Numero chiuso all’università:la speranza degli studenti

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Una vicenda vecchia, forse anche troppo, una vicenda alla quale si sarebbe dovuto mettere fine prima…. e invece dal 1999, anno dell’introduzione nel nostro sistema universitario del numero chiuso, i giovani studenti si trovano solamente adesso, nel 2012, a trovare forse uno spiraglio di salvezza!

Ripercorriamo brevemente la storia del tanto odiato numero chiuso…

Ben tredici anni fa, la legge n. 264 del 1999 istituì il numero chiuso a livello nazionale nelle facoltà di Medicina, Odontoiatria, Veterinaria, Architettura e per le cosiddette Professioni sanitarie: infermieristica, ostetricia, fisioterapia, logopedia ed altre ancora.

Lo scorso 18 giugno il Consiglio di Stato, ravvisando profili di legittimità costituzionale della legge del 1999, ha rinviato la legge sul numero chiuso alla Corte costituzionale, perché si pronunci sulla presunta lesione di ben tre articoli contenuti nella Carta.

La questione si è sollevata in seguito ad un ricorso al Tar dell’Emilia Romagna presentato da un gruppo di studenti esclusi nel 2007/2008 dal corso di laurea in Medicina e chirurgia dell’università di Bologna perché collocatisi oltre i posti messi a concorso.

In quella tornata di quiz successe di tutto: due domande vennero estromesse dal computo finale, una perché non aveva risposte corrette e un’altra perché ne aveva più di una esatta. Le graduatorie vennero compilate su 78 quesiti validi invece degli 80 previsti. Non solo. Il ministero fu costretto a ripetere il test di ammissione alla facoltà di Medicina di Catanzaro per irregolarità.

Gli esclusi dalla facoltà di Medicina di Bologna si rivolsero dunque al Tar perché ritennero di avere subito un danno dall’annullamento delle due domande in questione.

I giudici respinsero i motivi avanzati, così gli studenti si rivolsero al Consiglio di Stato, che lo scorso 18 giugno, con ordinanza n. 3541/2012, ha nuovamente respinto le richieste avanzate, tranne una: quella che lamenta il fatto che “all’esito dello svolgimento delle prove preselettive per l’accesso alle facoltà a numero chiuso, non è prevista la formazione di una graduatoria unica nazionale, bensì la creazione di graduatorie plurime per singoli Atenei, rimettendo di fatto la selezione dei candidati non già in base a criteri di merito bensì a fattori casuali e aleatori”.

Per tal motivo, i giudici di Palazzo Spada, alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte Europea dei diritto dell’uomo dell’articolo 2 della Convenzione, recante la tutela del diritto all’istruzione, hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, 34 e 97 della Costituzione.

Il primo articolo riguarda l’uguaglianza sociale di fronte alla legge dei cittadini, il secondo il diritto allo studio e la promozione dei meritevoli, il terzo l’organizzazione degli uffici della pubblica amministrazione in modo da assicurare l’imparzialità dell’amministrazione.

In proposito i giudici osservano che, a fronte di una prova unica nazionale, con 80 quesiti, “l’ammissione al corso di laurea non dipende in definitiva dal merito del candidato, ma da fattori casuali e affatto aleatori legati al numero di posti disponibili presso ciascun Ateneo e dal numero di concorrenti presso ciascun Ateneo, ossia fattori non ponderabili ex ante.

Infatti, ove in ipotesi il concorrente scegliesse un dato Ateneo perché ci sono più posti disponibili e dunque maggiori speranze di vittoria, la stessa scelta potrebbero farla un numero indeterminato di candidati, e per converso in una sede con pochi posti potrebbero esservi pochissime domande”.

Il Consiglio ha poi evidenziato che “svolgendosi la prova unica nazionale nello stesso giorno presso tutti gli Atenei, a ciascun candidato è data una unica possibilità di concorrere, in una sola università, per una sola graduatoria (one shot), con l’effetto pratico che coloro che conseguono in un dato Ateneo un punteggio più elevato di quello conseguito da altri in un altro Ateneo, rischiano di essere scartati, e dunque posposti, solo in virtù del dato casuale del numero di posti e di concorrenti in ciascun Ateneo”.

Queste sono tra le tante, le conseguenze del numero chiuso…. restano fuori quelle che a mio avviso sono le peggiori, quelle che stanno a monte, ossia quelle che fin da principio dovevano far riflettere il nostro legislatore ancor prima dell’introduzione di tale sistema nel nostro ordinamento universitario.

Mi viene d’istinto pensare a tutti quei ragazzi che magari fin da piccoli hanno un sogno: diventare un medico, un’ostetrica, un architetto… e scoprire a 18 anni che probabilmente quel sogno non lo potranno mai realizzare, ma non perché non sono bravi, non perché non sono capaci ma….. solo perché qualcuno al di sopra di loro ha deciso di giudicarli ancor prima di metterli davvero alla prova!

Posso capire l’intenzione del legislatore di porre un freno all’eccessivo numero di studenti, che spesso affollano le università per anni, tanti anni, forse anche troppi. Posso capire l’intenzione di indirizzare quelli ritenuti non idonei a immettersi direttamente nel mondo del lavoro, per svolgere attività che purtroppo nessuno fa più e che vanno via via scomparendo…. Potrei forse sforzarmi di capire l’esigenza di “piazzare docenti a destra e a manca” per tenere corsi preparatori all’esame di ammissione…. ma non è forse troppo?

Non è forse eccessiva comprensione?

Io sarei di un altro avviso, definitelo ingenuo, da sognatrice… non sò, ma non avrebbe più senso lasciare queste giovani menti sognare, lasciare che si mettano alla prova, lasciare che si rendano conto da soli se una facoltà sia o meno fatta per loro?!

E comunque al di là di questi miei pensieri che forse descrivono un desiderio troppo utopistico, mi soffermerei solo un attimo sul sistema che è stato creato: non un’unica graduatoria nazionale ma una miriade di graduatorie per singoli Atenei….. un’assurdità!

E poi ci lamentiamo della fuga dei cervelli all’estero… beh un motivo ci sarà! Eccone uno!

Cristina Iemulo

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