PEC per le imprese: a che punto siamo?

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L’8 marzo scorso, come è noto, è stato approvato alla Camera il disegno di legge di conversione del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo (C. 4940).

Il Governo ha posto la questione di fiducia sull’approvazione dell’articolo unico del provvedimento nel testo elaborato dalle Commissioni parlamentari, con numerose ed importanti modifiche rispetto al testo del DL attualmente in vigore.

Fra queste, merita di essere segnalata l’ennesima puntata dell’ormai noiosa saga normativa sulla obbligatorietà della PEC per le imprese.

Fu per la prima volta il DL 29 novembre 2008, n. 185 a prevedere, all’art. 16 comma 6, che le imprese fossero tenute a indicare il proprio indirizzo di PEC nella domanda di iscrizione al registro delle imprese, differendo tuttavia tale obbligo al 29 novembre 2011 per le imprese già costituite alla data di entrata in vigore dello stesso DL (29 novembre 2008) e così esentando la stragrande maggioranza delle imprese, svuotando di significato il contenuto della norma.

Si creò infatti un doppio binario (da un lato le nuove imprese obbligate, dall’altro le vecchie imprese non obbligate) che non ha giovato nè al legislatore nè alla prassi amministrativa, disincentivando ogni serio tentativo di digitalizzazione delle comunicazioni tra imprese e pubbliche amministrazioni.

Successivamente, a ridosso della scadenza del termine imposto alle “vecchie” imprese, intervenne una circolare del Ministero dello Sviluppo Economico che paralizzò ulteriormente l’operatività di tale obbligo, invitando le Camere di commercio a non applicare la sanzione da 206 euro a 2.065 euro prevista dall’articolo 2630 del Codice civile, applicabile – secondo una precedente nota dello stesso Ministero – alle società che non comunicano il proprio indirizzo di Pec al Registro imprese entro la scadenza di legge.

Fu una vera e propria delusione per gli addetti ai lavori, tanto più che si trattava di un termine ben noto a tutti da ben tre anni.

Fece, inoltre, sorridere il termine fissato dal Ministero per la durata di tale non sanzionabilità, perdurante “almeno fino all’inizio del nuovo anno”: più unico che raro un atto normativo che fissa un termine … senza fissarlo !

Ma così fu, con buona pace della digitalizzazione.

E così, tale paralisi dell’obbligo di comunicare la PEC è di fatto perdurata fino al DL semplificazioni, che, senza mezzi termini – è proprio il caso di dirlo – ha prorogato ancora una volta tale termine al 30 giugno 2012.

Questa la norma, attualmente in vigore:

Articolo 37 (Comunicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata al registro delle imprese).

Le imprese costituite in forma societaria che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non hanno ancora indicato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata al registro delle imprese, provvedono a tale comunicazione entro il 30 giugno 2012.

Questa norma è stata ora completamente riscritta. Ecco il nuovo testo:

Articolo 37 (Comunicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata al registro delle imprese).

Dopo il comma 6 dell’articolo 16 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è inserito il seguente:

«6-bis. L’ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un’impresa costituita in forma societaria che non ha iscritto il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, in luogo dell’irrogazione della sanzione prevista dall’articolo 2630 del codice civile, sospende la domanda per tre mesi, in attesa che essa sia integrata con l’indirizzo di posta elettronica certificata».

Che significa? Significa almeno due cose.

La norma fa esplicito riferimento alle sole imprese di nuova costituzione: si disciplina infatti l’ipotesi in cui il registro delle imprese riceve una “domanda di iscrizione da parte di un’impresa” senza indicazione del proprio indirizzo PEC.

Orbene, per quest’ipotesi la novità non è da poco: niente sanzione pecuniaria, ma addirittura la sospensione della domanda, in attesa della sua integrazione con l’indirizzo PEC.

Unico dubbio, per questa parte, il termine di sospensione della domanda, fissato in tre mesi: scaduto il termine senza l’avvenuta integrazione cosa succede? La domanda si intende rigettata, oppure dovrà essere istruita ugualmente, bypassando ancora una volta l’obbligo di comunicare la PEC?

La norma, peraltro, si dimentica delle imprese già iscritte nel registro delle imprese: sia quelle “nuove” ma inadempienti, sia quelle “vecchie” – cioè già iscritte al 29 novembre 2008 – che ad oggi, come sopra ricostruito, non sono mai state obbligate a comunicare la propria PEC, e che – lo ribadisco ancora una volta – sono la stragrande maggioranza delle imprese attualmente operanti in Italia.

Ora, posta l’indubbia cancellazione del differimento al 30 giugno 2012, si deve ritenere che, all’atto di conversione in legge, tali imprese saranno anch’esse finalmente obbligate a comunicare la propria PEC.

E se, una volta scattato l’obbligo, non adempiono?

Sarei orientato a ritenere che la paralisi della sanzione pecuniaria di cui all’art. 2630 cod. civ. sia ormai venuta meno, visto che l’espressione “inizio del nuovo anno” messa nero su bianco dal Min. Sviluppo Economico, difficilmente potrà interpretarsi nel senso di includere il mese di marzo…

Forse allora la saga si è conclusa? Forse tra qualche settimana l’obbligo di pec per le imprese sarà effettivo e generalizzato?

Non ci resta che esortare il Senato a mantenere questa volontà nel testo definitivo.

Elio Guarnaccia

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