Perchè l’aggravante di “femminicidio” non salverà le donne dalla violenza

Renato Savoia 30/04/12
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Il dato è noto, ma non per questo fa meno orrore: da inizio anno cinquattaquattro (54) donne sono morte per mano di un uomo.

Generalmente un uomo che conoscevano, spesso che diceva di “amarle”.

Si è letto così, con formule trite e ipocrite, di “delitti passionali”, con una evidente contraddizione in termini (non può esistere, eziologicamente parlando, un omicidio passionale), e ancora di raptus, di amori sbagliati, di gelosia.

Quasi che avessimo bisogno (come società) di dare una giustificazione a un qualcosa che percepiamo come mostruoso.

Ieri Michele Serra su Repubblica ha dato ampia visibilità alla proposta di introdurre una aggravante, definita comunemente di “femminicidio”.

Non è stata la sola iniziativa: segnalo per esempio la petizione (sottoscrivibile anche online) “MAI PIU’ COMPLICI “, proposta dall’associazione “Se non ora quando“.

Vorrei in questa sede valutare la proposta di introduzione dell’aggravante.

Lo faccio senza nascondere la difficoltà per quello che scrivo, nel senso che potrebbe (erroneamente) essere interpretato come una difesa “maschile”.

Non è così, e vi prego di credermi.

Il punto è che ritengo tale aggravante perfettamente inutile, se non per placare gli animi più assetati (ed è assolutamente comprensibile, sia chiaro) di giustizia.

La ritengo inutile perchè già il codice penale prevede, all’articolo 62, almeno due aggravanti quali quella prevista al n. 11 (“l’avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione, o di ospitalità“) ovvero n. 4 (“l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone“).

E, soprattutto, prevedere pene più severe non serve a niente se poi quello che manca è la certezza della pena.

Quello è il vero punto dolente.

In Italia è venuta a mancare la certezza della pena: ciò significa che un potenziale delinquente (e pensiamo, per fare, un esempio, anche alle morti dovute a incidenti causati da ubriachi) sa, se  non altro a livello intuitivo, che ci sono molte possibilità sia di “farla franca” sia di scontare un periodo detentivo molto breve.

Qui bisognerebbe intervenire!

Introdurre, sull’onda delle emozioni momentanee, pene più severe, non porta ad alcun risultato.

E io, vorrei davvero che invece che si arrivasse in questo ambito, come in molti altri, a risultati concreti: perchè assistere inerti a questo massacro è incivile.

 

Renato Savoia

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