Privacy: opt-out, c’è chi dice no.

Redazione 16/06/11
Scarica PDF Stampa
Come è ormai noto il Decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, c.d. Decreto Sviluppo ha, tra l’altro, previsto al suo articolo 6, rubricato – con scelta di dubbia opportunità e correttezza sotto il profilo della tecnica della normazione – “Ulteriori riduzione e semplificazioni degli adempimenti burocratici”, che anche gli indirizzi degli abbonati contenuti negli elenchi telefonici possano essere utilizzati per comunicazioni commerciali in regime di opt-out ovvero senza bisogno di preventivo consenso da parte degli interessati.

Toccherà agli abbonati – come, peraltro, già accade per l’utilizzo dei numeri telefonici per finalità di telemarketing – manifestare la propria volontà al non utilizzo dei propri dati personali, iscrivendosi nell’apposito registro negativo la cui tenuta è affidata dal Ministero dello Sviluppo economico alla Fondazione Ugo Bordoni.

La recente svolta del nostro Paese verso il regime dell’opt-out di maggior favore per le imprese e di minor garanzia per i cittadini, aveva, già in passato, a proposito del trattamento dei numeri telefonici contenuti negli elenchi abbonati, sollevato dubbi e perplessità.

Si tratta di dubbi e perplessità che, ora, la Commissione Giustizia della Camera dei deputati e quella per le politiche dell’unione europea, fanno loro senza troppi giri di parole, sebbene accordando, comunque, il parere favorevole alla conversione in legge del decreto nella sua attuale formulazione.

Scrivono, al riguardo, i parlamentari della Commissione Giustizia:

“La nuova norma amplia l’ambito applicativo della disciplina delle comunicazioni commerciali per mezzo del telefono, consentendo un ulteriore trattamento dei dati contenuti negli elenchi telefonici pubblici ove finalizzato all’invio di comunicazione commerciale, di materiale pubblicitario (o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato) anche tramite posta cartacea;

viene comunque fatto salvo il diritto di opposizione, mediante l’iscrizione della numerazione telefonica dell’interessato nel registro pubblico delle opposizioni;

tale disposizione pone talune perplessità sotto il profilo dell’opportunità della sua previsione e, segnatamente, sotto il profilo del bilanciamento dell’interesse dell’impresa (a vedere ridotti gli oneri imposti dalla disciplina sulla privacy) con quello del cittadino (alla tutela della propria privacy), potendo incentivare pratiche e comunicazioni commerciali che realizzano forme di ingerenza, certamente ‘indesiderate’, nella sfera privata dei cittadini”.

Su questo presupposto, la Commissione Giustizia chiede all’aula di valutare l’opportunità di sopprimere la nuova previsione volta ad ampliare il regime dell’opt-out.

Difficile immaginare una posizione più chiara: l’opt-out rappresenta, forse – la circostanza è, peraltro, tutta da dimostrare – il bene del sistema impresa ma rischia di travolgere i diritti dei cittadini.

Ai dubbi espressi dalla Commissione giustizia, fanno eco quelli della Commissione sulle politiche dell’unione europea che, per un verso, sponsorizza apertamente il ritorno al regime dell’opt-in per ogni genere di trattamento e, per altro verso, esprime forti perplessità circa la compatibilità della nuova [n.d.r. anche in relazione al trattamento dei numeri telefonici] disciplina italiana con il diritto europeo.

Scrivono, infatti, i parlamentari della IVX commissione permanente nel proprio parere – anche in questo caso favorevole – “la modifica apportata dal provvedimento all’articolo 130, comma 3-bis, del codice della Privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003) appare coerente con il diritto dell’Unione europea, mentre permangono dubbi sulla compatibilità europea della disposizione dell’articolo 130, comma 3-bis, nel suo complesso; ciò premesso, appare comunque opportuno prevedere a questo riguardo un meccanismo di esplicita autorizzazione anziché di ‘silenzio-assenso’ per la diffusione di materiale pubblicitario, attraverso la posta cartacea, utilizzando i dati contenuti negli elenchi telefonici”.

Pare, dunque, che in sede di conversione del decreto legge, vi sia chi, anche nelle fila della maggioranza, dice no all’idea dell’opt-out.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento