Il nodo dell’art. 81 c.3bis del Codice appalti e l’aggiudicazione al netto del costo del personale

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E’ da condividere la riflessione dei primi commentatori del c.d. “decreto sviluppo”: più che pacchetto di misure di rilancio dell’economia, il famigerato D.L. 70/2011 convertito con ampie modificazioni con L. 106/2011, contiene in realtà una manovra finanziaria “mascherata”, che ha come effetto il blocco della spesa pubblica derivante dalla paralisi degli appalti pubblici. E’ del tutto comprensibile il totale disorientamento degli operatori posti di fronte ad una norma – il nuovo comma 3bis dell’art. 81 del Codice –  che, pur assistita da più che apprezzabili finalità di tutela dei lavoratori, si è tradotta sul piano tecnico in una infelice e sgraziata disposizione, che presenta enormi difficoltà interpretative ed applicative.

Sul comma 3bis dell’art. 81, in attesa dell’annunciata nuova determinazione dell’Autorità di Vigilanza, e di auspicabili “chiarificazioni” ministeriali, il Gruppo di Lavoro Interregionale “Codice dei Contratti” presso ITACA (Istituto per l’innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale”, organo tecnico della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome) ha pubblicato linee guida e prime indicazioni sull’applicazione della controversa disposizione.

Come noto, il comma 3bis, dispone che “L’offerta migliore è altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più significative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.

Inoltre, in sede di conversione, la L.106/2011 all’art. 4, comma 2 punto i-ter ha previsto l’abrogazione del comma 2, lettera g) dell’art.87, ovvero l’ammissibilità delle giustificazioni in materia di costo del lavoro.

Come si dà conto nel documento di ITACA, la nuova disposizione normativa, volta a migliorare le condizioni di lavoro e in genere a sostenere l’importante settore dei contratti pubblici, non prevede un periodo transitorio; pertanto è destinata ad entrare immediatamente in vigore, imponendo una significativa inversione di approccio nella scelta dell’offerta migliore con prevedibili effetti di disorientamento di tutti gli operatori del settore.

In questa situazione “emergenziale”, ed in mancanza di altre indicazioni interpretative, si propone una prima lettura della nuova disciplina, al fine di integrarla con le altre disposizioni contenute nel Codice e nel Regolamento e individuare alcune modalità applicative della nuova disciplina, soprattutto per quanto riguarda le modifiche e integrazioni da apportare immediatamente ai documenti costituenti la lex specialis”.

La nuova disciplina – si osserva – non limita più l’azione ad un mero controllo di congruità formulato sulla base di valutazioni parametriche e decontestualizzate, ma richiede che il costo del lavoro sia valutato puntualmente in quanto “costo puro ed incomprimibile” da non assoggettare al mercato, in perfetta analogia con i costi aggiuntivi per la sicurezza desunti in fase progettuale.

Ne deriva che può ritenersi superato il disposto dei citati art. 86, comma 3-bis del Codice e 39,  comma 3 del Regolamento nelle parti in cui presuppongono la conduzione di verifica dell’anomalia per la componente di costo della manodopera, in quanto il costo del personale non è più elemento di offerta e pertanto come non dovrà più essere sottoposto a verifica di congruità.

Il costo della manodopera –  aggiunge il documento –  è da intendersi esclusivamente come il costo “vivo” ed “non negoziabile” – sotto il quale cioè non è possibile scendere nella retribuzione oraria di un lavoratore – costo tutelato in quanto comprensivo degli oneri sociali e contributivi, e come tale da intendersi al netto di spese generali ed utile di impresa, in quanto questi ultimi rappresentativi, al contrario, della quota di costo che deve andare a mercato, nell’ambito del gioco concorrenziale (ossia l’offerta a ribasso) della gara.

Nella fase progettuale, in analogia con quanto già detto in ordine ai costi per la sicurezza da sottrarre dal mercato, il valore del costo del personale, al netto di spese generali e di utile d’impresa, deve essere definito prima di porre in gara l’opera da eseguire.  Risulta quindi indispensabile individuare la modalità di definizione delle spese per il personale da non sottoporre al gioco concorrenziale, la quale potrà avvenire in modo analitico o parametrico.

Per quanto riguarda la determinazione in modo analitico, come è noto tra gli elaborati di ogni progetto di opere pubbliche vi sono il Computo metrico estimativo, l’elenco prezzi, e l’analisi prezzi. L’elenco prezzi può essere desunto in tutto o in parte dagli elenchi prezzi ufficiali di cui all’art. 133 del Codice. Qualora gli elenchi prezzi ufficiali siano supportati da analisi, dalle stesse può essere ricavata l’incidenza del costo della manodopera per quantità unitaria e in analogia, qualora il prezzo sia analizzato direttamente dal progettista, dalla stessa analisi si può ricavare l’incidenza di interesse.

