Gli equilibri di bilancio nella giurisprudenza della corte costituzionale

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La Corte Costituzionale, con le due recenti pronunce n. 70/2012 e n.115/2012, coglie l’occasione per sviluppare alcuni tempi di carattere generale e di estrema rilevanza per la finanza pubblica e in particolare per la gestione dei bilanci della Pubblica Amministrazione.

Tralasciando il merito delle questioni specifiche oggetto della sentenza, riteniamo di segnalare, in quanto di particolare interesse, due aspetti che coinvolgono la totalità delle Regioni e delle Autonomie Locali.

Pareggio di bilancio e avanzo di amministrazione

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 70/2012, ha affermato con chiarezza il principio secondo cui non è conforme ai precetti dell’art. 81, quarto comma, della Costituzione realizzare il pareggio di bilancio in sede preventiva, attraverso la contabilizzazione di un avanzo di amministrazione non accertato e verificato a seguito della procedura di approvazione del bilancio consuntivo dell’esercizio precedente.

Nell’ordinamento finanziario delle amministrazioni pubbliche i principi del pareggio e dell’equilibrio tendenziale fissati nell’art. 81, quarto comma, della Costituzione si realizzano attraverso due regole, una statica e l’altra dinamica: la prima consiste nella parificazione delle previsioni di entrata e spesa; la seconda, fondata sul carattere autorizzatorio del bilancio preventivo, non consente di superare in corso di esercizio gli stanziamenti dallo stesso consentiti.

La loro combinazione protegge l’equilibrio tendenziale in corso di esercizio a condizione che le pertinenti risorse correlate siano effettive e congruenti.

È bene altresì ricordare che l’avanzo di amministrazione costituisce una specie della più ampia categoria del risultato di amministrazione, il quale – per effetto della somma algebrica tra residui attivi, passivi e fondo di cassa – può avere quale esito l’avanzo, il disavanzo o il pareggio.

Il risultato non ancora riconosciuto attraverso l’approvazione del rendiconto dell’anno precedente viene denominato, secondo la prassi contabile, “risultato presunto”.

Esso consiste in una stima provvisoria, priva di valore giuridico ai fini delle corrispondenti autorizzazioni di spesa.

Nessuna spesa può essere accesa in poste di bilancio correlate ad un avanzo presunto, se non quella finanziata da fondi vincolati e regolarmente stanziati nell’esercizio precedente.

Il risultato di amministrazione presunto, che a sua volta può concretarsi nella stima di un avanzo, di un pareggio o di un disavanzo, consiste in una previsione ragionevole e prudente, formulata in base alla chiusura dei conti intervenuta al 31 dicembre, del definitivo esito contabile, il quale sarà stabilizzato solo in sede di approvazione del rendiconto.

Il suo ausilio in sede di impianto e gestione del bilancio di previsione – la fisiologia contabile è nel senso dell’iscrivibilità solo in corso di gestione, perché il termine per l’approvazione del bilancio di previsione è antecedente a quello di chiusura dell’esercizio precedente; tuttavia, è frequente, a seguito delle proroghe concesse dalla legge, che il bilancio di previsione venga approvato dopo il consuntivo dell’esercizio precedente – è soprattutto quello di ripristinare tempestivamente gli equilibri di bilancio nel caso di disavanzo presunto, attraverso l’applicazione del pertinente valore negativo al bilancio in corso ed il prudenziale correlato accantonamento di risorse indispensabili nel caso in cui il rendiconto palesi successivamente, ad esercizio inoltrato, un risultato negativo certo e più difficile da correggere nel residuo arco temporale annuale a disposizione.

In buona sostanza, mentre la corretta pratica contabile prescrive un atteggiamento tempestivo e prudenziale nei confronti del disavanzo presunto, il legislatore vieta tassativamente l’utilizzazione dell’avanzo presunto per costruire gli equilibri del bilancio, in quanto entità economica di incerta realizzazione e, per ciò stesso, produttiva di rischi per la sana gestione finanziaria dell’ente pubblico.

La esplicita e trasparente individuazione della copertura finanziaria

La Corte, con la sentenza n. 115/2012,  coglie l’occasione per sottolineare nuovamente, dopo la sentenza n. 70/2012, che l’equilibrio tendenziale dei bilanci pubblici non si realizza soltanto attraverso il rispetto del meccanismo autorizzatorio della spesa, il quale viene salvaguardato dal limite dello stanziamento di bilancio, ma anche mediante la preventiva quantificazione e copertura degli oneri derivanti da nuove disposizioni ai sensi dell’art. 81, quarto comma, della Costituzione.

Il rispetto di questo precetto costituzionale comporta infatti l’onere di provare la copertura delle spese conseguenti all’adozione di una legge, ogniqualvolta in essa siano previsti – ancorché sotto forma di riorganizzazione delle strutture esistenti – nuovi servizi e nuove dotazioni di risorse umane e tecniche (sentenza n. 141 del 2010).

Come più volte affermato dalla Corte, non «si può assumere che mancando nella legge ogni indicazione della così detta “copertura”, cioè dei mezzi per far fronte alla nuova o maggiore spesa, si debba per questo solo fatto presumere che la legge non implichi nessun onere o nessun maggiore onere. La mancanza o l’esistenza di un onere si desume dall’oggetto della legge e dal contenuto di essa» (sentenza n. 30 del 1959).

Ove la nuova spesa si ritenga sostenibile senza ricorrere alla individuazione di ulteriori risorse, per effetto di una più efficiente e sinergica utilizzazione delle somme allocate nella stessa partita di bilancio per promiscue finalità, la pretesa autosufficienza non può comunque essere affermata apoditticamente, ma va corredata da adeguata dimostrazione economica e contabile.

Essa consiste nella chiara quantificazione – con riguardo alle partite di bilancio, ove si assume un’eccedenza di risorse utilizzabili per la nuova o maggiore spesa – degli oneri presumibilmente ad essa conseguenti e della relativa copertura (sentenza n. 30 del 1959).

Non può essere condivisa ad esempio la tesi secondo cui costituirebbe sufficiente ottemperanza al principio di copertura dell’art. 81, quarto comma, della Costituzione, la formale indicazione di poste di bilancio dell’esercizio in corso ove convivono, in modo promiscuo ed indistinto sotto il profilo della pertinente quantificazione, i finanziamenti di precedenti leggi regionali.

La Corte ha quindi ribadito, come già affermato nella sentenza n. 70/2012, che l’equilibrio tendenziale dei bilanci pubblici non si realizza soltanto attraverso il rispetto del meccanismo autorizzatorio della spesa, il quale viene salvaguardato dal limite dello stanziamento di bilancio, ma anche mediante la preventiva quantificazione e copertura degli oneri derivanti da nuove disposizioni.

La stima e la copertura in sede preventiva, effettuate in modo credibile e ragionevolmente argomentato secondo le regole dell’esperienza e della pratica contabile, salvaguardano la gestione finanziaria dalle inevitabili sopravvenienze passive che conseguono all’avvio di nuove attività e servizi.

Carlo Rapicavoli

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