La Manovra bis resuscita la Robin Tax

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Tra le novità introdotte dalla Manovra d’estate fa ancora discutere la “Robin tax“.

La “Robin tax”(dal famoso Robin Hood che rubava ai ricchi per dare ai poveri) consiste in una maggiorazione dell’aliquota IRES introdotta nel 2008 dal Ministro dell’Economia quale misura etica per tassare i profitti dei petrolieri e degli speculatori accusati dei prezzi record del petrolio e della benzina raggiunti nel corso di quell’anno, con lo scopo di utilizzarli come forma di sostegno alle persone bisognose attraverso la “Social card” (con la quale le fasce più deboli della popolazione, che versano in condizione di maggior disagio economico, possono acquistare generi alimentari ovvero pagare le bollette energetiche).

L’imposta si traduceva in un prelievo “una tantum” sugli utili che i petrolieri, le banche e le assicurazioni hanno guadagnato dall’aumento del costo del petrolio con la speculazione sui prezzi delle scorte petrolifere.

Più precisamente, la “Robin tax” consisteva in una maggiorazione dell’aliquota ordinaria Ires (in misura pari a 6,5 punti percentuali) e gravava sulle imprese operanti nei settori della ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, della raffinazione petrolio, produzione o commercializzazione di benzine, petroli, gasoli, per usi vari, oli lubrificanti e residuati, gas di petrolio liquefatto e gas naturale e della produzione o commercializzazione di energia elettrica.

La manovra bis (D.L. 138 del 2011) ha ridotto la soglia di imposizione dell’ imposta (da 25 a 10 milioni di €), aumentato l’aliquota (dal 6,5% al 10%), nonché esteso l’ambito di applicazione alla trasmissione, al dispacciamento e alla distribuzione dell’energia elettrica, oltre che al trasporto del gas naturale, eliminando l’esenzione prevista per la produzione di energia elettrica da biomasse, sole e vento.

Numerose le reazioni da parte, in primo luogo, degli operatori del settore. Un attacco all’energia da fonte rinnovabile che rischia di bloccare un settore strategico, molto importante per il nostro Paese.

Un provvedimento che, a fronte di un beneficio sui conti pubblici (stimato dal Governo in 3 milioni e mezzo di € di extra gettito fiscale per i prossimi tre anni), potrebbe compromettere molti investimenti già effettuati, finalizzati allo sviluppo delle infrastrutture, all’ammodernamento delle centrali elettriche e, soprattutto, alla crescita della produzione da fonti rinnovabili.

Un altro aspetto che desta preoccupazioni, è impedire che i soggetti tenuti al versamento della “Robin Tax” possano traslare il maggior onere sostenuto in capo ai consumatori finali.

La “Robin Tax” si potrebbe trasformare, a ben vedere, in un incremento indiretto della pressione fiscale attraverso la traslazione dell’onere ai cittadini consumatori di prodotti petroliferi. A tal fine, è fatto espresso divieto agli operatori economici dei settori di traslare l’onere della maggiorazione d’imposta sui prezzi al consumo. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas dovrà vigilare sulla puntuale osservanza della disposizione.

Il timore, che ancora permane (pur non conoscendone gli effetti reali) è che tali misure possano tradursi in rincari sulle bollette degli italiani o influire negativamente sulla capacità di investimenti degli operatori del settore, a discapito della produzione energetica sostenibile, che assume ancora oggi un ruolo strategico per il rilancio della nostra economia.

Renata Carrieri

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