde e altri funzionari della Polizia di Stato.

Un prezzo “altissimo“, dice la ministra Cancellieri, perché “perdiamo alcuni nostri uomini migliori”. Che vuole dire? Vuole dire che era meglio lasciarli tranquilli? Non basta l’impunità dell’indulto e il salvataggio della prescrizione?

Dopo undici anni, i macellai se la ridono per la prescrizione e i bugiardi vanno in vacanza. E i politici? Nessuno li può giudicare, neanche il popolo. Ma il politico non doveva dare l’indirizzo? Non doveva controllare? Dov’era? Traccheggiava? Guardava dal buco della serratura?

Eppure sono tutti contenti: “Finalmente giustizia“, gridano i mass media, e la gente ci crede. Anch’io in buona fede ho creduto per qualche momento che la freccia della legge si fosse mossa contraddicendo Zenone. Ma dopo qualche momento ho capito che la vacanza per i bugiardi e la grazia per i macellai è storia incisa sul marmo. E la freccia non raggiunge il bersaglio.

Noi ometti continuiamo a sperare che dietro ai fatti non si nasconda la menzogna e che le leggi della città vedano la persona e i suoi diritti. Che notte, quella notte, al Diaz. Una notte di dolore che duole alla democrazia e agli innocenti profanati da uno stato che tortura. E per favore, non si parli di violenza animalesca: “l’uomo è l’unico animale che fa soffrire gli altri al solo scopo di farli soffrire. Gli altri animali fanno ciò unicamente per soddisfare la loro fame o nel furore della lotta”. Perciò, “verrebbe da dire che gli uomini sono i diavoli sulla terra e le bestie le anime torturate”. Ne so qualcosa anch’io. Perdona e dimentica d’aver perdonato? Forse, perché chi ricorda è perduto. Ma la storia del G8 non va dimenticata.

 

Angela Bruno

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