La determinazione in modo parametrico, più immediata, richiede a monte la definizione di costi standard per tipologie di opere. Nel campo dei Lavori Pubblici, in mancanza degli accordi di cui all’art. 118, comma 6-bis, del Codice, sembra potersi fare riferimento alle tabelle di cui al DM Ministero LLPP dicembre 1978, che suddivide in alcune categorie i lavori pubblici e per ogni categoria definisce le incidenze della manodopera, dei materiali e dei noli. A titolo esemplificativo, dette tabelle prevedono un incidenza della manodopera del 18% per le opere stradali e del 40% per le opere edili. Risulta chiaramente indispensabile, per poter correttamente operare, un aggiornamento da parte del Ministero di dette tabelle, magari rapportandole alle nuove categorie di riferimento OG e OS.

Dal costo della manodopera da sottrarre dal gioco del ribasso, occorre poi scorporare le spese generali e l’utile di impresa. Chiarito dunque quale sia la quota di incidenza di manodopera, al netto delle spese generali e dell’utile di impresa, occorrerà tenerne adeguata considerazione ai fini della redazione degli elaborati progettuali e delle modalità applicative in fase esecutiva delle opere; è evidente che gli strumenti impiegati eventualmente a supporto (vedasi i prezzari regionali) dovranno a loro volta essere in grado di recepire e fornire i dati richiesti dal progetto.

A ben vedere, tuttavia, le linee guida del Gruppo di Lavoro non risolvono i nodi critici implicati dalla novella dell’art. 81, che al comma 3bis fa esplicitamente riferimento a “minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore…”.

Dunque, né le analisi a supporto degli elenchi prezzi ufficiali, né, tanto meno, una determinazione parametrica (a percentuale d’incidenza) corrispondono, purtroppo, ai minimi salariali, trattandosi viceversa di importi convenzionali.

D’altronde, come rilevato dai commentatori delle linee guida di ITACA,  cio’ in qualche modo pare confermato anche dal documento in questione, nella parte in cui afferma che “il costo della manodopera è da intendersi esclusivamente come il costo “vivo” ed “non negoziabile” – sotto il quale cioè non è possibile scendere nella retribuzione oraria di un lavoratore – costo tutelato in quanto comprensivo degli oneri sociali  e contributivi”.

Il risultato dunque non pare che essere quello di rendere allo stato inapplicabile la norma medesima, salvo per l’appunto ipotizzare una sua implementazione con valori convenzionali e di stima che tradiscono quanto meno la lettera della norma, e che per tutto cio’ che non è ‘minimo salariale’ si trasformerebbero, a ben vedere, in un autentico benefit per l’appaltatore.

La disposizione è anche a rischio di infrazione comunitaria: il legislatore dimentica di coordinarsi con i pacifici principi del Trattato, in base ai quali il costo del lavoro va “valutato” nell’ambito del subprocedimento di verifica di congruità dell’offerta, in quanto in termini europei non si può scorporare a priori un costo del personale e della sicurezza non assoggettabile a giustificazioni.  Inoltre, come già riferito, la norma, nella sua generale ed omnicomprensiva applicazione, non  considera che le ditte concorrenti possono in diversi casi applicare – del tutto legittimamente – CCNL diversi tra loro.

Altre delicate questioni che si pongono nell’immediato riguardano poi l’ambito oggettivo di applicazione della disposizione: vale a dire il comma 3bis  si applica  o meno agli appalti di servizi dell’allegato IIB, come noto, non soggetti alle puntuali disposizioni del Codice, fatte salve le norme richiamate dall’art. 20, comma 1 (si tratta sovente di servizi ad alta intensità di manodopera come i servizi socio-assistenziali e sanitari) ?

Si applica anche ai cottimi fiduciari, sottoposti come noto solo ai “principi” e non alle puntuali disposizioni del Codice (art. 125, c.14) ?

Per tacere delle mere forniture… si deve considerare comunque il costo del personale impiegato nella produzione dei beni oggetto della fornitura ?

La questione per il sistema dell’economia si risolve in senso positivo solo se al comma 3bis dell’art. 81 si riconosce la natura di disposizione che configuri un “principio” generale ed un valore essenziale ed inderogabile nel sistema dei contratti pubblici.

Il dibattito è aperto…

Alessandro Massari

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