Oggi entra in vigore la direttiva europea 2011/7/UE sui ritardi nei pagamenti

Redazione 15/03/11
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La direttiva 2011/7/UE

Il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato, il 16 febbraio scorso, un’importante Direttiva (2011/7/UE) relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

La Direttiva, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 23 febbraio scorso, entra in vigore oggi (“il ventesimo giorno succes­sivo alla sua pubblicazione“).

Gli enti pubblici dovranno pagare le imprese entro 30 giorni (e solo in circostanze del tutto eccezionali 60). I pagamenti tra imprese private dovranno essere effettuati entro 60 giorni.

Le imprese avranno il diritto di  esigere il pagamento degli interessi di mora  e di ottenere altresì un importo fisso minimo di €40 a titolo d’indennizzo dei costi di recupero del credito, ma potranno comunque esigere anche il rimborso di tutti i costi ragionevoli incorsi a tal fine.

Il tasso di legge applicabile agli interessi di mora viene aumentato e portato ad almeno 8 punti percentuali  al disopra di quello di riferimento della Banca centrale europea; non sarà consentito agli enti pubblici fissare tassi inferiori per gli interessi di mora.

Le disposizioni contenute nella direttiva sono da considerarsi come previsioni “minime” di favore per i creditori, con la conseguenza che gli Stati membri potranno, in sede di recepimento, adottarne (solo) di più favorevoli.

Gli Stati membri hanno due anni per recepirla nei propri ordinamenti, ma limitatamente alle disposizioni che rappresentano “modificazioni sostanziali” della precedente direttiva 2000/35/CE, altrimenti l’obbligo di recepimento deriva direttamente dalla direttiva del 2000.

Il contenuto

Si legge, nei considerando, che “i ritardi di pagamento costituiscono una violazione contrattuale resa finanziariamente attraente per i debitori nella maggior parte degli Stati membri dai bassi livelli dei tassi degli interessi di mora applicati o dalla loro assenza e/o dalla lentezza delle procedure di recupero. È necessario un passaggio deciso verso una cultura dei pagamenti rapidi …”

E ancora: “Di regola, le pubbliche amministrazioni godono di flussi di entrate più certi, prevedibili e continui rispetto alle imprese. Molte pubbliche amministrazioni possono inoltre ottenere finanziamenti a condizioni più interessanti rispetto alle imprese. Allo stesso tempo, per raggiungere i loro obiettivi, le pubbliche amministrazioni dipendono meno delle imprese dall’instaurazione di relazioni commerciali stabili. Lunghi periodi di pagamento e ritardi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni per merci e servizi determinano costi ingiustificati per le imprese”.

Di conseguenza per le transazioni commerciali relative alla fornitura di merci o servizi da parte di imprese alle pubbliche amministrazioni è opportuno introdurre norme specifiche che prevedano, in particolare, periodi di pagamento di norma non superiori a trenta giorni di calendario, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò sia obiettivamente giustificato alla luce della particolare natura o delle caratteristiche del contratto, e in ogni caso non superiori a sessanta giorni di calendario.

Per le pubbliche amministrazioni che svolgono attività economiche di natura industriale o commerciale offrendo merci o servizi sul mercato come impresa pubblica … gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati, a determinate condizioni, a prorogare il periodo legale di pagamento fino ad un massimo di sessanta giorni di calendario.

Gli Stati membri dovrebbero poter concedere agli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria una certa flessibilità nell’onorare i loro impegni. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati, a determinate condizioni, a prorogare il periodo legale di pagamento fino ad un massimo di sessanta giorni di calendario”.

La direttiva intende “proibire l’abuso della libertà contrattuale a danno del creditore … qualsiasi clausola contrattuale o prassi che si discosti gravemente dalla corretta prassi commerciale e sia in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza dovrebbe essere considerata iniqua per il creditore. Le organizzazioni ufficialmente riconosciute come rappresentanti delle imprese e le organizzazioni che hanno un legittimo interesse a rappresentare le imprese dovrebbero poter agire dinanzi all’autorità giurisdizionale o agli organismi amministrativi nazionali al fine di evitare l’uso continuato di clausole contrattuali o prassi gravemente inique per il creditore.

Gli Stati membri dovrebbero favorire la diffusione di buone prassi, anche incoraggiando la pubblicazione di un elenco dei buoni pagatori.

Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare il ricorso alla mediazione o ad altri mezzi di risoluzione alternativa delle controversie. La direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale, definisce già un quadro di riferimento per i sistemi di mediazione a livello dell’Unione, soprattutto per le controversie transfrontaliere, senza impedire la sua applicazione ai sistemi di mediazione interna.

La direttiva si applica a tutte le transazioni “commerciali”, a prescindere dal fatto che siano effettuate tra imprese pubbliche o private ovvero tra imprese e amministrazioni pubbliche, dato che alle amministrazioni pubbliche fa capo un volume considerevole di pagamenti alle imprese. Essa, pertanto, dovrebbe disciplinare anche tutte le transazioni commerciali tra gli appaltatori principali e i loro fornitori e subappaltatori”.

La direttiva considera “impresa” (creditore), “ogni soggetto organizzato, diverso dalle pubbliche amministrazioni, che agisce nell’ambito di un’attività economica o professionale indipendente, anche quando tale attività è svolta da una sola persona”.

Si applica dunque ai professionisti, ma non ai consumatori.

Di rilievo l’articolo 4, dedicato alle transazioni fra imprese e pubbliche amministrazioni:

“Gli Stati membri assicurano che, nelle transazioni commerciali in cui il debitore è la pubblica amministrazione, alla scadenza del periodo di cui al paragrafo 3, 4 o 6 [30/60 giorni, n.d.r.] il creditore abbia diritto agli interessi legali di mora senza che sia necessario un sollecito, qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni:

a) il creditore ha adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge; e

b) il creditore non ha ricevuto nei termini l’importo dovuto e il ritardo è imputabile al debitore”.

Alcuni numeri

I crediti delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione ammontano (dati aggiornati al 2009) a circa 60 miliardi di euro.

A fronte di una media europea di 63 giorni, in Italia la media é di 186 giorni, con punte di 800 giorni, a livello regionale, nel settore della sanità.

I ritardi di pagamento sono all’origine di un fallimento su quattro e della perdita di 450.000 posti di lavoro all’anno.

Le piccole imprese sono le più vulnerabili, perché solo la puntualità dei pagamenti può permettere loro di mantenere sufficienti disponibilità di cassa (considerate le resistenze delle banche a concedere crediti).

Qui il testo integrale della Direttiva 2011/7/UE.

Redazione

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